Nel cuore di un deserto mediorientale, tra sabbia e silenzio, si muove una creatura inquietante e affascinante: un drone a forma di ragno, progettato per sorvegliare un oleodotto. Ma dietro quell’occhio meccanico si nasconde molto più di un semplice sistema di sicurezza. Dall’altra parte del mondo, in una cabina di controllo americana, Gordon osserva. E sogna.

Da questo scarto geografico ed emotivo nasce Eye on Juliet, film sorprendente e visionario di Kim Nguyen, che ribalta le convenzioni del cinema bellico e le trasforma in un racconto di connessione e speranza.

Nguyen, già autore del potente Rebelle, qui sposta l’attenzione dalla guerra alla solitudine, dalla sorveglianza al sentimento, immaginando un futuro in cui la tecnologia, anziché dividere, può diventare ponte.

Il protagonista Gordon, emotivamente alla deriva dopo una delusione amorosa, si ritrova coinvolto nella storia di Ayusha, una ragazza prigioniera delle tradizioni, promessa in sposa a un uomo che non ama. Tra loro, come unico contatto, il drone: uno strumento di controllo che si fa tramite, voce, presenza invisibile ma salvifica.

Eye on Juliet incanta per la sua originalità: è fantascienza senza effetti speciali roboanti, è romanticismo senza cliché, è denuncia sociale senza retorica.

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Il film tocca corde intime e universali, riflettendo su temi attualissimi come la sorveglianza globale, la libertà personale e il potere dell’empatia.

Se il finale rischia una virata più prevedibile, resta il fascino di un’opera che osa guardare oltre, con lo sguardo di un drone e il cuore di un uomo.

Il protagonista Gordon è interpretato da Joe Cole, noto per Peaky Blinders, mentre Ayusha ha il volto dell’intensa Lina El Arabi. Diretto da Kim Nguyen, Eye on Juliet è stato presentato in anteprima alle Giornate degli Autori di Venezia.