Biopsia liquida e tissutale: così il test doppio migliora la sopravvivenza nei tumori avanzati

Un test è meglio di niente, ma due sono molto meglio. È quello che emerge dal Rome Trial, uno studio presentato al congresso dell’American Association for Cancer Research (AACR 2025), che mostra come i pazienti oncologici con tumori avanzati abbiano risultati nettamente migliori se ricevono una terapia personalizzata basata su alterazioni genomiche rilevate sia nella biopsia tradizionale (dal tessuto tumorale) sia in quella liquida (dal sangue).

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Sopravvivenza triplicata

La differenza è notevole: nei pazienti in cui i due test concordano, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 12 mesitriplica, passando dal 9,1% con la terapia standard al 27,2% con quella mirata. Anche la sopravvivenza globale migliora: 11 mesi, contro i 9,9 mesi di chi ha solo la biopsia tissutale positiva e i 4 mesi di chi ha solo quella liquida. “La profilazione genomica serve a individuare mutazioni del tumore che possono essere bersaglio di farmaci specifici – spiega Paolo Marchetti, Direttore Scientifico dell’Idi-Irccs di Roma e presidente della Fondazione per la medicina personalizzata –. Ma non è ancora chiaro quale tipo di biopsia sia più affidabile nella pratica clinica”.

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Le differenze tra le due tecniche

Le due tecniche hanno pro e contro. La biopsia tissutale è precisa ma invasiva e fotografa solo una parte del tumore. La liquida è semplice e meno invasiva, ma può non rilevare mutazioni se il tumore non rilascia abbastanza Dna nel sangue. Morale: se i due test si parlano, la terapia funziona meglio. “Capire la discordanza tra biopsia liquida e tissutale è una delle grandi sfide dell’oncologia di precisione – dice Marchetti –. Ogni sede tumorale può esprimere mutazioni diverse. E se analizzi solo una zona, rischi di perderti pezzi importanti del puzzle”.

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Il Rome Trial: numeri e risultati

Lo studio ha coinvolto 1.794 pazienti con tumori solidi avanzati, arruolati tra il 2020 e il 2023. Ogni paziente è stato sottoposto sia a biopsia liquida che tissutale. In 400 casi sono state rilevate alterazioni “actionable”, cioè trattabili con terapie a bersaglio molecolare. In quasi la metà dei pazienti (49,2%), i due test hanno trovato le stesse mutazioni (gruppo T+L). Nel 34,7% le alterazioni erano presenti solo nel tessuto, nel 16% solo nel sangue. Nel gruppo T+L trattato con terapia mirata, la sopravvivenza globale (OS) media è stata di 11,05 mesi, contro i 7,7 del gruppo con terapia standard.

La sopravvivenza libera da malattia media è stata di 4,93 mesi, contro i 2,8 mesi della terapia convenzionale. Il rischio di progressione si è ridotto del 45% e il tasso di risposta è stato del 20%, quasi il doppio rispetto all’11,8% del gruppo standard. “Questi numeri ci dicono che la doppia profilazione è più efficace nel selezionare i pazienti giusti per la terapia giusta – sottolinea Marchetti –. La concordanza tra i test segnala che il tumore esprime la stessa mutazione in più sedi. Questo ci dà maggiore fiducia nella scelta del trattamento”.

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Quando i test non coincidono

E quando i test non sono d’accordo? I risultati sono più deboli. Chi aveva solo la biopsia tissutale positiva ha avuto una sopravvivenza globale di 9,9 mesi; chi solo la liquida, appena 4. Anche la sopravvivenza libera da malattia scende: rispettivamente 3,06 mesi e 2,07 mesi. Le ragioni della discordanza sono diverse: in quasi la metà dei casi (43,3%) i due test rilevano mutazioni diverse. Altri fattori sono l’alto carico mutazionale, l’instabilità dei microsatelliti e in alcuni casi il semplice fallimento tecnico del test. I pathway più colpiti dalla discordanza? PI3K/PTEN/AKT/mTOR ed ERBB2. “Queste discrepanze ci raccontano quanto sia eterogeneo il tumore – continua Marchetti –. E quanto serva una strategia più ampia per affrontare la malattia in modo davvero personalizzato”.

Verso una nuova diagnosi di precisione

“Le informazioni biologiche che abbiamo ottenuto sono la base per migliorare le tecnologie di profilazione – conclude Marchetti –. Potremmo integrare i test con nuove piattaforme e sistemi di intelligenza artificiale, per aumentare sensibilità e specificità. L’obiettivo è chiaro: ridurre, o magari eliminare, la necessità di biopsie tissutali invasive”.

Una rivoluzione che, unendo i punti di forza delle due tecniche, potrebbe cambiare per sempre il modo in cui trattiamo i tumori avanzati. Con un semplice prelievo del sangue e l’analisi giusta, la medicina di precisione diventa più accessibile, mirata e, soprattutto, efficace.

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