Disturbi del comportamento alimentare, +30%. E casi già a 8 anni
“Nessuno dice no alla pasta, tranne chi resiste ogni giorno, ora, minuto come me”. “Questo piatto vorrei che non finisse mai, al contrario delle mie giornate”. “Ne potrei mangiare dieci, cento, mille senza riempire il vuoto che sento”. Metti una sera a cena, in un ristorante a Roma, dove le pietanze vengono servite in piatti speciali creati per farci entrare nei pensieri di chi ha un disturbo alimentare, facendoci capire quanto il rapporto distorto con il cibo sia legato ad un profondo disagio interiore.
Seconda causa di morte tra gli adolescenti
È l’obiettivo dell’iniziativa ‘Disordini nascosti’, una collezione di piatti sviluppata grazie al contributo dei professionisti del gruppo Kos e illustrata dall’art director Francesca Tucci realizzata nella settimana della Giornata Nazionale dei Disturbi Alimentari che si celebra il 15 marzo. Disturbi che, purtroppo, sono in aumento soprattutto tra gli adolescenti, per i quali le diagnosi correlate ai disturbi dell’alimentazione e della nutrizione rappresentano in Italia la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Attualmente sono circa tre milioni in Italia le persone che soffrono di uno dei disturbi del comportamento alimentare che si manifestano sempre più precocemente.
Disturbi in aumento del 30%, anche tra i giovanissimi
Secondo i dati del Ministero della salute, c’è stato un aumento del 30% di casi, soprattutto tra i giovanissimi. Mentre negli anni 2000 gli esordi della patologia si manifestavano fra i 16 e i 20 anni, oggi l’età si è notevolmente abbassata, con diagnosi a partire già dagli 8/10 anni e pazienti ricoverati a soli 12 anni, quando i bambini sono in uno dei periodi più delicati della loro crescita evolutiva. Si è passati dai 680.569 nuovi casi del 2019 ai 1.680.456 nuovi casi del 2023 con un incremento nella popolazione maschile (nella fascia tra i 12 e i 17 anni il 20% è maschio).
Anoressia: boom di ricoveri tra i maschi e sono sempre più giovani
Quanto si muore per i dca
Dati preoccupanti anche perché di disturbi alimentari si può morire. In Italia, solo lo scorso anno, il numero di decessi con diagnosi correlate ai disturbi dell’alimentazione e della nutrizione (anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata) sono stati complessivamente 3.780, con una variabilità più alta nelle regioni dove sono scarse o addirittura assenti le strutture di cura (Campania, Sardegna, Sicilia, Puglia) con una età media di 35 anni.
Alto tasso di suicidio
“Le conseguenze di questi disturbi sono depressione, limitazione della vita sociale e lavorativa, compromissione di apparati cardiaco e gastrointestinale, osteoporosi, morte per arresto cardiaco o suicidio. Le cause di morte sono collegate alle complicanze mediche e all’alto tasso di suicidio”, sottolinea Laura Dalla Ragione, psichiatra, direttrice della Rete Disturbi del Comportamento Alimentare presso la Usl 1 dell’Umbria, docente del Campus Bio-Medico di Roma nonché direttrice del numero verde “SOS Disturbi alimentari” 800180969, istituito a Todi dalla Presidenza del Consiglio e dall’Istituto Superiore di Sanità.
Quando sedersi a tavola è un incubo
Anoressia, bulimia, binge eating, ma anche vigoressia, ortoressia, pica (mangiare carta, argilla o altre sostanze non alimentari) non sono semplicemente questioni legate al cibo o al peso, ma piuttosto manifestazioni esterne di conflitti interni, paure e desideri inespressi. Dietro ogni comportamento, c’è una storia personale complessa, un desiderio di controllo in un mondo percepito come incontrollabile, un tentativo di comunicare dolore attraverso il linguaggio del corpo. “L’esordio di questi disturbi nella maggior parte dei casi è in adolescenza e spesso è di tipo anoressico. Nel tempo però alle restrizioni si possono alternare comportamenti di eccesso alimentare in un circolo vizioso che mina la fiducia del soggetto nel trovare un contatto reale con il proprio corpo che lo renda capace di ‘sentire’ sensazioni ed emozioni”, spiega Flaminia Cordeschi, psicoanalista e presidente Dai – Disturbi Alimentari in Istituzione – Associata Fida – Federazione Italiana Disturbi Alimentari.
Se il disturbo alimentare arriva da adulti
Nonostante il trend sia quello dell’abbassamento dell’età di insorgenza dei disturbi alimentari, a volte l’inferno a tavola riguarda anche gli adulti, come testimonia la storia di una donna di circa 60 anni che fa la compositrice. Fino a 30 anni non ha mai avuto nessun problema con l’alimentazione, poi piano piano è iniziato un vortice che l’ha portata all’anoressia fino ad arrivare ad un Indice di Massa Corporea di 12 (quindi gravemente sottopeso). È tutt’ora in cura in una struttura dedicata. “In effetti, ci sono anche casi di esordio in età adulta in momenti di passaggio: genitorialità, eventi traumatici come lutti o malattie, momenti di bilancio esistenziale”, conferma Cordeschi. “In generale, il disturbo alimentare si presenta soprattutto nei momenti della vita che richiedono una difficile riorganizzazione dell’identità. Non a caso, gli anni dell’emergenza Covid sono stati molto difficili”.
Carmen Di Marzo, l’attrice di ‘Mare fuori’: “Ero depressa da adolescente, capisco i ragazzi ma uscirne si può”
Come riconoscere i segnali
Purtroppo, la diagnosi arriva spesso in ritardo, dopo almeno 2-3 anni dall’inizio della patologia ed è accompagnata quasi sempre da una forte resistenza alle cure. Ci sono segnali da cogliere in famiglia? “Il cuore di ogni disturbo alimentare, anche se si presenta come un attacco al corpo, è la ricerca di una soluzione al proprio disagio interno”, risponde Cordeschi. “Tra i campanelli d’allarme più frequenti ci sono la modificazione di cosa e quanto si mangia, un forte controllo ossessivo del peso e dell’immagine corporea che spesso si accompagna a isolamento e distanziamento emotivo, un eccesso di attività fisica o di attività in generale (di studio o lavoro) che toglie lo spazio per ascoltare le emozioni”.
Mettersi in ascolto
Per riuscire a cogliere in tempo i segnali di un disturbo e intervenire tempestivamente serve attenzione: “Familiari e amici devono cercare di mantenere una comunicazione basata sull’ascolto, senza giudicare o contrastare forzatamente il disturbo alimentare perché rischiano di aumentare la gestione autoritaria del corpo da parte di chi ne soffre”, spiega Cordeschi. “Non va avallata l’identità patologica, ma vanno sostenuti i profili identitari evolutivi favorendo l’inizio di un percorso di cura. Farlo presto è essenziale per guarire velocemente”.
L’anoressia nervosa nei ragazzi
Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista della Canadian Medical Association, tre maschi su mille vanno incontro ad anoressia nervosa nel corso della vita e accade soprattutto agli adolescenti. Secondo i ricercatori, un maschio anoressico ha una probabilità di morire 6 volte più alta del resto della popolazione. Alcuni adolescenti sono particolarmente a rischio: atleti che praticano sport mirati al potenziamento della forma fisica e della forza muscolare; ragazzi che appartengono a minoranze etniche e razziali; adolescenti gay, bisessuali, transgender e queer. “Il fatto che di anoressia soffrano prevalentemente le ragazze – spiega Cordeschi – non toglie che anche tra i ragazzi questa patologia sia sempre più frequente, come pure la bigoressia, l’ossessione per il tono muscolare e l’allenamento sportivo estremo che coinvolge la dieta”.
Come aiutare il ragazzo anoressico
Considerata la difficoltà di comunicare con gli adolescenti di sesso maschile, come capire che qualcosa non va e riuscire ad intervenire? “E’ importante non essere giudicanti nei loro confronti e tenere a mente il loro tentativo di ricerca identitaria per affiancarli nella richiesta di un aiuto psicologico. Chiedere aiuto vuole dire superare la vergogna che si prova per come si è, fisicamente e psicologicamente”, risponde Cordeschi. Le linee guida raccomandano che il primo intervento sia il Trattamento basato sulla famiglia (Family Based Treatment); la maggior parte dei maschi adolescenti anoressici può essere gestito come paziente esterno tuttavia, in alcuni casi, è necessaria l’ospedalizzazione.
I centri di cura e il Fondo nazionale
La rete degli ambulatori multidisciplinari in Italia è ancora presente in modo troppo disomogeneo sul territorio italiano: delle 126 strutture censite nel 2023 dall’Istituto Superiore di Sanità, il maggior numero dei centri (63) si trova nelle regioni del Nord (20 in Emilia-Romagna e 15 in Lombardia), al Centro se ne trovano 23 (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria), 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia). “Per fortuna – commenta Dalla Ragione – il governo Meloni ha deciso di rifinanziare per il 2025 il Fondo nazionale per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, ma attendiamo ancora di vederli inseriti nei Livelli essenziali di assistenza”.
Il ruolo delle associazioni
È possibile rivolgersi anche ad associazioni non-profit che indirizzano verso terapie a costi contenuti, come nel caso della Dai, Disturbi Alimentari in Istituzione, che opera prevalentemente a Roma ed è in rete con altre associazioni attraverso la Federazione Italiana Disturbi Alimentari. “Il nostro approccio – spiega Cordeschi – è multidisciplinare, integrato, a orientamento psicoanalitico, basato su un’équipe che include psicoanalisti, psichiatri, nutrizionisti, endocrinologi. Nella fase di valutazione cerchiamo di costruire un progetto terapeutico specifico per ogni paziente, considerando la storia personale e la specifica funzione psichica che il disturbo sta svolgendo per lui in quel momento. Definiamo le priorità d’intervento e in genere è necessario il coinvolgimento dei familiari nel percorso di cura”.
Social Fame
Le informazioni sui disturbi del comportamento alimentare e soprattutto le fake news che possono incentivare l’insorgenza di questi disturbi viaggiano prevalentemente online e sono spesso senza controllo. “Sono a portata di tutti App per il conteggio calorico o il dispendio energetico, e anche il semplice utilizzo dei social media ha un’influenza sull’autostima e contribuisce a cambiare l’immagine corporea di chi ne fa uso, determinando un aumento di sintomi depressivi, l’interiorizzazione di ideali di magrezza, pratiche di monitoraggio del corpo. Il tempo trascorso sui social media e lo sviluppo di disturbi alimentari appaiono quindi fortemente correlati”, aggiunge Dalla Ragione, autrice insieme a Raffaela Vanzetta del libro Social Fame. Adolescenza, social media e disturbi alimentari (Il pensiero scientifico editore).
Un bollino lilla per certificare i siti sui Dca
Proprio per tenere a bada l’informazione che viaggia online, a seguito dell’audizione in Senato per l’esame dei disegni di legge 599-990, in materia di disturbi del comportamento alimentare, è stata avanzata una proposta: “Per arginare l’informazione scorretta, un’ipotesi di lavoro è quella di creare un bollino lilla, ovvero un sistema di certificazione per i siti che trattano gli aspetti dell’alimentazione anche in ambito delle patologie, che identifichi quelli sicuri ed attendibili, che accettano specifiche regole di condotta, concordate ed approvate da un’apposita Commissione, in modo che possano informare correttamente e diano sostegno alle persone affette da disturbi dell’alimentazione”, spiega Adolfo Bandettini di Poggio, direttore medico psichiatria del Gruppo Kos che affianca il Servizio Sanitario Nazionale grazie alla presenza capillare sul territorio di circa 100 posti letto accreditati per la cura dei disturbi alimentari.
‘Disordini nascosti’ nel piatto
Mettendo al centro le storie dei pazienti, le loro sensazioni e il loro malessere, è nata l’iniziativa ‘Disordini nascosti’, una collezione di sei piatti, che racconta come le cause dei disturbi alimentari siano, a tutti gli effetti, da ricercare nella mente. Ogni piatto permette di entrare nei pensieri patologici di chi ha un disturbo alimentare, facendoci capire quanto il rapporto distorto con il cibo sia legato a un profondo disagio interiore. Per questo, il 13 marzo, nella settimana della Giornata Nazionale dei Disturbi Alimentari, i tavoli del Pastifico San Lorenzo a Roma sono stati apparecchiati con piatti creati ad hoc per l’occasione con l’obiettivo di sensibilizzare la stampa, le istituzioni e il grande pubblico sulla complessità dei percorsi di cura e riabilitazione, che un paziente con questi disturbi deve affrontare.
Consulti gratuity da Food for Mind
Tra le iniziative per la Giornata del Fiocchetto Lilla, Food For Mind, la più diffusa rete per la cura dei disturbi alimentari d’Italia, presente in 20 città diverse, per tutto il mese di marzo, apre le porte permettendo ai cittadini di accedere liberamente e gratuitamente presso tutte le sedi per avere una diagnosi corretta e consigli rapidi ed efficaci per favorire una presa in carico rapida ed efficace.
“Una diagnosi precoce e una iniziale presa in carico, insieme all’inizio immediato del trattamento è fondamentale, perché attraverso la possibilità di cominciare subito le cure multidisciplinari, affidandosi ad una struttura che abbia un background professionale specifico per i disturbi alimentari, migliora la prognosi”, dichiara lo psichiatra Leonardo Mendolicchio, direttore scientifico e founder di Food For Mind, che mette in rete, l’Istituto Auxologico di Piancavallo per il trattamento dei Dca sia per gli adulti che per i minori e del centro ambulatoriale, Lo Specchio Dan di Domusnovas, in Sardegna, centro residenziale e semiresidenziale di eccellenza, che accoglie pazienti provenienti da tutta Italia e Food For Mind Italia, che garantisce la gestione ambulatoriale degli stessi, con la sua massiccia presenza sul territorio nazionale.
Condividi questo contenuto: