Giancarlo De Cataldo. Pasticciaccio brutto al ristorante stellato

Ma povero Manrico. Dopo tanti misteri risolti, il pubblico ministero romano – nome completo Manrico Leopoldo Costante Severo Fruttuoso Spinori della Rocca dei conti di Albis e Santa Gioconda – si è concesso finalmente un mese estivo di vacanza in quel di Sabaudia, con il figlio Alex e la matriarca ludopatica donna Elena. Tra sole, mare, tressette, bistecche innaffiate di barolo, vuole proprio godersi un po’ di sacrosanta pace.

Il bel gioco però dura poco: viene richiamato in servizio per un’indagine che, partita da uno strano incidente in un ristorante stellato, si complica più che mai. E per lui è impossibile sottrarsi. Non solo per innato senso del dovere, che pure non gli manca. Ma perché a riportarlo al centro dell’azione è un altro magistrato (ora a riposo) che di nome fa Giancarlo De Cataldo, e che ne tiene in pugno il destino: è infatti il suo signore e padrone, autore della serie di romanzi che lo vede protagonista.

Chi ha letto i cinque libri precedenti della saga sa che lo scrittore è particolarmente affezionato a Manrico, pm melomane che risolve intricate matasse attraverso i parallelismi con le opere liriche. Lo si capisce dal tono con cui ne racconta le avventure: bonario, ironico, piacevole come le sensazioni che trasmette al lettore già dalle primissime pagine. Scanzonato quanto basta per non oscurare né la parte più strettamente crime delle storie, né la rutilante vita privata del personaggio. E Un cadavere in cucina, appena uscito per Einaudi Stile libero, non fa eccezione a queste regole.

Stavolta dunque il nostro eroe, mentre si prepara a una rilassante serata marina con colonna sonora di Mozart, Verdi e Wagner, è costretto a tornare alla realtà, sotto forma di telefonata del procuratore Gaspare Melchiorre (i nomi, nelle opere di De Cataldo, sono sempre importanti) che lo convoca nella capitale. Motivo, un pasticciaccio brutto in un tempio del cibo stellato chiamato Controcorrente: un colonnello dell’esercito, durante la cena, ha dato di matto, in evidente stato allucinatorio, così come altri avventori. Ed è poi morto in ospedale, facendo scattare il richiamo in servizio del “contino” Spinori. Soprannominato così per le origini nobiliari, e spesso assegnato a crimini che coinvolgono i potenti. E questo lo è: a gestire il ristorante è lo chef star Cesare Marini, amato dai politici, fino a poco prima giudice del programma tv per aspiranti cuochi I Re Mangi (vi ricorda qualcosa?).

Questa è la premessa dell’indagine. E di più non diciamo per evitare spoiler, ottavo peccato capitale dell’epoca social, o comunque per non guastare il piacere della scoperta. Riferiamo solo due sensazioni forti, ricavate dalla lettura del romanzo. La prima è che, pure se in tono sorridente, il libro racconta la realtà in cui viviamo, e Roma in particolare: dal fanatismo gastronomico dei «nouveaux philosophes del fornello», con annesse relazioni tossiche in cucina, alle ingerenze dei servizi segreti (tema che appassiona De Cataldo); dalla sanità pubblica eternamente sotto organico alle discriminazioni verso persone di altre etnie, anche se con la cittadinanza italiana. Il secondo elemento forte è la descrizione precisa, quasi entomologica, di un microcosmo che lo scrittore conosce bene: quello giudiziario. Con gli uffici semideserti d’estate e senza aria condizionata, le derattizzazioni di ambienti vetusti, le interpreti di tribunale non pagate, la burocrazia dei timbri, gli alti dirigenti ossequiosi con il potere. Elementi che fanno spiccare, per contrasto, la generosità di molte delle persone che ci lavorano. Come Manrico, ovviamente. O come l’ispettora ruspante Deborah Cianchetti, lavoratrice infaticabile e con tanta voglia di riparare alle ingiustizie.

Per il resto, Un cadavere in cucina va assaporato (la metafora gustativa qui ci sta tutta) pagina dopo pagina: dall’antipasto, la vacanza a Sabaudia, al dessert, la soluzione del mistero. Visto il momento in cui libro è uscito, lo segnaliamo come lettura estiva. Ma così divertente e così appassionante da rivelarsi perfetta in tutte e quattro le stagioni. Quelle di Vivaldi, direbbe sicuramente Manrico.

Il libro

Un cadavere in cucina, di Giancarlo De Cataldo, Einaudi Stile libero, pagg. 240, euro 18

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