‘Folle d’amore’, Laura Morante è Alda Merini: “Una donna piena di poesia”

Giovedì 14 marzo va in onda su Rai 1 Folle d’amore, il film tv sulla poetessa Alda Merini, candidata al Nobel, interpretata da Laura Morante. Diretto da Roberto Faenza, il film ricostruisce l’articolata vicenda di vita della poetessa, un lavoro reso possibile dalla collaborazione delle quattro figlie di Merini e delle sue nipoti.

La storia

Nata a Milano nel 1931, Alda Merini non riuscì a entrare al Liceo Manzoni perché non superò il test di italiano. Frequentò i tre anni di avviamento al lavoro presso l’Istituto professionale femminile Mantegazza. Nel film tv la incontriamo prima studentessa (interpretata da Sofia D’Elia) che si rifugia nella poesia, poi donna adulta (con il volto di Rosa Diletta Rossi). Seguiamo il legame con Giorgio Manganelli, poi le nozze con Ettore Carniti, con una serie di eventi che lasciano bene intendere quanto fosse distante dai canoni della classica madre/moglie. Dopo una serie di episodi finisce in manicomio. Tra un ricovero e l’altro, undici anni di inferno. “È il racconto meno conosciuto — ha spiegato Rosa Diletta Rossi — Non era semplice immaginare il suo strazio, è stato utile leggere le sue poesie”. Mariano Rigillo interpreta il poeta Michele Pierri, l’ultimo marito.

Laura Morante e le voci

Laura Morante veste i panni di Alda Merini nella fase adulta della sua vita con la sigaretta tra le dita, le unghie smaltate di rosso, la bigiotteria vistosa. “All’inizio avevo un po’ paura perché non solo è un personaggio reale – ha dichiarato l’attrice a Repubblica – ma è una persona che tutti ricordano, molto presente in televisione. La somiglianza fisica non è evidente, come imitatrice faccio abbastanza schifo e in più sono toscana, non milanese. E però Roberto mi ha detto: cerco un’interpretazione, troveremo un modo. Mi aveva colpito che aveva un modo particolare di parlare, come se stesse sempre ascoltando una voce. È talmente vero questo che ci sono interviste che ti rimangono impresse, e in altre è una donna banale. Quando non era ispirata, non sentiva la voce, improvvisamente quello che diceva non era così interessante. Prima di entrare in scena — continua — ascoltavo le interviste. E poi ho cercato di evocarla più che imitarla. Se l’interpretazione è riuscita, vuol dire che Alda Merini mi ha dato una mano. Avrà detto: “Aiutiamola ‘sta poverina””.

Il regista e il manicomio

Della realizzazione del film ha parlato anche il regista Roberto Faenza: “È una donna che ha sofferto per la sua malattia ma non è stata solo quello. Piena di verve, sarcasmo e ironia, ha saputo trasmetterli nelle sue poesie. Non ci interessava raccontare Merini malata ma Merini piena di poesia e di voglia di vivere”. Del suo ricovero in manicomio ha parlato invece Rosa Diletta Rossi: “Il manicomio ne ha ristretto le capacità fisiche e la volontà ma anche lì è riuscita a rimanere una donna beffarda e ironica, con una follia d’amore enorme”. Sarà poi la scrittura a salvarla.

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