“Il governo italiano è miope e l’azienda ne risente servono campioni europei”
Milano — Andrea Colli è professore di storia economica all’Università Bocconi di Milano ed esperto del settore dei semiconduttori. Con lui cerchiamo di capire le ragioni alla base del caso politico che sta scoppiando tra Italia e Francia per il caso Stm. C’è la sensazione che quando ci sono gli stati a controllare le società la macchina aziendale ne risenta. «Diciamo che più è alto il peso degli stati rispetto a quello del mercato degli investitori istituzionali, maggiore è la probabilità di invasione della politica nelle decisioni aziendali», osserva Colli. Nel caso di Stm il governo italiano non gradisce la riconferma dell’attuale presidente e ceo Jean-Marc Chery perché sta privilegiando investimenti in Francia a scapito dell’Italia. «Bisogna fare un passo indietro. Credo che sull’industria dei semiconduttori in Europa sia scoppiata una tempesta perfetta. Un settore che sonnecchiava è venuto alla ribalta per motivi geopolitici, con lo scontro Usa-Cina a cui l’Europa ha deciso di reagire stanziando enormi fondi (il Chips Act da 43 miliardi di euro), per portare la quota europea di produzione globale di chip dal 10 al 20% entro il 2030. E d’un colpo Stm, che nel suo capitale ha due azionisti pubblici di peso, si trova stretta tra questi e gli obbiettivi di profitto chiesti dagli investitori istituzionali».
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Due spinte che rispondono a logiche diverse. Ma il management sembra aver indirizzato più risorse verso la Francia. «In una logica di razionalizzazione degli investimenti e per andare verso la frontiera tecnologica il management ha deciso di chiudere la divisione automotive e portare risorse a Grenoble dove c’è un ambiente tech favorevole. C’è la centrale nucleare, il Politecnico e l’indotto. Ma questa decisione colpisce politicamente il governo e lo human capital italiano», osserva Colli.
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Di qui la decisione del governo Meloni di mettersi di traverso sulla conferma di Chery. Giusto o sbagliato? «A mio parere il governo italiano ha una visione un po’ miope, vede solo la parte che gli interessa vedere. L’automotive non è una produzione di chip all’avanguardia. Bisogna tenere in conto che il 72,5% del capitale di Stm è sul mercato». I fondi badano soprattutto ai profitti e quindi potrebbero essere favorevoli alle scelte dell’azienda. «Se portano maggiore efficienza e maggiore profittabilità alla società penso di sì», dice Colli. «L’obbiettivo comune dovrebbe essere la creazione di un campione europeo che sia in grado di attirare capitali finanziari e capitale umano per inseguire i colossi del sud est asiatico». Ma in questo modo non c’è il rischio di dipendere troppo da logiche di profitto? «Il caso Stm mi ricorda quello Airbus. Per anni francesi e tedeschi si sono dati battaglia perché non volevano perdere produzioni nazionali di pezzi che poi venivano assemblati con una logistica costosissima. La disputa si è risolta quando il ceo è riuscito a ridurre la presenza dei governi nel capitale guadagnando indipendenza nel fare concorrenza a Boeing».
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