Draghi: “Paesi Ue troppo piccoli, un danno i dazi con gli Usa”. Lagarde frena sul taglio dei tassi

BRUXELLES — «I singoli Paesi europei sono semplicemente troppo piccoli per affrontare le sfide di questa epoca» e se poi in questo contesto l’Ue arma anche una guerra commerciale contro gli Usa, allora «danneggeremmo noi stessi».

Mario Draghi torna ad illustrare il suo Rapporto sulla competitività in un incontro presso il think tank Bruegel e rilancia le esigenze già poste a inizio settembre. Con un monito ulteriore: il protezionismo rispetto agli States non ci aiuterebbe. Un chiaro riferimento alla eventuale vittoria di Donald Trump per la Casa Bianca.

L’ex presidente della Bce, dunque, snocciola gli obiettivi del suo lavoro. Il punto centrale resta la necessità di investire e di aumentare le dimensioni delle nostre industrie.

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I valori di equità

Nello stesso tempo questo obiettivo va conseguito mantenendo «i nostri valori di prosperità, equità, sicurezza, indipendenza». Il concetto base è dunque «integrazione», a tutti i livelli: dal mercato unico alle tecnologie fino all’industria.

Ovviamente per fare tutto questo servono soldi. Draghi conferma la necessità di investire almeno 800 miliardi l’anno. Ma dove trovare queste risorse? L’ex premier italiano non nasconde il tema del debito pubblico comune ma non lo considera centrale.

Tenta insomma di ridimensionare le polemiche esplose tre settimane fa sull’idea di rendere sistematico il ricorso a strumenti come il Recovery Fund. «Sono abbastanza ottimista sul fatto – sottolinea – che non abbiamo bisogno di cambiare il finanziamento in quanto tale dell’Ue. Se siamo d’accordo sulla direzione. Se capiamo che siamo nel mezzo di questa grande transizione tecnologica, i capitali arriveranno». Di certo, comunque, questi impegni non possono essere affrontati con il concetto della «sovranità nazionale». Va semmai acquisito il senso di una effettiva «sovranità europea».

L’attesa di una sforbiciata

Mentre Draghi parla al Bruegel, quasi in contemporanea la sua erede alla Bce, Christine Lagarde, espone la linea della Banca Centrale al Parlamento europeo ribadendo che non c’è nulla di stabilito in relazione ad ulteriori tagli del tasso di sconto.

Un messaggio diretto a chi, mercati e molti Stati membri, si attendono una nuova sforbiciata già a ottobre. Lagarde fa riferimento a due fattori. Il primo supporta l’opinione di chi reclama una riduzione immediata del tasso di sconto.

«Il livello di alcuni indicatori – spiega – suggerisce che la ripresa sta affrontando venti contrari. Ci aspettiamo che la ripresa si rafforzi nel tempo. Le ultime proiezioni dello staff della Bce prevedono che l’economia crescerà dello 0,8% nel 2024, dell’1,3% nel 2025 e dell’1,5% nel 2026».

L’incognita inflazione

Una salita, dunque, che non sembra immediata. Il secondo riguarda l’inflazione che appare sotto controllo e che potrebbe rientrare presto nei limiti posti dai Trattati. Ma «potrebbe aumentare temporaneamente nel quarto trimestre di quest’anno».

Anche la “donna di Francoforte” avverte, come Draghi, che l’Unione ha bisogno di mettersi al passo con i cambiamenti globali. E forse anche per questo da una sorta di via libera informale all’acquisizione di Commerzbank da parte di Unicredit: «Non commento casi specifici. In ogni caso considero le fusioni tra banche nell’area euro desiderabili»

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