Dfp, Giorgetti: “Spesa per la difesa al 2% nel 2025”. Bankitalia e Upb, “giù il Pil” per i dazi
MILANO – Mattinata densa di audizioni per il Dfp, il Documento di Finanza Pubblica che sostituisce il Def. In calendario, tra gli altri, Istat, Corte dei Conti, Banca d’Italia, Upb e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. A dominare gli interventi è il peso dei dazi sulla crescita economica del Paese. Bankitalia ha rivisto al ribasso dello 0,7% le stime sul Pil nel triennio, e l’Upb è meno ottimista delle stime del Mef: “A rischio 68 mila posti di lavoro”. Per Giorgetti, l’abbassamento delle previsioni è sintomo “della serietà del governo”, dato l’alto livello di incertezza “non solo nel lungo ma anche nel breve termine”.
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Il ministro Giorgetti: “Spesa per la difesa al 2% nel 2025”
“Con riferimento alle spese per la difesa e, più in generale, la sicurezza del Paese, il lavoro di ricognizione secondo la metodologia Nato, effettuato con particolare scrupolo, lascia ritenere che già da quest’anno saremo in grado di raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil assunto nel 2014”. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in audizione sul Dfp. “Siamo oltremodo coscienti, anche alla luce delle attuali tensioni, dell’esigenza di incrementare tali spese nei prossimi anni”, ha aggiunto.
Secondo il ministro la revisione al ribasso delle stime di crescita degli enti e organizzazioni che hanno preso parte all’audizione è sintomo della “serietà del governo” rispetto all’incertezza sull’economia dovuta agli scenari globali, dai conflitti alla guerra commerciale. Fenomeni imprevedibili “sia nel lungo sia nel breve termine”, che rendono complesso fare stime. “Ciononostante, ricorderei nuovamente che sembra prospettarsi uno scenario meno avverso di quello messo in conto nelle previsioni ufficiali; più favorevole in termini sia di possibile esito finale della struttura dei dazi a livello internazionale, sia di variabili esogene (quali i prezzi dell’energia e i tassi d’interesse) che condizionano la crescita”, aggiunge Giorgetti.
Mef, i progetti del Pnrr
“Il sistema di monitoraggio attivato per rilevare l’avanzamento degli interventi del Pnrr mostra che, a marzo, è stata sostenuta una spesa di circa 66 miliardi, che corrisponde a circa il 34% del budget totale del Piano e al 54% delle risorse ricevute finora dalla commissione ue. Ci aspettiamo un sostanziale aumento della spesa dell’anno in corso e del prossimo, con il progressivo completamento degli investimenti e la chiusura dei numerosi cantieri aperti. Riteniamo del tutto fisiologico che, indipendentemente dal conseguimento degli obiettivi e dei traguardi entro fine 2026, parte della spesa dovrà essere contabilizzata anche negli esercizi successivi”. Lo ha detto il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti in audizione sul Dfp.
Istat: “I dazi costeranno mezzo punto di Pil in due anni”
Ad aprire gli interventi proprio l’Istat. Secondo l’istituto di statistica l’eventuale perdurare dell’incertezza e un aumento delle tensioni commerciali avrebbero sulla crescita del Pil italiano un impatto negativo di 2 decimi di punto nel 2025 e di tre decimi nel 2026. È con cautela l’Istituto parla di una “valutazione parziale e soggetta alla difficoltà di ipotizzare non solo l’evoluzione delle principali variabili esogene ma anche la risposta di politica economica e commerciale da parte di Governi e Banche Centrali”. Nel Dfp le previsioni di crescita indicano un Pil in aumento dello 0,6% quest’anno e dello 0,8% nel 2026.
Istat: “Da dazi impatto negativo ma sale la produzione industriale”
Nel complesso comunque secondo l’Istat vede comunque segnali di ottimismo. “Per il nuovo anno non abbiamo ancora la stima del Pil del primo trimestre che sarà diffusa il 30 aprile”, ha detto Stefano Menghinello, direttore del Dipartimento per le statistiche economiche, ambientali e conti nazionali dell’Istat in audizione.
Dai dati disponibili finora, “la produzione industriale, dopo il rimbalzo mese precedente, è cresciuta del 2,5%, le costruzioni vanno moto meglio, c’è una buona crescita, anche i servizi hanno dato segnali positivi, quindi fondamentalmente prima di scenari di tensioni forti l’economia italiana tutto sommato continua a fornire segnali positivi, seppur di debole crescita. Con un record importante del turismo”.
Bankitalia: “Forte ripercussione dai dazi, pesa incertezza”
In audizione sul Dfp anche la Banca d’Italia pone l’accento sulle incertezze e l’instabilità per l’economia italiana, europea e globale a causa della battagli commerciale. “Peseranno gli effetti dell’aumento dei dazi statunitensi – ha spiegato il vice capo del dipartimento Economia e statistica Andrea Brandolini – la qualità elevata dei beni che vendiamo negli Stati Uniti e gli ampi margini di profitto di alcune imprese potranno attenuarne temporaneamente l’impatto, ma un contraccolpo sarà inevitabile se vi sarà un forte rallentamento del commercio mondiale”.
Secondo le più recenti proiezioni dell’istituto, è prevista una espansione del Pil dello 0,6% nel 2025, dello 0,8% nel 2026 e dello 0,7% nel 2027. “Nell’intero triennio, la crescita economica è di 0,7 punti percentuali inferiore a quella stimata lo scorso dicembre”, ha aggiunto. “In Italia, il prodotto è cresciuto in misura marginale nell’ultimo trimestre dello scorso anno (0,1 per cento), dopo il ristagno nei mesi estivi. È venuto meno l’impulso delle vendite all’estero, diminuite per il quarto trimestre consecutivo, ma sono aumentati i consumi delle famiglie – ha proseguito Brandolini – secondo le nostre valutazioni, il Pil sarebbe aumentato anche nel primo trimestre del 2025. Il valore aggiunto sarebbe tornato a crescere nei servizi e sarebbe leggermente risalito nell’industria in senso stretto; sarebbe ancora aumentato nelle costruzioni, trainato dalla componente non residenziale“.
Bankitalia: “Finanziare il riarmo con risparmi o maggior entrate”
“Un aumento in disavanzo della spesa nazionale per la difesa va valutato nel contesto di finanza pubblica che ho appena delineato. Le maggiori erogazioni per la difesa avrebbero almeno in parte carattere strutturale, il che suggerisce di finanziarle anche con risparmi su altre voci di spesa o aumenti delle entrate”. Lo ha detto il vice capo del dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, Andrea Brandolini, in audizione alle commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato sul Dfp (ex Def).
“La spesa per la difesa in rapporto al Pil in Italia – ha aggiunto – è gradualmente scesa a partire dagli anni successivi alla fine della Guerra Fredda e, in base alle più recenti stime della Nato, nel 2024 era pari all’1,5% del Pil, inferiore al livello del 2% concordato nel 2014 dai partecipanti all’Alleanza atlantica”.
In generale, Bankitalia invita alla prudenza sui conti pubblici, considerato l’alto indebitamento e l’esposizione sui mercati. E spiegando che un ulteriore rallentamento della crescita, o aumenti dei tassi di interesse, potrebbero aggravare le stime del Piano strutturale di bilancio di medio termine sull’incidenza del debito.
Corte dei Conti: “Nel Dfp indicazioni limitate”
Per una disamina del quadro offerto dal Dfp “manca non solo lo sviluppo programmatico (inciso dalla difficoltà di definire al momento una ricostruzione puntuale delle necessità in gioco), ma anche un dettaglio informativo determinante su diversi capitoli della politica finanziaria di breve e medio periodo”. Lo afferma la Corte dei Conti in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Documento di finanza pubblica 2025.
“Sono limitate le indicazioni sulla composizione della spesa per settori, non vi sono elementi e indicazioni adeguate sulle modifiche su cui si sta lavorando per il ridisegno del Pnrr, mancano indicazioni sulle scelte che ci si propone di assumere sul fronte della spesa per il settore della difesa – prosegue l’intervento – Elementi che rendono difficile valutare la tenuta del quadro complessivo e la sua coerenza con quelle che sono le priorità dell’azione di governo”.
Upb: “Nel triennio crescita inferiore a stime Mef”
“Le previsioni (del Mef e del governo, ndr) sul Pil del Dfp 2025 (0,6 per cento per il 2025 e 0,8 per i due anni successivi) sono in linea con l’Ufficio parlamentare di bilancio per quanto riguarda l’anno in corso. Per il successivo triennio invece le attese dell’Upb sono più caute, per uno stimolo della domanda interna lievemente inferiore alle stime Mef. La crescita cumulata del Pil 2025-’28 raggiunge 3 punti percentuali nello scenario del Mef, mentre per l’Upb sarebbe più contenuta (al 2,7 punti percentuali)”.
I dazi Usa impatteranno, tenendo conto anche degli effetti indotti, su quasi tutti i settori dell’economia, con una perdita a livello aggregato di valore aggiunto dello 0,3%, mettendo a rischio circa 68 mila occupati. Lo dice in audizione l’Ufficio parlamentare di bilancio. A risentirne maggiormente sarebbero i settori farmaceutico, attività estrattive, automotive, prodotti chimici, attività metallurgiche e fabbricazione di macchinari, tutti mediamente più esposti verso gli Stati Uniti come mercato di sbocco o con dazi più elevati. Ne risentirebbero però anche le imprese di servizi professionali, secondo le simulazioni dell’Upb, quali quelli della pubblicità, della progettazione immobiliare e della gestione del personale.
Upb sulle spese per la difesa
“L’attivazione della clausola di salvaguardia concessa dall’Ue per il rafforzamento del settore della difesa potrebbe determinare un ritardo nell’uscita dell’Italia dalla procedura per deficit eccessivi”. Lo sottolinea l’Upb nella relazione presentata in audizione sul Dfp. Nello scenario con utilizzo limitato della flessibilità, il disavanzo di bilancio rimarrebbe superiore al 3% del Pil nel 2026 e si ridurrebbe sotto tale limite solo nel 2027.
Brunetta (Cnel): “È la terza crisi globale del millennio”
“La prima è stata quella dei subprime, con una risposta inadeguata dell’Europa, fatta di scelte di sangue, sudore e lacrime, volute dalla Germania di Angela Merkel. La seconda, la pandemia da Covid-19, ha rappresentato invece un punto di svolta positivo con la scelta coraggiosa del debito comune europeo, all’altezza del ‘sogno europeo’. La crisi attuale è ancora più insidiosa”. Lo ha detto il presidente del Cnel, Renato Brunetta. Dal documento, che fotografa un momento antecedente all’introduzione delle nuove tariffe sul commercio, il dato che emerge sull’Italia è di crescita flebile in un quadro di solidità strutturale.
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