Poggi: “Fondazione Crt riparte dalla trasparenza. Bene Unicredit, no a guerre sulle Generali”

MILANO — «Con la nuova governance, che aumenta la trasparenza e il rigore delle scelte, la Fondazione sarà in grado di utilizzare la sua autonomia in maniera corretta e responsabile». Anna Maria Poggi, la costituzionalista chiamata alla guida della Fondazione Crt dopo la tempesta primaverile, con le dimissioni dalla presidenza di Fabrizio Palenzona e avvisi di garanzia per parte dei consiglieri, è convinta che ora si possa girare definitivamente pagina.

Perché il fatto di non avere più terne di nomi, da cui la Fondazione può sceglierne uno per il consiglio di indirizzo, ma singoli nomi designati aumenta la trasparenza?

«Perché, a differenza di prima, il singolo nome che sarà designato da ciascuno degli enti, Province escluse, dovrà rispondere a requisiti di onorabilità e competenza rigorosi e su questi criteri sarà esaminato, prima della nomina in consiglio, da un comitato nomine».

Ma con un nome “secco” la politica non ha ancora più potere?

«No. Intanto perché la designazione di un solo nome si applica a tutti gli enti, comprese università, camere di commercio ed enti religiosi. E poi proprio i criteri introdotti assicurano che i nomi proposti debbano avere competenze e profili specifici, assicurando trasparenza e rigore».

In cda avete cambiato anche altri aspetti dello statuto…

«Sì, in primo luogo il disallineamento tra la durata dei mandati per cda, consiglio d’indirizzo e collegio sindacale. Dal 2029 cambieranno tutti in contemporanea ogni quattro anni. E poi i quattro consiglieri di indirizzo cooptati verranno scelti dal consiglio entrante e non da quello uscente per garantire un processo trasparente e imparziale».

Il ministero dell’Economia approverà queste modifiche?

«Intervenire su testi complessi può rendere difficile prevedere tutte le implicazioni, ma sono fiduciosa. Eventualmente, potranno esserci alcuni aspetti da mettere a punto».

Lei arriva dopo la “rivolta” di consiglieri, legati – è il sospetto – da un patto occulto, e le dimissioni di Palenzona. Che cosa è accaduto?

«Non ero in Fondazione, ma direi che è mancato il rapporto di fiducia tra il presidente e alcuni consiglieri».

E quale “vulnus” vuole ricucire con il nuovo statuto?

«Vorrei la consapevolezza che la Fondazione è autonoma, ma che deve utilizzare la sua autonomia in maniera corretta e responsabile».

La scelta di Patrizia Polliotto come segretario generale è stata dibattuta. Perché l’ha voluta?

«Perché ha competenze professionali elevate, un’approfondita conoscenza del mondo delle fondazioni, una competenza giuridica importante e capacità di relazione. E infine per un elemento di fiducia personale. La novità è che non avrà, come in passato, un contratto a tempo indeterminato da dirigente della Fondazione, ma un incarico a tempo».

Uscita dalla fase emergenziale, che cosa farà Fondazione Crt?

«A gennaio cominceremo a lavorare sul documento di programmazione pluriennale sviluppando le nostre peculiarità: da una parte vicinanza ai territori; dall’altra focus sull’innovazione, con progetti di eccellenza come quello sull’IA alle Ogr di Torino».

Siete soci di Unicredit. Il percorso di Orcel in Italia e in Germania?

«Il nostro giudizio sulla banca e sul management è assolutamente positivo. Per il prossimo anno, anche grazie alla nostra partecipazione in Unicredit, la Fondazione potrà rafforzare il suo contributo sul territorio con 60 milioni di risorse aggiuntive. E mi pare anche che la sua visione di espansione a livello europeo sia molto condivisibile».

Tre anni fa Fondazione Crt si schierò con Caltagirone nello scontro per il cda di Generali. E ora?

«Confido che non si ripetano quelle difficoltà. La Fondazione è per una soluzione che non porti a spaccature come quelle del passato».

]Le Fondazioni sono nel capitale di Cdp, spesso chiamata a interventi “di sistema”. Che ne pensa?

«Le Fondazioni hanno ovviamente il desiderio di contribuire al bene del Paese. Però lo fanno tenendo la barra del timone sempre ferma. Non si può pensare né che siano sussidiarie in tutto e per tutto al pubblico, né che si sostituiscano a interventi di responsabilità dello Stato».

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