Con i barbari di Baricco comincia la festa dei nostri (quasi) 50 anni
Quasi cinquanta. Il 14 gennaio del 2026 Repubblica festeggerà un compleanno tondo e importante. Il giornale che nel 1976 grazie al fondatore Eugenio Scalfari compì la rivoluzione – abolì la terza pagina portando la cultura al centro del giornale, inventò il formato moderno del quotidiano riducendolo rispetto al tradizionale lenzuolo – «ha l’innovazione nel suo dna», come dice Ezio Mauro, direttore per vent’anni dopo Scalfari.
La festa è già cominciata: ogni giorno un articolo gratuito per i lettori sul nostro sito – la rubrica R50 – e, ieri, un grande evento alla Repubblica delle Idee a Bologna. Mauro e il direttore Mario Orfeo hanno spiegato perché quella spinta, in una stagione nuova, in un mondo completamente cambiato, resta la stessa. E lo hanno fatto anche attraverso le parole di Alessandro Baricco. Lo scrittore di Oceano mare e The Game, in una lunga intervista a Raffaella De Santis proiettata sul maxischermo alle loro spalle e disponibile sul nostro sito, ha raccontato l’esperienza de I barbari, uno degli esperimenti più spericolati e coraggiosi nel quale il quotidiano ha creduto. Una serie a puntate che nel 2006, quando ancora gli smartphone non erano nelle tasche di ognuno di noi, provava a raccontare cos’era la rivoluzione digitale alle porte.
Un azzardo – pagine senza titolo, collocate ogni volta in una sezione diversa, illustrate con i disegni di Gipi – che testimoniano quella che Baricco chiama «lo scatto», «lo strappo in avanti», «la capacità di andare un po’ più veloce degli altri che è di Repubblica». Baricco racconta di quando propose questa «infiltrazione inaspettata di un lungo pensiero» a Ezio Mauro durante un pranzo. «Volevo chiamare questa serie Le mutazioni – racconta – fu Ezio Mauro a suggerire I barbari perché barbaro è chi parla una lingua che non capiamo. Mi causò qualche problema, sembrava una caccia alle streghe, ma come sempre aveva ragione lui».
L’idea era quella che di fronte a un nuovo paradigma, quello digitale, non bisognava aver paura ma «surfare». Per l’ultima puntata Baricco chiede e ottiene di andare sulla muraglia cinese «perché dimostrava che erigere muri per tenere fuori qualcosa è inutile». Quei muri che, ha ricordato Orfeo, «Repubblica ha sempre cercato di abbattere». Sperimentando. Nella lunga intervista, lo scrittore parla delle nuove frontiere di questa rivoluzione, dai social che sono arrivati inaspettati – «Steve Jobs non pensava che avrebbe avuto un profilo Instagram» – all’Intelligenza artificiale che «non potrà mai scrivere libri belli perché le manca l’irripetibilità dell’essere umano». E invita a non averne paura.
Repubblica ha deciso di affrontare le nuove sfide stringendosi attorno alla comunità dei lettori e delle lettrici «come abbiamo fatto qui alla Repubblica delle Idee in una edizione straordinaria», ha detto Orfeo. Il mondo fa paura? Sì, ma dice Mauro «il giornale ti condanna all’ottimismo: è una scommessa sul domani».
E l’ottimismo viaggia anche sulle gambe dei giornalisti di domani. Ieri alla Repubblica delle Idee, è stato assegnato un premio che è speranza, memoria ma anche futuro. Annachiara Mottola di Amato, della scuola di giornalismo di Perugia, ed Ettore Saladini della Iulm di Milano, sono i due giovani giornalisti che hanno vinto la borsa di studio intitolata al fondatore di Repubblica che permetterà loro di fare un’esperienza di sei mesi in redazione.
A selezionare i vincitori una giuria formata da Enrica e Donata Scalfari, che hanno consegnato il premio, Mario Orfeo, l’amministratore delegato di Gedi Corrado Corradi, la vicedirettrice Stefania Aloia, Valentina Desalvo, Simonetta Fiori e Corrado Augias.
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