Di Pietrantonio: “In campo per difendere la casa comune. È l’antidoto agli autoritarismi”

«Se non ci accorgiamo di quel che sta succedendo, dei valori in cui siamo cresciuti che sono oggi irrimediabilmente in pericolo, della necessità di riaffermarli anche scendendo in piazza, il rischio è fare la fine della rana bollita». Donatella Di Pietrantonio, premio Strega 2024 con L’età fragile (Einaudi), scrittrice sempre in prima linea per i diritti, aderisce con entusiasmo all’appello di Michele Serra.

Europei in cerca d’Europa

Perché è necessario alzare la voce e dirsi europei proprio adesso?

«Questo è forse, nella Storia, uno dei momenti in cui ha più senso un’iniziativa del genere. Perché da varie parti del mondo, ma soprattutto da Stati Uniti e Russia, arrivano posizioni che veramente ci lasciano interdetti, a volte scioccati per la violenza con cui si manifestano. E allora mi sembra molto giusto che l’Europa, che magari tante volte diamo per scontata, considerandola come uno sfondo che sta lì, ininfluente, torni a essere centrale. Dobbiamo tutelarla, farla crescere, non considerarla soltanto un’unione burocratica».

Serve più ambizione?

«Assolutamente. Anche se devo dire che per me, l’Europa è stata importante fin da subito. Ho 63 anni e ricordo perfettamente le varie tappe della costruzione dell’Unione europea, quelle che ci hanno portati fin qui. Quando ero ancora una ragazzina, alle medie, si lavorava molto nelle scuole sullo spirito europeo. Scrivevamo temi, facevamo disegni. Credo si possa dire ci fosse un’educazione all’Europa. Non so quanto andando avanti si sia perso questo elemento, ma credo vada recuperato».

Perché pensa si sia perso?

«Perché sento che spesso l’Europa è percepita, soprattutto a livello di certa politica, come un fastidio. Qualcosa che disturba il manovratore».

Da una parte sembrano essere in pericolo i valori democratici in cui siamo cresciuti, attaccati dall’esterno, dalla Russia e ora dagli Stati Uniti che fomentano il ritorno dei fascismi, e dall’interno, da parte di chi pensa che a salvarci possa essere il sovranismo. Come si risponde?

«Mi sono chiesta in questi giorni: come ci difendiamo? Di certo, non possiamo pensare di farlo restando ognuno nel nostro orticello. Credo invece che riscoprirci europei sia proprio l’unica difesa possibile, l’unica sicurezza possibile. Stringerci attorno allo Stato sociale europeo, alla difesa dei diritti fondamentali, all’idea di solidarietà e di uguaglianza, solo questo può salvarci. L’idea completamente diversa di mondo che abbiamo rispetto a chi ci circonda e vuole distruggerla».

Il 15 marzo a Roma, le nuove adesioni: “Una piazza plurale”

Scendere in piazza per una serie di valori non dovrebbe comportare dividersi su come difenderli. E invece anche il fronte che tiene all’Europa, si divide in chi attacca la commissione il suo progetto di difesa comune, chi la sostiene, chi cerca distinguo di ogni tipo. È come se non ci fosse più la capacità di dire: sto qui in piedi in nome della mia idea di Europa, senza subito cercare di spaccare il fronte. Come se lo spiega?

«È abbastanza insensato ma posso dire quello che vale per me: io credo nei valori dell’europeismo. Il riarmo non è la mia soluzione, se ci sarà non sarà nel mio nome perché non condivido l’escalation cui potrebbe portare. Ma questo non mi impedisce di dire che mi riconosco assolutamente nei valori democratici dell’Europa, nel suo essere un antidoto a chi vuole tornare al potere assoluto e dispotico dell’uomo forte. Mi riconosco nel migliore spirito europeo».

Quali sono le prime cose da salvare che le vengono in mente, in nome di quello spirito?

«La democrazia, l’uguaglianza, il welfare, lo Stato sociale, l’attenzione agli ultimi, ai più deboli, i diritti delle donne che cito sempre perché anche quelli che consideravamo acquisiti per sempre non lo sono affatto. Non possiamo dare nulla per scontato, è in atto un attacco subdolo e quello che succede negli Stati Uniti con l’aborto ne è la prova. Ho davvero paura che a furia di non guardare a questi pericoli, faremo la fine della rana bollita che muore perché la temperatura si alza piano e non capisce subito di dover saltar fuori dalla pentola. Michela Murgia diceva che il fascismo non sarebbe arrivato a casa nostra a bussare e a somministrare olio di ricino, facendosi riconoscere. Sono altri, i modi nuovi in cui si rischia di ricadere nell’incubo dell’autoritarismo. Le uscite di Trump, quella violenza verbale, stanno già cercando di fare carta straccia dei nostri valori. E cercano proseliti in Europa per fare esattamente questo».

Ha visto la lista di parole depennate dai documenti americani?

«Mi sono venuti i brividi. Se davvero tutte quelle parole, inclusione, gay, Lgbtqi+, donna, crisi climatica, barriere, attivismo, diversità, e potrei continuare, fossero depennate dal lessico corrente, subiremmo all’improvviso – velocissimo – un arretramento culturale atroce. Che non riguarda solo il linguaggio, perché dietro il significante, c’è sempre il significato».

Ci sono le persone.

«Esatto. Ci sono le persone».

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