La testimone – Shahed, in streaming su MYmovies l’ultimo esemplare del più puro cinema iraniano
In quale parte del calendario hijri – cioè islamico – è ambientato La testimone – Shahed di Nader Saeivar? Si tratta del mese di Muharram, e lo accenna, di sfuggita, un personaggio, che rimarca come venire chiamati da Dio in quel periodo dell’anno è una benedizione.
E per gli sciiti di tutto il mondo lo è per davvero: Muharram, infatti, non è solo il primo mese dell’anno, uno dei quattro sacri dell’Islam, quello dell’Egira di Maometto e quello in cui cade il giorno del digiuno dell’Ashura, ma anche se non soprattutto il momento della battaglia di Kerbala e del martirio di al-Husayn (terzo imam sciita e nipote del Profeta).
Anche un altro recente titolo, l’Holy Spider di Ali Abbasi, che ha visto trionfare a Cannes 2022 Zar Amir Ebrahimi come miglior attrice, è avvolto nella stessa aura di sacertà: nella città di Mashhad, sull’antica Via della Seta, dove si ergono i santuari del califfo Harun al-Rashid (uno dei protagonisti ricorrenti de “Le mille e una notte”) e dell’ottavo imam Ali al-Rida (l’unico sepolto in territorio iraniano), il serial killer denominato il “Ragno” uccide le prostitute che insozzano le strade per riportare l’ordine morale sotto i cieli del santo sito.
Entrambi i film muovono da fatti realmente accaduti per aprire lo sguardo sul complesso orizzonte sociale iraniano (La testimone abbraccia le proteste scoppiate dopo l’uccisione di Mahsa Amini nel settembre 2022, Holy Spider dà conto degli omicidi di Saeed Hanaei tra il 2000 e il 2001), entrambi i film sono stati girati in segreto o in esilio (Saeivar ha lavorato in clandestinità a Teheran e montato all’estero, Abbasi direttamente in Giordania), entrambi i film hanno delle donne come protagoniste (il primo la professoressa in pensione Tarlan, il secondo la giovane giornalista Arezoo Rahimi) – eppure, nonostante le convergenze e le risonanze di un simile sostrato, non possono esserci due titoli più distanti tra loro.
Mentre Holy Spider è la consacrazione definitiva di Ali Abbasi dopo le scandinave incursioni di Shelley e Border – Creature di confine (guarda la video recensione), e a suo modo testimonia un’altra forma della diaspora cinematografica iraniana (culminata in The Apprentice e le candidature agli Oscar di Sebastian Stan e Jeremy Strong), La testimone, al contrario, è l’ultimo esemplare del più puro cinema iraniano la cui genealogia risale da Nader Saeivar a Jafar Panahi ad Abbas Kiarostami.
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Non si tratta solo del fatto che Saeivar è allievo di Panahi come Panahi è stato discepolo di Kiarostami, o che i due abbiano co-firmato la sceneggiatura di Tre volti (guarda la video recensione) con relativo premio a Cannes, o che Panahi qui si sdoppi nel ruolo di co-sceneggiatore e montatore – non solo questo.
Saeivar, che voleva girare nella sua città natale di Tabriz ma per questioni di sicurezza ha dovuto trasferire il tutto nella capitale (visto che in una città di dieci milioni di abitanti passi inosservato), si è chiesto retoricamente se Panahi non fosse l’ideatore dei film realizzati in segreto, ed è qui il punto di caduta del tutto: per scostare il velo calato dagli ayatollah sul paese, tocca nascondersi a propria volta e così raggiungere il massimo della (in)visibilità. Un’etica (necessaria) del lavoro, dello sguardo e del mondo che ha portato diverse volte in carcere Panahi e che in Saeivar trova una sincera eredità.
Solo in questo modo, infatti, ogni cosa apparirà più chiara, precisa, netta, come la vicenda al centro de La testimone: Tarlan è una professoressa oramai anziana che è stata come una madre per molti dei suoi alunni, compresi gli orfani Zara e Solat, oggi marito e moglie, con la prima a caccia della sua libertà personale grazie alla scuola di danza che ha fondato e il secondo intento a reprimerla dall’alto del suo misterioso lavoro con degli stranieri facoltosi; un giorno, però, Zara viene trovata morta, e Tarlan sa chi potrebbe essere stato.
Ci sono la metafora e l’adesione, la storia e la cronaca, l’autore e il genere dentro La testimone. C’è tutto l’Iran di oggi.
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