Sostenibilità: obiettivi a rischio con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale

Con la crescita constante dell’intelligenza artificiale (IA), gli obiettivi di sostenibilità rischiano di fallire. Il motivo? Dipende dall’aumento esponenziale della domanda energetica dei data center che supportano il funzionamento degli algoritmi avanzati dell’IA, basati su hardware ad alte prestazioni che richiedono una grande quantità di energia. A lanciare l’allarme è Boston Consulting Group (Bcg) nel rapporto “Power Moves: How CEOs Can Achieve Both AI and Climate Goals”, secondo il quale questo rischio è già tangibile negli Stati Uniti dove la domanda energetica dei data center cresce a un ritmo vertiginoso del 15-20% all’anno. A questo ritmo, secondo le stime di Bcg, la domanda potrebbe raggiungere 130 gigawattora entro il 2030. Tutto questo potrebbe causare negli Usa una carenza di energia “ferma” – cioè disponibile in ogni momento, indipendentemente dalle condizioni – già a partire dal 2026. Un lasso di tempo sufficiente solo ad avviare nuovi progetti di generazione di energia, ma non per completarli.

“Se negli Stati Uniti il consumo energetico dei data center cresce a ritmi esponenziali, in Europa la situazione non è da meno – spiega Giulia Scerrato, project leader di Bcg esperta di energy e tech – Le dinamiche di espansione stanno ridefinendo il panorama delle infrastrutture digitali, sollevando al contempo importanti sfide legate alla sostenibilità e alla resilienza delle reti elettriche”. L’Italia? “Si distingue come uno dei mercati più dinamici, rappresentando il 13% dei data center europei e registrando una crescita annua superiore all’8%, con un ritmo di sviluppo significativamente più alto rispetto a hub storici come Germania e Olanda”, aggiunge Scerrato.

Secondo il rapporto, nel nostro Paese il mercato dei data center sta infatti vivendo una fase di forte espansione, con un tasso di crescita annuale significativamente superiore a quello di Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino, che si aggira tra il 4% e l’8%. Nel 2023 gli investimenti in co-location dei data center italiani hanno raggiunto i 654 milioni di euro, con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente (per co-location si intende lo spazio all’interno di un data center messo in affitto a terze parti per la sistemazione di server, dispositivi di archiviazione e qualsiasi altro apparato informatico e di rete). Anche il valore del cloud, sia privato che pubblico, è cresciuto significativamente, raggiungendo i 4,8 miliardi di euro con quasi 70 operatori attivi sul mercato.

Rimane però il tema dell’infrastruttura energetica sostenibile. Se storicamente i data center sono stati costruiti in Nord Europa anche per sfruttare il natural cooling, ossia tecniche che sfruttano le risorse naturali e le condizioni ambientali per raffreddare i server e le apparecchiature al fine di ridurre i costi per tale operazione, oggi paesi come Germania e Olanda stanno limitando la costruzione di nuovi data center per motivi di emissioni, consumo d’acqua e stabilità delle reti elettriche. A ciò si aggiunge l’esigenza di decentralizzare le infrastrutture, sia per ridurre la latenza nella trasmissione dei dati, sia per tematiche di sicurezza che spingono sempre più al mantenimento dei dati all’interno dei confini nazionali: questo ha portato molti hyperscaler (tra cui Amazon e Microsoft) a investire in sud Europa, incluse Italia e Spagna.

In questo scenario, sottolinea Bcg, diventa strategico individuare soluzioni energetiche affidabili e sostenibili, per supportare tale crescita. Un primo problema riguarda l’esigenza di una regolamentazione ad hoc per i data center e di un approccio sistemico per allineare la domanda con l’offerta energetica disponibile, permettendo al nostro Paese di cogliere a pieno le potenzialità del business. Tra le opzioni emergenti, vi sono i piccoli reattori modulari (Smr) che rappresentano una possibilità interessante per alimentare la crescita del settore. Google e Amazon, ad esempio, stanno già investendo nei piccoli reattori nucleari, progettati proprio per essere più economici, più rapidi da costruire e più sicuri rispetto ai reattori nucleari tradizionali. Ma gli Smr attualmente operativi negli Usa non sono ancora andati oltre la fase progettuale, poiché presentano una serie di sfide da affrontare dal punto di vista tecnologico, operativo e autorizzativo per la definizione degli standard. Ciononostante, ci sono azioni che gli stakeholder possono intraprendere fin da subito. In primis, ottimizzare: i ceo possono attenuare una possibile crisi energetica assicurandosi che le loro aziende utilizzino con giudizio l’elettricità attualmente disponibile. Al contempo, le aziende energetiche possono aiutare a identificare la capacità di generazione di energia e di rete disponibile per regione, oltre a esplorare il modo in cui l’IA e altre tecnologie possono migliorare l’efficienza della rete.

Dal canto loro, i colossi dell’IA possono ottimizzare il consumo energetico utilizzando hardware meno intensivi per l’inferenza, ossia il processo di applicazione dei modelli di IA, collaborando con i fornitori di energia per regolare i consumi durante i periodi di maggiore domanda sulla rete, e scegliendo con attenzione dove localizzare i data center. Infine, gli utenti finali possono promuovere il risparmio energetico adottando misure concrete per monitorare e limitare le loro emissioni.

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