Gestire il futuro con il wealth management

Le economie nel mondo stanno invecchiando, con la crescita dell’aspettativa di vita e il calo della natalità. Il trend favorisce l’espansione della Silver economy, un comparto trasversale a diverse industrie – come sanità, tecnologia e turismo – che risponde alle esigenze degli over 65. Questo mercato si è allargato con la longevity economy, che abbraccia le attività legate all’aumento della durata della vita delle persone. In questo contesto, è stato coniato il termine longennial, che non si limita a indicare solo quei baby boomer attivi e dinamici che non vogliono lasciare il mondo del lavoro e sono in cerca di nuove sfide e opportunità. “Il fenomeno della longevity è stato inizialmente inquadrato sulle persone in età avanzata con una prolungata prospettiva di vita. Tuttavia, questo non deve essere collegato semplicemente a un concetto di vecchiaia, ma di diverso sviluppo nel tempo dei momenti chiave del proprio ciclo di vita”, ci spiega Giovanni Andrea Incarnato, Italy Wealth & Asset Management Sector Leader EY. E quindi, i wealth manager devono rispondere ai bisogni che cambiano.

“Ad oggi possiamo definire ‘longennial’ già gli individui nei loro 40-45 anni che devono necessariamente iniziare a pianificare il proprio futuro nella terza età non solo dal punto di vista pensionistico, ma anche in considerazione di altri bisogni”. A cominciare dal fronte dei risparmi e della salute. L’allungamento delle prospettive di vita potrebbe comportare un periodo più prolungato di sostentamento economico post-pensionamento, che potrebbe essere caratterizzato anche da maggiori spese sanitarie, legate ad esempio a cure e assistenza domiciliare o in struttura per l’insorgenza di malattie senili. Inoltre, per imprenditori e professionisti che decidono di rimanere nel mercato del lavoro anche oltre l’età pensionabile, è fondamentale aggiornare le competenze e gestire il passaggio generazionale in azienda. Altre esigenze riguardano il tempo libero, con la necessità di servizi che favoriscano una vita attiva, come l’offerta di esperienze culturali e ricreative su misura.

Per rispondere a questi bisogni, “i wealth manager dovrebbero svolgere un ruolo di ‘partner di benessere’, superando la logica della consulenza per prodotto, anche per via del forte rapporto di fiducia che si instaura con i loro clienti”, ci dice Incarnato. E quindi fornire il loro aiuto non solo a livello patrimoniale, ma in diversi ambiti, tra cui salute, lavoro e tempo libero. “Sul piano finanziario, i modelli dei wealth manager stanno cambiando, per considerare un periodo di decumulo superiore a quello di 10-15 anni del passato: questo comporta l’adeguamento dell’asset allocation, ma anche l’impegno a sfatare i bias cognitivi dei clienti, ancora poco consapevoli della necessità di sostenersi per un periodo più prolungato”, chiarisce l’esperto.

Inoltre, la pianificazione integrata in ottica di longevità deve garantire la copertura di eventuali spese sanitarie, cure e servizi di assistenza che potrebbero aumentare in considerazione di un percorso di vita più lungo. In più, con la tendenza a rimanere nel mondo del lavoro dopo i 65 anni, si allunga anche la fase di accumulo: i clienti più anziani – imprenditori o professionisti – desiderano continuare a dare il loro contributo in azienda, e i wealth manager possono supportarli in diversi modi, ad esempio: gestendo i passaggi generazionali; offrendo opportunità di aggiornamento; aiutandoli a ricollocarsi e a rimettere in circolo le loro expertise. La consulenza può riguardare anche il tempo libero, con la proposta di attività ed eventi sulla base degli interessi dei clienti. “La sfida per il futuro è quella di estendere questi servizi – di cui godono i clienti più patrimonializzati – a un bacino più ampio, comprendendo anche individui con minori masse in gestione”.

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