Meloni corregge il tiro sui manganelli: “Non ce l’avevo con Mattarella, la sinistra lo usa contro di me”

TORONTO — Al quarto giorno, Giorgia Meloni fece retromarcia. In televisione aveva fatto esplicito riferimento alle istituzioni colpevoli di aver criticato le manganellate di Pisa e Firenze agli studenti. Pronunciando parole chiarissime, quelle che tutto il mondo ha letto come un affondo contro Sergio Mattarella (Quirinale compreso, tanto da aver lasciato trapelare stupore). Ecco, tutti questi ragionamenti — giura la presidente del Consiglio — erano in realtà rivolti all’opposizione. Così assicura al termine della missione americana che l’ha condotta prima da Joe Biden, poi ieri da Justin Trudeau. «Non mi riferivo al Capo dello Stato — dice la leader, dopo giorni di silenzio e un punto stampa saltato forse anche per evitare la precisazione nel giorno della “vetrina” della Casa Bianca — I miei rapporti con lui sono ottimi, anche se ci sono dei tentativi di creare una crepa con il Quirinale per schermare la contrarietà alla riforma del premierato. Non mi sembra corretto usare la sua figura per questo scopo». E allora, chi era il bersaglio? «Ce l’avevo con la sinistra sempre capace di criticare quando le cose vanno male, ma mai capace di difendere le forze dell’ordine». Per istituzioni, a dire il vero, si intendono di norma il Colle, oppure Palazzo Chigi, o la Consulta. Non secondo Meloni, però. «Parlavo dei parlamentari della sinistra, anche loro sono una istituzione. E comunque, da quello che so io il Quirinale non fa filtrare i propri umori: quando ha qualcosa da dire, la dice. Pensare che mi riferissi a Mattarella significherebbe immaginare che il Presidente abbia tolto il sostegno alle forze dell’ordine. Ma così non è».

Per giorni, in realtà, i vertici di Fratelli d’Italia e i principali ministri dell’esecutivo hanno riferito dell’irritazione di Meloni per quell’uscita di Mattarella. E d’altra parte, le parole della premier erano assai distanti da quelle pronunciate dal Capo dello Stato. I cronisti lo fanno notare alla presidente del Consiglio, che risponde ammettendo alcuni errori della polizia nella gestione di quella piazza: «In alcuni casi qualcosa è andato storto. Certo, è meglio non utilizzare i manganelli, bisogna valutare eventuali errori — che probabilmente ci sono stati — ma non spetta a me farlo». Detto questo, Meloni ricorda gli oltre mille cortei a sostegno della Palestina dal 7 ottobre in avanti. E ribadisce la sua vicinanza alle forze dell’ordine.

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Ma il cuore della retromarcia è concentrato, come detto, nel rapporto con Mattarella. Un dietrofront soltanto formale, perché in realtà Meloni rilancia decisamente sul fronte della riforma costituzionale, che incide significativamente sul perimetro operativo del Capo dello Stato. «Chi è serio sa benissimo che ho fatto una riforma che volutamente non tocca i poteri del Presidente, perché so che il presidente Mattarella è una figura di garanzia, è un’istituzione unificante». Il punto, in realtà, è quantomeno controverso. I giornalisti che le fanno notare che in realtà i poteri del Colle vengono intaccati dalla riforma: «E chi lo dice?». «Diversi costituzionalisti». «E dove?». Ma soprattutto: «Quali poteri? Ditemeli. Per me restano fermi e immutati!». Di certo, le replicano, cambia quello di scioglimento delle Camere, uno scenario obbligato perché legato alla permanenza del presidente del Consiglio in carica. «La mia totale stima a Mattarella — risponde a quel punto Meloni — perché il gioco mi è chiarissimo: si sta cercando di mettere in piedi uno scontro con il Presidente perché la sinistra non sa come spiegare che non vuole che i cittadini scelgano da chi farsi rappresentare».

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L’ultimo passaggio è dedicato alle recenti elezioni in Sardegna, la prima vera sconfitta da quando è a Palazzo Chigi. Da Fratelli d’Italia si preannuncia la richiesta di un riconteggio. La leader è cauta, ma non esclude un’opzione che avrebbe effetti deflagranti: «Aspettiamo il riconteggio, poi vediamo cosa fare. Mi pare che si stia assottigliando lo scarto, le cose sono andate meno peggio di come sembrava».

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