Il lunedì del cinema: online il 21 ottobre Troppa grazia, un film anarchico e divertente sulla consapevolezza della nostra terra

Continua lunedì 21 ottobre l’iniziativa Il lunedì del cinema a cura di Repubblica e MYmovies per il cinema di qualità in streaming. Una sala cinematografica virtuale pronta ad accogliere gli iscritti di MYmovies con una selezione ricercata di titoli da vedere (o rivedere) insieme dalle 20:00 a mezzanotte.

Il film di questa settimana, presentato in collaborazione con BiM, è Troppa grazia di Gianni Zanasi con Alba Rohrwacher, Elio Germano e Giuseppe Battiston (prenota un posto gratis), una lettera d’amore e un’ode pagana agli artisti.

Troppa grazia era il film di chiusura alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes nel 2018, dove era stato premiato con l’ “Europa Cinema Label”. Se vi è sfuggito nel mare magnum di titoli italiani degli ultimi anni, provate a recuperarlo. È un film spiazzante, imprevedibile, che non va dove ti aspetti. Che ti fa capire che cosa sta accadendo poco a poco, per scatti successivi, come messe a fuoco progressive.

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L’inizio è un litigio, non capisci bene per chi o per cosa, fra Alba Rohrwacher ed Elio Germano. Poi capisci, qualcuno ha tradito qualcun altro, la frattura è scomposta, non si può ricomporre. Ritroviamo Alba in un cantiere in mezzo alla campagna, dove dovrà sorgere un grande insediamento immobiliare.

Ma qualche cosa suona strano: Alba sta dando in qualche modo fastidio ai lavori, ha notato delle inesattezze nel progetto, delle procedure non a norma… Insomma, fornisce consigli non richiesti. Ma chi è? Perché sta facendo questo?

Le cose si complicano, quando Alba viene avvicinata da una giovane donna con un velo – è l’attrice israeliana Hadas Yaron. Una figura a metà strada fra una migrante e la Madonna. Una visione, una visione che le appare di nuovo mentre Alba è in casa. E questa strana donna, questa visione surreale le ordina che venga costruita una chiesa nel luogo in cui è apparsa per la prima volta.

Alba ha visto la Madonna, non vuole che il grande complesso edilizio chiamato “La grande Onda” venga costruito. Si mette di traverso al progresso. E la morale del film è chiara: occorre ritrovare la consapevolezza della nostra terra, la cura dei nostri luoghi, dobbiamo fare di tutto per evitare il degrado, la distruzione della nostra identità, delle nostre radici. Troppa g

È bello il personaggio così contraddittorio interpretato da Alba Rohrwacher: pignola, ossessiva, rompiscatole nel suo lavoro di geometra, e insieme scombinata nella sua vita personale, con una figlia avuta da un amore passeggero, una relazione amorosa chiusa con pianto e stridore di denti, e una precarietà nel lavoro che sconfina con la sconsideratezza. Un personaggio “rochrwacheriano”, anche nel senso di quelli ingenui, “primitivi”, simili a santi laici, tratteggiati nei film della sorella Alice.

Alba è, se vai a guardare bene, il detrito, il sasso sul ciglio della strada, la strada di un sistema economico che non ha posto per gli idealisti come lei. E anche il film di Zanasi sembra ai margini di quel sistema: anche nella sua stessa struttura, nella sua narrativa “irregolare”, anarchica. Un film disturbante, su una madre precaria che vede la Madonna.

La religione, in tutto questo, c’entra solo marginalmente, è chiaro. Più importante è l’esigenza dell’armonia con se stessi, anche con la parte irrazionale di sé. E con la bellezza enorme del mondo che abbiamo attorno, al paesaggio così bello, anche quando nessuno sembra farci più caso.

E l’anticristo vero sono la speculazione edilizia, la corruzione, la marcia di un progresso che vuole andare avanti, incurante di tutto, schiacciasassi delle nostre anime. Bellissima la Madonna mendicante, con gli occhi verdi di Hadas Yaron.

Il Lunedì del Cinema, ogni settimana un grande film in streaming da vedere insieme. Ecco i prossimi appuntamenti

Fra gli altri interpreti, oltre ad Alba Rohrwacher ed Elio Germano, Giuseppe Battiston, Carlotta Natoli, Teco Celio e Thomas Trabacchi. La sceneggiatura è di Zanasi insieme a Federica Pontremoli, Giacomo Ciarrapico e Michele Pellegrini. La fotografia, notevole, è di Vladan Radovic, già collaboratore di Francesco Munzi e di Paolo Virzì. Il film è stralunato, fragile, anarchico, poetico.

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