I 100 anni di Mina Gregori. Festa per la storica dell’arte

«Sono contenta perché vi ricordate ancora di me. Io continuo a vivere perché ci siete voi». Con queste parole la signora di Caravaggio ieri ha tagliato il traguardo dei 100 anni. Mina Gregori, la decana delle storiche dell’arte, è stata festeggiata alla Fondazione Roberto Longhi di Firenze, quella dedicata al suo maestro, di cui è la legittima erede negli studi da più di mezzo secolo. Lei era lì, davanti al Ragazzo morso dal ramarro di Michelangelo Merisi, circondata dagli allievi di una vita e dalle nipoti Maria Cristina Bandera e Alessandra Gregori. Cristina Acidini, attuale presidente della Fondazione, ha fatto gli onori di casa, leggendo il messaggio di auguri del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e citando una lettera degli anni Sessanta in cui Longhi, ormai sulla soglia della pensione, raccomanda una futura allieva a «una persona di mia fiducia»: Mina Gregori, ovviamente. È il passaggio di un testimone che la “signorina” – come tutti la chiamano –, nata a Cremona il 7 marzo 1924, raccoglie per sempre.

Sul solco tracciato dal suo mentore che cambiò la storia dell’arte del Novecento, approfondisce l’opera di Caravaggio di cui scopre nuovi dipinti: dal Martirio di Sant’Orsola alla Maddalena in estasi e dedica al pittore maledetto una mostra fondamentale come Caravaggio e il suo tempo (1985), che consacra al Metropolitan di New York la fortuna mondiale dell’artista.

Ma Gregori ama intraprendere percorsi mai esplorati prima: si dedica alla cultura cremonese del Cinquecento, a Giovan Battista Moroni e al Seicento fiorentino. Il sostantivo che più ricorre tra gli ex studenti è “curiosità”. In 130 le hanno regalato il restauro in suo onore di cinque tele dell’amato Giovanni da San Giovanni, pittore che lei stessa ha contribuito a salvare dall’oblio della storia.

La nipote Maria Cristina Bandera ricorda i tanti viaggi insieme, tutte le Biennali di Venezia visitate dal dopoguerra in poi con i rispettivi cataloghi rigorosamente annotati. «È infaticabile – dice – nel 2015, con lei già ultranovantenne, visitiamo la mostra di Pierre Bonnard a Parigi. La fila, le ore… alla fine le dico: “Adesso usciamo?”. E lei: “No, ora si torna indietro perché così si fa”». Alla Fondazione Longhi, che Mina Gregori ha presieduto attivamente dal 1985 al 2021, si susseguono i ricordi. Di quelle lezioni itineranti, tra i monumenti degradati e l’architettura minore, i capitelli romani incastonati nelle case rurali. La signora di Caravaggio ha lanciato tra le prime l’allarme per la tutela del paesaggio e dei beni culturali italiani. In tanti, dopo essersi laureati con lei, sono entrati nelle soprintendenze. La Villa Il Tasso, sede della Fondazione Longhi è oggi salvaguardata grazie a lei, che ha curato e catalogato per anni la collezione di Roberto Longhi lì custodita, facendola conoscere anche al di fuori dei confini nazionali grazie ad allestimenti che hanno fatto il giro del mondo.

Bandera rievoca ancora il rapporto della zia con Firenze, città d’adozione, dove ha sempre insegnato. Le case: quella piccola in via Giotto, poi in via Ginori, infine l’ultima a Palazzo Capponi, scelta perché contigua all’Istituto tedesco dove poter «andare in pantofole». E poi le relazioni con i grandi: Longhi, Federico Zeri; le lunghe telefonate di Anna Banti a cui Mina rispondeva laconicamente: «Sì, Lucia, sì, Lucia (il vero nome di Banti era Lucia Lopresti, ndr)».

La professoressa Gregori sorride, ascoltando in silenzio. Riceve l’applauso, un mazzo di fiori e si concede un bicchiere per il brindisi finale. Ma, prima di congedarsi, lancia un messaggio agli studiosi di domani: «Studiate molto, coltivate la memoria, siate in grado di riconoscere le cose che avete davanti». A cento anni si arriva così.

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