Seno denso, la mammografia potrebbe non bastare
Mammografia con mezzo di contrasto e risonanza magnetica mammaria “rapida” (eseguita in appena 10 minuti) sembrano essere tre volte più efficaci rispetto all’ecografia nel rilevare tumori della mammella nelle donne con seno estremamente denso, e che avevano ricevuto un esito negativo con la mammografia. È quanto emerge dai risultati di un ampio studio clinico di fase tre pubblicato su The Lancet, a cui hanno partecipato più di 6mila donne.
Un secondo studio, uscito su Radiology, mette inoltre in luce l’efficacia della risonanza magnetica mammaria veloce, che sarebbe risultata paragonabile a quella tradizionale. La versione veloce riduce drasticamente le tempistiche necessarie per l’esame e per la lettura dei risultati, rendendo la tecnica potenzialmente accessibile a un numero superiore di donne.
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Cos’è il seno denso
Per seno denso alla mammografia si intende una mammella con una bassa percentuale di tessuto adiposo rispetto a quello ghiandolare e fibroso. Questa caratteristica costituisce un fattore di rischio per il tumore per due motivi: da un lato aumenta la probabilità di svilupparlo; dall’altro riduce l’efficacia della mammografia nel rilevare eventuali lesioni o noduli. Questo perché sia i noduli che il tessuto fibroso e ghiandolare hanno un aspetto simile quando esaminati tramite i raggi X.
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I limiti dell’ecografia mammaria
Proprio per questo motivo si può ricorrere ad altre tecniche di imaging, che possano essere utilizzate a complemento della mammografia convenzionale nelle donne che hanno questa caratteristica. Al momento un’indagine supplementare che viene spesso suggerita ed eseguita insieme alla mammografia è l’ecografia mammaria, che però non sempre risulta efficace, oltre a dipendere molto dall’occhio e dall’esperienza dell’operatore che la esegue.
Tre tecniche di imaging a confronto
Lo studio pubblicato su Lancet è il primo a mettere a confronto tre tecniche di imaging per quanto riguarda l’efficacia nel rilevare lesioni tumorali in donne con seno denso: l’ecografia, la risonanza magnetica veloce e la mammografia con mezzo di contrasto. Per la ricerca sono state inizialmente reclutate più di 9mila donne, di cui 6.305 hanno completato tutti gli accertamenti. Si tratta di donne di età compresa fra i 50 e i 70 anni, che presentano un seno denso e che avevano ricevuto un esito negativo dalla mammografia tradizionale.
La tecnica più efficace
Le oltre 6mila partecipanti sono poi state suddivise in tre gruppi, ciascuno sottoposto a uno dei tre esami di imaging. Nel gruppo sottoposto a risonanza magnetica veloce il tasso di rilevamento del cancro del seno è stato pari all’1,7%; nel gruppo sottoposto alla mammografia con mezzo di contatto (Cem) è stato dell’1,9%, mentre nel gruppo di pazienti sottoposte a ecografia è stato pari allo 0,4%. In tutti i casi, l’esito di queste indagini, ossia l’effettiva presenza del tumore, è stato confermato attraverso l’esame istologico.
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I dubbi sulle sovradiagnosi
Statisticamente ci si aspetterebbe di avere un’incidenza simile nei tre gruppi: il fatto che il numero di tumori rilevato nel terzo gruppo sia significativamente più basso rispetto agli altri due sembra suggerire che la risonanza magnetica veloce e la mammografia con mezzo di contrasto siano più efficaci dal punto di vista diagnostico. Anche perché, scrivono gli autori, consentono di individuare anche tumori di piccole dimensioni, un aspetto importante per la diagnosi precoce che permette di salvare vite.
Detto questo, gli autori sottolineano che saranno necessari ulteriori studi per valutare il rischio di sovradiagnosi (la scoperta di tumori indolenti, che non portano a decesso) potenzialmente legato a queste analisi supplementari, e per stabilire se l’utilizzo di queste tecniche in fase di screening porti effettivamente a una riduzione della mortalità del cancro al seno.
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Cos’è la risonanza magnetica veloce
Per quanto riguarda lo studio pubblicato su Radiology, come anticipato, gli autori hanno paragonato l’efficacia della risonanza magnetica (Rmi) “standard” con quella di un protocollo abbreviato nell’individuare lesioni tumorali della mammella, anche in questo caso in donne con seno denso e che avevano ricevuto un esito negativo dalla mammografia classica.
In generale, sappiamo che la risonanza magnetica mammaria è efficace in questi casi, tuttavia, richiede una procedura piuttosto complessa e costosa, che occupa a lungo macchinari e operatori. Per questo motivo, fino ad oggi si è rivelata difficile da implementare come procedura di screening, anche limitandola solo alle donne con seno denso o con mutazioni legate a tumori eredo-familiari.
Prestazioni simili alla risonanza standard
Il protocollo abbreviato testato in questo studio consentirebbe però di ridurre da 30 a 10 minuti circa la durata dell’esame. Soprattutto, dai risultati è emerso che il protocollo completo e quello abbreviato hanno un’efficacia paragonabile: “Il protocollo più breve ha dimostrato buone prestazioni, paragonabili a quelle del protocollo multiparametrico completo, pur essendo fino a quattro volte più veloce nell’acquisizione e fino a due volte più veloce nella lettura”, commenta Wouter Veldhuis, che ha coordinato lo studio ed è docente presso il Dipartimento di radiologia dell’Università di Utrecht (Paesi Bassi).
I vantaggi
Nel corso della ricerca, sette radiologi, ciascuno con un minimo di 16 anni di esperienza, hanno letto lo stesso set di esami di risonanza magnetica mammaria di screening con 4 sequenze diverse aggiunte in modo incrementale, per un totale di oltre 2mila letture. “La riduzione del tempo di esame e dei livelli di rumore migliora potenzialmente l’esperienza della paziente – continua Veldhuis – Inoltre, tempi di lettura e di scansione più brevi potrebbero consentire l’implementazione della risonanza magnetica nei programmi di screening nazionali, rendendola disponibile per tutte le donne con seni estremamente densi”.
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La situazione in Italia
La European Society of Breast Imaging (Eusobi) già raccomanda l’esecuzione della risonanza magnetica, sia tradizionale che breve, nelle donne con seno denso e per lo screening nelle donne ad alto rischio eredo-familiare. Inoltre, c’è una evidenza di alto livello sul fatto che, nei seni estremamente densi, la Rmi riduca i cancri-intervallo (che compaiono nel periodo tra due mammografie). Nonostante ciò, la Rmi per questo gruppo di donne non è stata adottata a livello di sistema sanitario. Perché? “Perché mentre la mammografia e l’ecografia sono tecniche di semplice esecuzione, accessibili, disponibili in numero adeguato su tutto il territorio nazionale e ben accette dalle pazienti, non possiamo dire altrettanto per la risonanza magnetica”, risponde Nicoletta Gandolfo, presidente della Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica (Sirm).
Per quanto riguarda la mammografia con mezzo di contrasto, o Cem, le performance sembrano addirittura superiori a quelle della risonanza magnetica per le donne con maggiore densità ghiandolare, e potrà essere molto più disponibile sul territorio continua l’esperta: “Basti pensare che i mammografi nuovi acquistati con il fondo del Pnrr sono tutti abilitati alla Cem. Non ci sono, inoltre, particolari controindicazioni all’esecuzione di tale indagine di secondo livello, che rimane di breve durata e sicuramente meglio accettata dalle pazienti”.
Gandolfo spezza però una lancia anche per l’ecografia: “Seppur operatore-dipendente, continua a costituire l’indagine di immediato approfondimento dopo una mammografia con seno misto, cioè non esclusivamente adiposo con una quota più o meno variabile di tessuto ghiandolare o denso. Soprattutto in paesi come l’Italia, dove esiste una rinomata e riconosciuta tradizione di attività diagnostica clinica ecografica, a differenza dei paesi anglosassoni presso i quali l’ecografia non viene eseguita come atto medico, ma come atto tecnico standardizzato, con risultati diagnostici nettamente inferiori”.
Anche la risonanza magnetica e la mammografia con mezzo di contrasto – sottolinea – necessitano di medici radiologi esperti e dediti alla senologia, per evitare soprattutto sovradiagnosi e di generalizzare i trattamenti. “Sarà sempre più importante – conclude Gandolfo – dotare i nostri mammografi di dispositivi di intelligenza artificiale, oggi già disponibili e certificati per uso clinico, che consentano, in base alla densità, di correlare il maggior rischio di incidenza e di insorgenza di tumori mammari in modo oggettivo e quantitativo, così da poter indicare le indagini di approfondimento diagnostico più appropriate e personalizzate per ciascuna paziente”.
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