La fiducia nel medico fa stare bene il paziente

La solidità della relazione con il medico è un fattore determinante per l’esperienza di cura del paziente, per il suo benessere emotivo e psicologico. Di fronte all’incertezza della malattia, una relazione autentica, empatica, continuativa, promuove sicurezza, fiducia nel futuro e un maggiore impegno nel percorso terapeutico. Al punto da poterla considerare un elemento di cura tanto quanto la terapia e gli altri atti medici.

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Nella testa dei pazienti

Ma cosa succede nella testa dei pazienti quando interagiscono con il medico? In che modo la continuità o, al contrario, la discontinuità nella relazione si riflette sul piano emotivo, psicologico e infine comportamentale? Per rispondere a queste domande, lo studio Fiore 3 (Functional Imaging of Reinforcement Effects) della Fondazione Giancarlo Quarta Onlus ha indagato i correlati biologici della relazione medico-paziente. L’indagine, condotta tramite risonanza magnetica funzionale e in collaborazione con l’Università di Padova e con l’Università di Parma, ha sottoposto a scansione cerebrale 30 soggetti sani ai quali, di volta in volta, è stato chiesto di immedesimarsi in situazioni di interazione tra medico e paziente rievocate tramite vignette.

Il tempo nella relazione medico-paziente

I risultati

I risultati mostrano che la continuità del rapporto attiva aree cerebrali legate al benessere e alla proiezione del futuro, come il giro fusiforme (per il riconoscimento facciale) e il network di elaborazione visuospaziale, favorendo una sensazione di sicurezza e fiducia. Le diverse aree appaiono in armonia, segno di benessere del soggetto.

Tutt’altro scenario quando la continuità nel rapporto e il sostegno del medico vengono meno: la mancata corrispondenza alle attese genera dissonanza cognitiva e frizione emotiva. Un disaccoppiamento tra aree cognitive ed emotive che induce frustrazione e incapacità di agire.

Così come la continuità di rapporto genera sicurezza, benessere generale e fiducia nella relazione, la discontinuità del rapporto di fiducia indurrebbe un senso di abbandono e “distress” o fatica.

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