“Auto, solo elettrico dal 2035. Ma l’Europa riveda la transizione”
BRUXELLES — «Il problema non è il punto di atterraggio, ma la rampa di lancio. Se funziona bene, allora non ci saranno problemi a centrare l’obiettivo». Il punto di atterraggio, secondo la metafora di Jean-Philippe Imparato, capo del mercato Europa di Stellantis, è il 2035, anno in cui si passerà dal motore termico al solo elettrico. Quando si parla di rampa, invece, si parla di oggi, del 2025, anno in cui è scattato un giro di vite importante sui livelli di emissioni di anidride carbonica dal tubo di scappamento dei nuovi veicoli. Una riduzione del 19% delle emissioni. Per Imparato il problema non è lo stop totale fissato al 2035, ma il percorso di avvicinamento, soprattutto la fase iniziale: «Bisogna allineare il ritmo e il modo», sostiene.
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Lo dice a Bruxelles, a pochi passi dai palazzi e dalle aule dove si sono decise date e percorsi. L’occasione è il Motor Show, edizione 101. Salone che dopo la morte dell’evento di Ginevra si è ritagliato uno spazio nel panorama del settore. E tra gli stand delle case automobilistiche, nel primo giorno di apertura, il rischio multe della Ue – più di 16 miliardi per il 2025 – è l’argomento che tiene banco. Il comparto è debole, la crisi morde, gli effetti delle sanzioni sul settore rischiano di essere pesanti a livello anche occupazionale. Tanto che il 5 febbraio a Bruxelles arriveranno pure i lavoratori metalmeccanici a chiedere un cambio di passo. «Il problema per noi non è il 2035 – ribadisce Imparato – il problema sono i prossimi tre o cinque anni. L’obiettivo finale è chiaro. Lo dico io per primo: se si vuole risolvere la questione delle emissioni della mobilità delle persone bisogna passare all’elettrico. Dipende come lo fai, dipende dal passo, dalla velocità, dalle condizioni, dai metodi che si usano per arrivarci e che devono essere allineati».
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Cosa fare? Dilazionare gli effetti del giro di vite sulle emissioni almeno su tre anni, fino al 2027, o su cinque. E poi ragionare sull’insieme dei veicoli, ricomprendendo nei calcoli delle emissioni furgoni e altri mezzi commerciali, non solo le auto. Interventi che potrebbero essere adottati se la Ue decidesse di mettere mano al regolamento. A oggi, però, le resistenze sono forti da parte della Commissione, nonostante il capo Europa di Stellantis veda «molte autorità e parti interessate scoprire la portata della questione».
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Le misure indicate da Imparato sono state discusse in Acea, il club dei produttori europei che dal primo gennaio ha riaccolto Stellantis. Lo scopo è quello di «proteggere clienti e lavoratori». E con lo stesso obiettivo Imparato ha detto che Stellantis ha aderito al gruppo guidato da Tesla per attenuare l’effetto delle sanzioni, scambiandosi quote o acquistando crediti dalla casa fondata da Elon Musk. «Non è solo una questione finanziaria», dice. Ricorda poi che Stellantis realizzerà il Piano Italia senza aiuti economici del governo italiano e auspica che «i fondi dello Stato possano essere usati per innovare e rendere più tecnologico l’indotto. È importante». Altro neo? La rete di colonnine. «Puoi fare la migliore auto elettrica al miglior prezzo – quelle sotto i 20 mila euro arriveranno presto – ma senza punti di ricarica è tutto inutile».
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