G&B; Festival, Gilberto Pichetto Fratin: “Va bene il Green Deal ma serve realismo”
Il Green Deal è un’opportunità. E non si torna indietro, magari si deve aggiustare qualcosa. Ma serve realismo quando si scrivono norme molto ambiziose. È la sintesi della conversazione che abbiamo avuto con Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Che ha uno stile e toni più moderati della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che definisce “ideologico” l’accordo verde.
Ministro, che giudizio dà del Green Deal, ovvero la strategia per rendere l’Unione Europea la prima zona al mondo a impatto climatico zero entro il 2050?
“Gli obiettivi erano e sono corretti. Qualche anno fa si decise – come Ue – di essere i più avanti nel mondo negli obiettivi di decarbonizzazione. Tutto questo si trasformò, nella scorsa legislatura, in una serie di direttive e regolamenti indirizzati verso quell’obiettivo. Ma era un’altra epoca: non c’era la guerra in Ucraina e non c’era stato ancora il Covid”.
G&B Festival, Gilberto Pichetto Fratin: “Nucleare e rinnovabili per l’energia del futuro”
Quindi è il caso di rivederlo?
“Alcune azioni erano troppo ambiziose, altre sbagliate. Bisognava essere più realisti. Tra le norme sbagliate c’è la Fit for 55, ovvero quella che vieta la vendita di auto con motori endotermici a partire dal 2035. A distanza di cinque anni, si è rivelata una regola fuori luogo. Perché già oggi abbiamo motori endotermici a basso impatto. L’errore è stato concentrarsi sullo strumento e non sull’obiettivo, che è la riduzione delle emissioni. Lo dico nella convinzione che il motore elettrico sarà quello che farà maggiori avanzamenti nei prossimi anni; ma la politica non può scegliere uno strumento ignorando che la ricerca può dare anche altre soluzioni, come i motori a idrogeno”.
Bisognava puntare alla neutralità tecnologica?
“Esatto. Sia il governo Draghi che quello Meloni hanno combattuto una battaglia per la neutralità tecnologica perché l’Italia è un Paese che ha grandi produzioni di biocarburanti a bassissime emissioni”.
Ma c’è stata o no una visione ideologica nel disegno del Green Deal?
“Le politiche ambientali spesso non tengono in considerazione le esigenze dell’industria e chi decide ha sovente la visione solo del proprio Paese. E di conseguenza non ha un’idea completa delle 27 diversità europee, con redditi medi pro capite differenti o materie prime diverse da Stato a Stato”.
Al netto delle critiche alle norme, com’è messa l’Italia nel perseguimento degli obiettivi?
“In Italia, seppure con tante difficoltà, sugli obiettivi del Green Deal siamo tra i più avanti in Europa. Perché le nostre industrie vivono su produzioni che hanno come principale caratteristica la qualità del prodotto”.
G&B Festival, il ministro Pichetto Fratin: “Le rinnovabili da sole non bastano. Serve nucleare a microreattori”
La domanda di energia è destinata ad aumentare anche per un uso sempre maggiore della tecnologia come nel caso dell’intelligenza artificiale. L’Italia è attrezzata a reggere il cambiamento?
“Abbiamo una rete elettrica tra le migliori in Europa. Se il black-out in Spagna e Portogallo di qualche settimana fa è stato causato da un problema di frequenza – anche se l’inchiesta non è finita – noi oggi siamo in grado di garantire continuità con il termoelettrico. È chiaro che nel futuro dobbiamo arrivare a un mix di energie che diano la garanzia di essere regolabili: termoelettrico, idroelettrico (con modernizzazione), rinnovabili e il nucleare. Al contempo serve un forte investimento sulla rete primaria (quella di Terna) che a cascata deve portare investimenti dei gestori della secondaria”.
A proposito di nucleare, secondo la società di ricerca Eikon – tra i 16 e i 34 anni – il 56% degli italiani considera il nucleare “un’opzione energetica green più efficiente di molte altre”. Tornerà davvero il nucleare nel nostro Paese?
“Penso che sia una delle strade per produrre energia in modo continuativo e a zero emissioni. Il governo adesso ha il compito di disegnare il quadro giuridico e mettere il Paese nelle condizioni di prendere le scelte di un eventuale ritorno nella prossima legislatura. E poi c’è una questione da affrontare. Sul nucleare in Italia abbiamo alte competenze ma ci manca ancora tutta la parte bassa della filiera. Il saldatore di un reattore nucleare non può essere il mio idraulico che salda bene i tubi”.
Il ritorno al nucleare lo si farebbe per affrontare la crisi climatica. Eppure, nella maggioranza c’è ancora chi pensa che tale crisi sia un’invenzione. Non è giunto il momento di riconoscerla anche per discutere serenamente su come affrontarla?
“La crisi climatica c’è e ci sono emissioni che nuocciono alla salute come la qualità dell’aria nelle grandi città o, per esempio, nella Pianura Padana. C’è una necessità di intervenire. Ma, al tempo stesso, dobbiamo considerare che abbiamo bisogno di energia se vogliamo restare tra i Paesi ricchi del mondo”.
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