Leucemia mieloide cronica, ora si vive di più e con meno effetti collaterali
Cresce la popolazione di pazienti con leucemia mieloide cronica. Non perché sia aumentato il numero di nuove diagnosi ma perché l’introduzione degli inibitori della tirosin-chinasi ha permesso una vera rivoluzione nel trattamento di questa patologia. Delle nuove prospettive di cura abbiamo parlato con Massimiliano Bonifacio, professore associato di Ematologia presso il dipartimento di Ingegneria per la medicina di innovazione (Dimi) dell’Università di Verona.
Professor Bonifacio, quanti sono gli italiani affetti da leucemia mieloide cronica? E la malattia che impatto ha su di loro?
L’incidenza è di 700/800 nuovi casi l’anno e non risulta in aumento nell’ultimo periodo. È invece cresciuta la prevalenza perché abbiamo a disposizione terapie più efficaci. Attualmente sono oltre 9.000 le persone che in Italia vivono con la malattia e sono spesso in trattamento con farmaci specifici. La loro qualità di vita è decisamente migliore rispetto a 20 anni fa quando lo standard di cura era solo il trapianto di midollo o farmaci più ‘pesanti’ rispetto agli attuali.
Leucemia mieloide cronica, nuovi dati su terapia con efficacia prolungata e risposte rapide
Quanto sono cambiate le aspettative di vita per i pazienti negli ultimi anni grazie ai progressi terapeutici?
“Gli inibitori della tirosin-chinasi hanno consentito di ottenere una lungo sopravvivenza nella grande maggioranza dei pazienti e hanno di fatto reso cronica questa forma di leucemia. Al momento a un malato di nuova diagnosi possiamo prospettare un’aspettativa di vita molto simile a quella del resto della popolazione generale di pari età”.
Quali sono le principali sfide emotive e psicologiche che i pazienti devono affrontare?
“Noi specialisti rassicuriamo sempre i nostri assistiti sulla grande efficacia dei trattamenti disponibili. Tuttavia è difficile accettare il fatto di essere colpiti da una malattia cronica la quale richiede per forza controlli e cure costanti e per il resto della vita. Solo a un paziente su cinque è possibile interrompere la somministrazione delle terapie dopo un periodo più o meno lungo. Il mancato funzionamento di una prima linea di trattamento può invece essere fonte di stress o di preoccupazioni. Molti pazienti temono di essere colpiti da forme molto gravi, se non addirittura letali, di patologia”.
Leucemia mieloide cronica, risultati promettenti da un nuovo farmaco
Quanto sono efficaci i trattamenti di oggi per i casi nuova diagnosi? C’è bisogno di innovare in questo ambito?
“Ogni farmaco dovrebbe possedere tre caratteristiche imprescindibili: efficacia, sicurezza e buona tollerabilità. Deve quindi essere in grado di ottenere risposte molecolari le più possibili rapide, profonde e prolungate. Gli effetti collaterali che crea dovrebbero durare per brevi periodi e la qualità di vita andrebbe preservata durante l’intera somministrazione. Delle cinque terapie finora disponibili nessuna ha davvero tutte e tre queste peculiarità. L’innovazione deve portare al più presto a nuovi farmaci che siano il più possibile efficaci, sicuri e anche tollerati dall’organismo”.
Quali sono le sfide di tollerabilità che i pazienti affrontano con i trattamenti attuali? Gli eventi avversi influenzano l’aderenza al trattamento?
“Dopo lunghi anni trascorsi ad assumere sempre un farmaco per la gestione della leucemia mieloide cronica può subentrare il problema della scarsa aderenza terapeutica. Questa condizione è determinata soprattutto dagli effetti collaterali che si possono verificare. A volte tendono a essere sottovalutati dal medico curante mentre creano non poche difficoltà al paziente. I più comuni e temuti sono cefalea, gonfiore, problemi oculari, disturbi cutanei, dolori muscolari o alle ossa. Come clinici dobbiamo anche tenere conto dei possibili problemi cardiovascolari. Per esempio vanno monitorati i valori della pressione arteriosa. Il rischio è quello della politerapia, ovvero l’assunzione concomitante di più farmaci per aree terapeutiche diverse i quali interagiscono negativamente tra di loro”.
Un nuovo meccanismo d’azione contro la leucemia mieloide cronica
I vantaggi del nuovo trattamento asciminib per i pazienti?
“Come dimostrano i dati presentati all’ultimo Congresso Annuale della Società Americana di Ematologia (Ash), che si riferiscono a un follow up a quasi due anni di uno studio internazionale, condotto anche nel nostro centro di Verona, asciminib è un trattamento con un’efficacia significativamente superiore rispetto agli altri inibitori della tirosin-chinasi. I pazienti che lo hanno ricevuto hanno ottenuto un tasso di risposta molecolare superiore al 75%, mentre con gli altri farmaci il risultato era del 50%. Dopo 96 settimane di trattamento l’80% dei pazienti selezionati lo stava ancora assumendo. Quindi oltre ad un’alta efficacia presenta anche ottimi tassi di persistenza alla terapia con conseguenti vantaggi sullo stato di salute del paziente”.
Cosa potrebbe cambiare in termini di qualità di vita?
“Il farmaco ha un meccanismo d’azione molto selettivo e non determina eccessivi eventi avversi. I minori effetti collaterali favoriscono l’aderenza e quindi anche la qualità di vita del paziente cronico. Mancano ancora dei dati e devono essere condotte ulteriori ricerche sulla terapia, per esempio, con dei follow up più lunghi. Dobbiamo soprattutto comprendere se, dopo anni di trattamento, i pazienti potranno effettivamente interrompere la cura mantenendo lo stesso la remissione della malattia”.
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