Mara, da 7 anni con la sclerosi multipla: “Per me non è una condanna, ma una compagna di vita”
“Iniziai a sentire un leggero formicolio al braccio destro quando stavo seduta al pc. Essendo fisioterapista, pensai che potesse trattarsi di un’ernia cervicale. Ne parlai subito con il medico che mi prescrisse una risonanza magnetica cervicale: il verdetto del referto fu una doccia fredda”. Mara Violani, 50 anni, di Bergamo, comincia a raccontarci così come nel 2018 ha scoperto di avere la sclerosi multipla (Sm). A distanza di sette anni, ha deciso di parlare della sua esperienza con quella che oggi considera più una compagna di vita che una malattia.
Una testimonianza fatta all’inizio di smarrimento e sfide quotidiane, poi di forte consapevolezza delle sue capacità fisiche e mentali, determinazione nel continuare a essere protagonista della sua vita, e desiderio di trasmettere un messaggio positivo a chi si trova a vivere la stessa situazione.
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Il sospetto
“Leggere il referto della risonanza mi tolse il respiro – ricorda Mara, fisioterapista in una casa di cura dove coordina un servizio di terapie fisiche – Riportava che erano state evidenziate segni di placche di demielinizzazione e che erano necessari approfondimenti per possibili segni di sclerosi multipla”. Le placche demielinizzanti rappresentano un segno caratteristico di diverse malattie neurologiche, in particolare della Sm. Quest’ultima, infatti, colpisce il sistema nervoso centrale danneggiando la mielina, una sorta di guaina che isola e protegge le fibre nervose, e quindi la trasmissione rapida ed efficiente dei segnali nervosi, essenziale per il coordinamento motorio, le percezioni sensoriali e le funzioni cognitive.

La diagnosi in una sola settimana
Dopo una settimana di ricovero e tutti gli accertamenti, la diagnosi per Mara fu chiara: aveva la sclerosi multipla a ricadute e remissioni, la forma più comune che si manifesta con episodi acuti di peggioramento della funzione neurologica (ricadute), seguiti ciclicamente da periodi di ripresa parziale o completa (remissioni). “Mi sentii come se mi avessero ribaltata a testa in giù. Pensai di tutto, soprattutto di non essere più libera di fare ciò che volevo – racconta – Ma se da un lato ero confusa e turbata, dall’altro provavo un senso di sollievo per avere saputo nel giro di qualche settimana quale fosse con certezza la malattia che mi aveva colpito. Venni così dimessa con una specifica terapia farmacologica da seguire”.
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Riuscire ad ascoltarsi
Fu a questo punto che Mara decise di analizzare bene la situazione in cui si trovava. “Ho pensato a cosa potesse offrirmi ancora la vita, realizzando in modo molto chiaro di non aver perso niente – spiega – Davanti ad una diagnosi che all’inizio poteva sembrare una condanna, sono riuscita ad ascoltarmi e a capire quanto potessi ancora continuare a fare avendo cura di me e riponendo tanta fiducia nella medicina. In questo, essere fisioterapista mi ha sicuramente aiutata: da persona che cura gli altri mi sono ritrovata ad essere io persona da curare, con una diagnosi che mi ha spinto a cercare un ponte tra le due identità”.
Tanti pregiudizi da abbattere
Certo, all’inizio non è stato facile e tanto meno immediato, anche a causa dei pregiudizi che esistono nei confronti di una malattia che tanti non sanno bene cosa sia. In diverse situazioni ha sentito pacche sulle spalle, quasi come segno di commiserazione.
“Alcune persone mi vedevano già in carrozzina – racconta ancora Mara – Naturalmente, sono consapevole di quanto insidiosa e invalidante possa essere questa patologia, ma a chi mi ricorda che potrei peggiorare o che non c’è una cura risolutiva, rispondo che oggi non posso e non voglio ipotecare il futuro: resta lontana da me l’idea di considerare l’ipotesi negativa come quella più vicina a me. Rispondo anche che la ricerca medica va sempre avanti e che nel frattempo voglio vivere nel miglior modo possibile, con tutto quello che ho, facendo tutto quello che mi sento di poter fare, continuando ad essere protagonista della mia vita e pensando alla Sm come a una compagna che è parte di me”.
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Lo sport come terapia
Proprio per trovare benessere fisico e mentale, Mara dedica tanti momenti del suo tempo libero all’attività sportiva e alle sue passioni, come già faceva nella sua vita senza Sm. Muoversi tutti i giorni le porta benefici nell’allenamento, nella coordinazione e nella resistenza. Che sia padel, spinning, stretching, corsi a corpo libero o con attrezzi, ha trovato una routine sportiva che oggi riesce a sostenere e che la fa stare bene.
La scelta di uno stile di vita migliore
Quando poi le chiediamo se il suo stile di vita sia cambiato dopo la diagnosi, sorridendo ci risponde che è addirittura migliorato: ha smesso di fumare, segue con attenzione un regime alimentare sano, e non ha mai perso un giorno di lavoro. “Anche a livello mentale e sociale qualcosa è cambiato – sottolinea – Ho imparato a dare il giusto peso alle cose, a cogliere il lato positivo da tutto quello che mi circonda. Ho anche riallacciato legami di amicizia che prima della malattia si erano raffreddati”.
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Il contributo alla ricerca
Per contribuire in modo attivo alla ricerca di nuove terapie, Mara ha anche partecipato come volontaria a due studi clinici. Il primo all’Istituto San Raffaele, dove ha donato cellule epiteliali da cui derivare cellule staminali per individuare una cura contro le forme più gravi di Sm; il secondo all’Ospedale San Camillo del Lido di Venezia, dove i ricercatori stanno analizzando il collegamento tra cervello, microbiota intestinale e neurodegenerazione coinvolgendo persone sane, pazienti con Sm, Parkinson e demenza.
“Ho deciso di reagire in modo costruttivo a una diagnosi che avrebbe potuto gettarmi in un baratro, farmi cadere in depressione, farmi perdere quella luce frizzante e quella positività che ho di natura – conclude Mara – Faccio tutto ciò che è nelle mie capacità, partecipando in prima persona a progetti di ricerca e raccontando la mia esperienza. Non voglio far passare il messaggio che con la serenità e la positività si combatta qualsiasi malattia – precisa – ma sicuramente la sclerosi multipla ha contribuito a cambiare il mio sguardo sulle cose, sugli altri e su me stessa, e a scoprire di avere, come tutti, risorse personali inimmaginabili”.
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