Conti (Eurizon): “La discesa dei tassi prefigura uno scenario favorevole per i bond”

Dopo la forte crescita economica del post Covid e la contestuale fiammata inflattiva, la congiuntura mondiale è entrata in una fase di maggiore stabilità in seguito alle politiche monetarie restrittive avviate dalle principali banche centrali. Secondo Andrea Conti, responsabile macro research di Eurizon, questo contesto potrebbe rivelarsi favorevole per l’investimento obbligazionario.

A che punto siamo nel ciclo economico?

“Il 2024 si presenta come un anno di prosecuzione del ciclo economico globale, con un mix crescita e inflazione finalmente stabilizzato dopo le turbolenze dei primi quattro anni del ciclo post Covid. L’inflazione, che nella parte finale del 2023 ha accelerato verso il basso, è attesa proseguire la convergenza verso l’area 2% indicata come obiettivo dalle banche centrali. I prezzi delle materie prime risultano stabilizzati da diversi mesi e non hanno risentito delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente. L’attenzione sarà quindi sulla velocità di discesa dell’inflazione core, tutt’ora attestata tra il 3,5% e 4% negli Stati Uniti e nella zona euro, ma prevista dal consenso attorno al 2,5% a metà del 2024. Questa ipotesi appare condivisibile, mentre il rischio di un’inflazione in risalita appare modesto considerando l’assenza di pressioni sui prezzi all’origine (materie prime) e un andamento dell’attività economica ancora positivo, ma ad un ritmo decisamente moderato rispetto agli eccessi del 2021 e 2022. La crescita economica è prevista, nei numeri di consenso, rallentare negli Usa dal 2,5% all’1,6% e nella zona euro confermare la debole crescita del 2023, quando è stata pari allo 0,5%. Interessante il profilo temporale che compone le stime annue. L’attività economica è infatti prevista debole ad inizio anno, quando l’impatto restrittivo della politica monetaria e dell’inflazione ancora elevata dovrebbero frenare l’attività economica. Per la seconda metà d’anno è invece ipotizzata una graduale riaccelerazione verso i livelli di crescita potenziale, attorno al 2% per gli Usa e 1,5% per la zona. La riaccelerazione sarebbe sostenuta dal calo dell’inflazione, che restituisce potere d’acquisto ai consumatori e dal tendenziale allentamento delle condizioni finanziarie data la fine della restrizione monetaria. Lo scenario raffigurato dai numeri di consenso appare condivisibile e prefigurerebbe la normalizzazione del ciclo economico dopo le forti turbolenze macroeconomiche generate dal Covid e dall’uscita post Covid”.

Quali sono invece le prospettive economiche per l’altra grande economia mondiale, quella cinese?

“La Cina nel 2023 ha deluso le attese di una forte ripartenza post Covid, ma ha comunque centrato l’obiettivo del 5% di crescita fissato dal governo. Per il 2024 le attese di consenso prevedono la prosecuzione su un sentiero di crescita stabile, ma moderata rispetto ai ritmi del ciclo pre Covid; la stima puntuale di crescita media annua è pari al 4,6%”.

In questo scenario quali potrebbero essere le mosse delle banche centrali?

“Nel corso del 2024 le banche centrali avranno spazio per allentare le condizioni di politica monetaria. Sarebbe un ciclo di taglio dei tassi diverso dai precedenti in cui i tassi di interesse venivano abbassati in modo rapido per fronteggiare la caduta in recessione dell’economia globale. Questa è una eventualità che potrebbe realizzarsi nello scenario di rischio (frenata brusca dell’economia), ma appare al momento poco probabile. Nell’ipotesi centrale invece le banche centrali manterranno i tassi ai livelli attuali per i mesi iniziali del 2024, in modo da consolidare la stabilizzazione dell’inflazione. Attorno a metà anno però sia la Fed sia la Bce potrebbero abbassare i loro tassi di politica monetaria, ora al 5,5% negli Usa e al 4,5% nella zona euro, in considerazione di una inflazione stabilizzata in zona 3%-2,5%. In questo caso i tassi potrebbero scendere nell’ordine dei 100 punti base nella seconda metà del 2024 e il percorso di normalizzazione proseguirebbe nella prima parte del 2025 con obiettivo il 3%-3.5% per la Fed e il 2.5%-3% per la Bce”.

Questo quadro macroeconomico che ripercussioni potrebbe avere sui mercati?

“Per quanto riguarda i mercati finanziari lo scenario centrale, che combina stabilizzazione dell’inflazione e della crescita a livelli moderati e allentamento dei tassi di interesse, prefigura un contesto favorevole. I mercati obbligazionari core appaiono interessanti in termini di rendimento a scadenza (carry) e potrebbero realizzare guadagni in conto capitale grazie al ribasso dei tassi ufficiali. In tale ipotesi si confermano interessanti le strategie di irripidimento delle curve, tutt’ora invertite, che alla fine della normalizzazione dei tassi di politica monetaria dovrebbero ritrovare una inclinazione positiva. Lo scenario di riferimento risulterebbe particolarmente favorevole per i mercati a spread (credito) che sommano all’interessante flusso cedolare la possibile ulteriore restrizione degli spread”.

Quali sono invece le previsioni per le Borse?

“Per quanto riguarda i mercati azionari il recupero del 2023 già sconta in parte l’evoluzione positiva del contesto macro dopo lo shock di inflazione del 2022. Le valutazioni sono meno interessanti rispetto ad un anno fa, soprattutto negli Usa che rimangono il mercato guida. Ma in un contesto di prosecuzione del ciclo economico con allentamento delle condizioni monetarie gli utili aziendali possono continuare a crescere in linea con la crescita media di lungo periodo (8-10% su base annua) e questo rimane un solido sostegno per le quotazioni azionarie. Per quanto riguarda infine i mercati valutari è meno evidente ipotizzare quale potrebbe essere il movimento direzionale prevalente nello scenario centrale. Il dollaro sarà sottoposto a due tendenze che si compensano. L’economia Usa è prevista crescere di più rispetto alle altre economie sviluppate e questo è un elemento di sostegno al dollaro. D’altro lato la prosecuzione del ciclo economico globale in un contesto di riduzione degli elementi di incertezza tende solitamente a favorire le valute diverse dal dollaro”.

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