Così l’Intelligenza Artificiale dirà chi è più a rischio infarto e non solo
Nel 1950 il test di Turing diventa patrimonio condiviso con l’articolo scientifico dal titolo “Computing machinery and intelligence”. Il lavoro scientifico rappresenta un primo accenno, una sorta di sguardo su un futuro che è presente, grazie allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (AI). Nella sfida alle malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Italia considerando infarto, ictus, scompenso e altre patologie, l’Intelligenza Artificiale gioca e giocherà un ruolo sempre più significativo.
Un esempio? Può aiutare a capire, attraverso la valutazione delle onde elettrocardiografiche, chi rischia di più di avere un infarto letale. E ad agire di conseguenza.
A dirlo è uno studio pubblicato di recente su Nature Medicine su quasi 16.000 persone, che ha rivelato come la mortalità a tre mesi possa ridursi del 31% associando l’AI all’elettrocardiogramma per identificare i casi con una maggiore probabilità di andare incontro a un evento fatale.
Ma è solo una semplice osservazione, nel “mare magnum” di evidenze che spiegano come la tecnologia potrà diventare un supporto per medici e pazienti. In futuro l’AI, grazie alla capacità di elaborare un’enorme mole di dati attraverso algoritmi su misura, e in tempi rapidissimi, potrebbe diventare una sorta di “guardiano” invisibile del cuore. Consentendo di anticipare la diagnosi di patologie, di identificare le cure su misura per ogni persona, di monitorare i pazienti a più alto rischio. Anche a distanza.
A ricordarlo sono gli esperti presenti a Roma in occasione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), che ha visto la presentazione del primo Documento di Consenso italiano sull’impiego dell’AI in questa disciplina.
Dopo l’infarto ci pensa l’Intelligenza artificiale
Diagnosi precocissima dell’infarto
Il testo, firmato dai massimi esperti nazionali, analizza gli attuali (e futuri) impieghi dell’AI in cardiologia. E parte proprio dal riconoscimento precoce dell’infarto, come “caso” di studio che potrà davvero cambiare le prospettive per chi affronta un’ischemia cardiaca, anticipando il riconoscimento della situazione e quindi favorendo cure sempre più rapide.
Il tutto, grazie all’analisi dell’elettrocardiogramma (ECG). “L’impiego dell’AI nella valutazione degli ECG è molto promettente anche per migliorare la diagnosi precoce dell’infarto: uno studio su 362 pazienti sottoposti a ECG prima dell’arrivo in ospedale ha dimostrato un’accuratezza del 99% nell’identificare i casi più seri, con tempi di valutazione medi di appena 37 secondi, circa 4 volte inferiori a quelli di un medico in carne e ossa, che hanno accorciato ad appena 18 minuti l’intervallo fra l’arrivo in clinica e la procedura di rivascolarizzazione – osserva Ciro Indolfi, past-president della Società Italiana di Cardiologia e professore straordinario di Cardiologia all’Università di Cosenza”.
Curate bene lo scompenso cardiaco? Ve lo dirà l’Intelligenza Artificiale
Controlli a distanza e valutazione dei problemi
Anche nel campo dell’aritmologia e soprattutto nel controllo a distanza di quanto sta avvenendo a chi porta nel proprio corpo un dispositivo impiantabile, l’analisi rapidissima dell’Intelligenza Artificiale potrà rivelarsi un formidabile supporto per medici e pazienti.
“L’AI si è rivelata efficiente nella valutazione degli esami Holter o per il telemonitoraggio di pazienti con defibrillatori impiantabili, e potrebbe rivelarsi decisiva per aumentare l’utilità dei dispositivi indossabili nella diagnosi precoce, migliorando l’analisi dei parametri raccolti – continua Indolfi. Anche l’analisi delle ecocardiografie, delle risonanze magnetiche e delle TAC può essere resa più precisa e approfondita grazie all’AI, per la diagnosi di cardiomiopatie o di disfunzioni valvolari o anche per la quantificazione della stenosi coronarica attraverso la valutazione delle angiografie, che ha dimostrato un’accuratezza superiore al 98% nell’identificare trombi e calcificazioni”.
Infine, il documento di consenso sottolinea che l’impiego di algoritmi di “Machine Learning” e AI potrebbe anche migliorare la diagnosi di malattie come l’ipertensione e lo scompenso cardiaco, che potrebbero inoltre essere gestite in maniera più adeguata grazie all’accuratezza dell’AI nella classificazione del rischio dei pazienti e quindi nella scelta fra le possibili terapie.
Dopo un ictus, con l’Intelligenza Artificiale si può ridurre di un quarto il rischio di ischemia cerebrale e di infarto
Attenzione agli algoritmi
Sia chiaro. Dobbiamo ancora imparare molto. E soprattutto deve esserci sempre il cardiologo a gestire la situazione. “Esistono anche criticità di cui tenere conto utilizzando l’AI, non solo perché sono necessarie altre e più ampie ricerche per validarne le potenzialità e gli usi nella pratica clinica, ma soprattutto per gli aspetti etici e normativi su cui è necessario riflettere – segnala l’esperto. Molti algoritmi, specialmente quelli basati sul deep learning, operano spesso come ‘black box’ prendendo decisioni sulla base di calcoli complessi da decrittare per un umano, che quindi possono rendere difficile riconoscere eventuali errori o bias. È altrettanto fondamentale interrogarsi sulle modalità di introduzione dell’AI per definire bene di chi siano le responsabilità di scelte dettate dagli algoritmi: la FDA classifica i prodotti di AI ‘software come dispositivi medici’, il regolamento ‘AI act’ dell’Unione Europea 2024/1689 impone ai produttori e agli sviluppatori specifici obblighi e caratteristiche in merito agli usi dell’AI, per esempio proibendo applicazioni di AI che potrebbero porre rischi troppo elevati, richiedendo requisiti stringenti per le applicazioni a rischio e imponendo valutazioni di conformità per tutti i prodotti da introdurre sul mercato, suddivisi in 4 classi a rischio crescente”. Insomma, la sfida è affascinante. Ma la strada appare tracciata.
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