Scompenso cardiaco, studio italiano scopre la chiave nel sistema immunitario

Alla fine, il risultato non cambia. Il cuore, progressivamente, non riesce più a rispondere ai bisogni dell’organismo immettendo in circolazione il sangue e l’ossigeno necessari. Ma diversi possono essere i fattori che generano questa situazione.

A volte l’incapacità di “spinta” del cuore è conseguenza di un infarto che ha intaccato il ventricolo sinistro, rendendolo sempre più debole nella sua contrazione. In certi casi, invece, lo scompenso sembra essere il frutto di una sorta di “indebolimento” progressivo del cuore. Il miocardio, anche a causa dell’età o per via di restringimenti vascolari che ne aumentano lo sforzo, fatica quindi a pompare il sangue in circolo.

Secondo uno studio condotto nei laboratori di IRCCS Istituto Clinico Humanitas in queste circostanze a guidare la progressione della patologia ci sarebbe una reazione autoimmune. In pratica alcune cellule immunitarie – i linfociti T – riconoscono il tessuto cardiaco utilizzando come “segnali” alcune molecole prodotte dal cuore sotto stress per poi migrare all’interno dell’organo e attivare processi infiammatori che ne compromettono la funzione.

A segnalarlo, aprendo la strada a future terapie innovative e facendo ipotizzare addirittura un possibile “vaccino”, è una ricerca apparsa su Circulation Research e coordinata da Marinos Kallikourdis, professore associato di Humanitas University e responsabile del Laboratorio di Immunità Adattiva, e Gianluigi Condorelli, professore ordinario di Humanitas University, Direttore del Programma di Ricerca in Cardiologia e del Cardio Center di IRCCS Istituto Clinico Humanitas.

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Il ruolo del sistema immunitario

Lo scompenso cardiaco colpisce in Italia circa 600.000 persone, equivalenti a una su dieci tra gli over 65. Nei paesi industrializzati, rappresenta la principale causa di disabilità e mortalità nella popolazione anziana.

“Negli ultimi dieci anni, grazie agli avanzamenti nel campo della cardio-immunologia, abbiamo compreso che l’infiammazione e il reclutamento delle cellule immunitarie nel cuore hanno un ruolo rilevante nella progressione dello scompenso cardiaco – ricorda Condorelli. Senza questi processi, la malattia non evolverebbe fino a diventare la grave condizione che conosciamo”.

Attraverso approcci sviluppati ex novo dai ricercatori di Humanitas per analizzare le proteine coinvolte nei processi immunitari, si è studiato un modello sperimentale di scompenso cardiaco. Gli studiosi e hanno identificato le principali molecole – prodotte dal cuore in condizioni di stress – che vengono riconosciute dal sistema immunitario e ne attivano i processi pro-infiammatori.

“Oltre a dimostrare in laboratorio che queste molecole sono sufficienti ad attivare il sistema immunitario e ridurre la funzione del cuore, abbiamo analizzato campioni di sangue provenienti da pazienti con scompenso cardiaco e abbiamo rilevato in essi la presenza di cellule del sistema immunitario in grado di riconoscere proprio quelle molecole: un’ulteriore prova della loro rilevanza clinica – osserva Marco Cremonesi, ricercatore di Humanitas e tra i primi autori del lavoro”.

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Un percorso da portare avanti

“Il lavoro dimostra per la prima volta che lo scompenso cardiaco non-ischemico ha delle forti componenti auto-immuni: la sua progressione è guidata dal riconoscimento di specifiche molecole (i cosiddetti auto-antigeni) da parte dei linfociti T – spiegano i due esperti. Si tratta di un risultato importante, anche se per ora limitato al modello sperimentale della malattia. I prossimi passi saranno di validare quanto ottenuto in contesti clinici e proseguire nello sviluppo di modalità idonee per poter portare il nuovo set di soluzioni al letto del paziente in modo sicuro. Una strada lunga ma che vale la pena percorrere”.

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Speranze per un vaccino “tollerizzante”

In futuro, si potrebbe sperare in una sorta di “vaccinazione” protettiva per lo scompenso. Perché grazie a questa ricerca sono state isolate alcune delle molecole che generano la risposta autoimmune, potenziali “target”. Gli studiosi le hanno utilizzate per sviluppare un prototipo di vaccino che, a differenza dei vaccini tradizionali che attivano il sistema immunitario, addestra il sistema immunitario a non attivarsi. Si tratterebbe quindi di un vaccino “tollerizzante”. Il prototipo, testato in un modello sperimentale della malattia, è riuscito a prevenire l’infiammazione e migliorare la funzione del cuore.

I ricercatori hanno infine sviluppato e testato in laboratorio un prototipo di vaccino “tollerizzante”: un vaccino che sopprime – invece di sollecitare – la risposta del sistema immunitario, rendendolo tollerante alla presenza delle molecole identificate.

“Come dimostrano questi primi esperimenti, seppur preliminari, scoprire che lo scompenso cardiaco è una malattia con una forte componente autoimmune ci permetterà di aprire la strada allo sviluppo di terapie innovative e più efficaci – fa sapere Kallikourdis. In questo senso il prototipo di vaccino tollerizzante che abbiamo testato è un esempio promettente di come la cardio-immunologia può cambiare l’approccio alle malattie cardiovascolari, perché ci permetterà di adattare strategie di trattamento proprie dell’immunologia al contesto cardiologico”.

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