Il foodtech progetta l’agricoltura del futuro
C’è chi promette di incrementare la produzione di microrganismi tramite le onde sonore, chi assicura di aver inventato il cioccolato del futuro, chi utilizza l’intelligenza artificiale per predire lo stress idrico delle colture. E sono solo alcune gocce nel mare delle idee a base foodtech. In un’epoca in cui il settore agroalimentare è chiamato a plasmare il proprio destino con un’impronta sempre più sostenibile, anche l’Italia si è messa in testa di voler fare la sua parte per rispondere alle sfide del settore, con soluzioni innovative e in alcuni casi anche audaci. Per migliorare la competitività di un’industria che gode di un prestigio universalmente riconosciuto.
Le cifre del foodtech
Mentre in tutto il mondo, Italia compresa, gli investimenti nelle matricole del settore impresa subivano una battuta d’arresto – principalmente a causa del rallentamento del venture capital (nel 2023 le masse investite sono scese del 35% a livello globale) – le startup nazionali del foodtech muovevano in senso contrario al generale andamento negativo. Lo confermano i numeri raccolti da Eatable Adventures, acceleratore specializzato tra i più grandi al mondo, che a marzo dell’anno scorso è sbarcato sul suolo italiano in un’iniziativa congiunta con Cdp Venture Capital, Fondazione Cariverona e UniCredit. Dal quartetto è nato l’acceleratore FoodSeed: quartiere generale a Verona e tesoretto iniziale di 15 milioni di euro.
Tornando alle cifre, l’anno scorso le iniziative del foodtech targato Italia hanno raccolto investimenti totali per circa 167 milioni, con un incremento del 10% rispetto al 2022 (152 milioni). Stiamo parlando di un comparto che oggi ha fondamenta solide su cui espandersi. Il totale delle startup foodtech presenti sul suolo nazionale è attualmente pari a 341 (un terzo in Lombardia, seguita a ruota da Emilia-Romagna, 11,1%, e poi Piemonte, Veneto e Lazio) e impiegano più di 4 mila dipendenti. I team sono prevalentemente compatti – il 69% ha una squadra compresa tra 1 e 5 dipendenti – e hanno porte spalancate al talento femminile: una su tre è stata fondata da donne. L’età media delle persone che vi lavorano è 35 anni.
Proprio dentro questo perimetro si stanno formando l’agricoltura e il modo di mangiare del domani. Non a caso, le idee si concentrano principalmente nel segmento produzione e trasformazione alimentare e sull’Agritech. Ad avviso di Stefano Molino di Cdp Venture Capital, «il forte ecosistema industriale, la cultura del cibo e la propensione all’imprenditorialità rende l’Italia il luogo perfetto per lo sviluppo di tecnologie in ambito agro-alimentare, volte ad affrontare i problemi che caratterizzano l’industria: la sostenibilità della filiera, lo spreco di cibo, la conservazione dei prodotti, l’inefficienza nell’utilizzo delle risorse».
Il caso Planet Farms
Volendo citare la più nota, la lombarda Planet Farms potrebbe essere il paradigma delle sfide su cui l’ecosistema del foodtech è al lavoro tramite le sue startup. Con 36,6 milioni di euro di investimenti raccolti, l’azienda di Cavenago Brianza ha realizzato l’orto verticale più grande d’Europa (tradotto: minor spreco di suolo) e ora i suoi prodotti sono in vendita tra gli scaffali dei supermercati. Ma dietro di lei c’è un pullulare di iniziative. Dentro FoodSeed ne sono germogliate già sette (e nei giorni scorsi sono state riaperte le ricerche per avviare nuovi programmi di accelerazione). Tra queste ci sono Foreverland, che ha sviluppato un ingrediente derivato dalla carruba che riduce le emissioni di CO2 dell’80% e il consumo di acqua del 90% rispetto alla produzione di cacao. La speranza dei fondatori è di aver inventato il cioccolato 3.0 e avrebbe anche il 50% in meno di zuccheri. Soonapase ha invece sfruttato l’intelligenza artificiale per costruire un sistema predittivo che comunica con cinque giorni di anticipo il livello di stress idrico delle colture. Ci sono poi gli applicativi di Regrowth, che permettono di monitorare gli animali al pascolo da remoto, e le onde sonore di Hypesound, che mirano a rivoluzionare il mercato della fermentazione e incrementare la riproduzione di microrganismi fino al più 300%.
«Siamo partiti dal “perché” è necessario innovare – spiega Alberto Barbari, program director di Eatable Adventures per FoodSeed – e adesso stiamo passando al “come” bisogna innovare, andando a settare gli obiettivi e misurandone l’efficacia. La costruzione di metriche solide e l’allineamento con la strategia aziendale risultano elementi chiave per ottenere un esito positivo in ambito open innovation».
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