Zanzare e West Nile, ecco perché la disinfestazione adesso non serve
Un altro morto a Latina di West Nile e il Lazio che diventa regione con più casi. Proprio nelle aree pontine, quelle che un tempo erano paludose, si stanno avviando disinfestazioni a tappeto per evitare la proliferazione delle zanzare, vettore unico della malattia. Il punto è che – scientificamente – non ha alcun senso. Perché siamo andati oltre il tempo ritenuto efficace per la disinfestazione, oltre di almeno 4 mesi. “Adesso è assolutamente inutile, perché fuori tempo massimo. Come tutte le disinfestazioni che si programmano adesso per il timore peraltro ingiustificato del West Nile. Aprile è il mese per agire”.
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Andrea Crisanti, microbiologo di fama e senatore Pd, è ritornato al suo vecchio amore, le zanzare, che ha studiato e continua a studiare – sebbene part time – nei laboratori dell’Imperial College di Londra dove sono avvenute molte delle scoperte che lo scienziato racconta nel suo libro Reazione genetica a catena, capovolgere le regole dell’evoluzione (edizioni Il Mulino) che dettaglia i progressi compiuti dai ricercatori di tutto il mondo nella lotta alla malaria – malattia veicolata da zanzare del tipo Anopheles, che ancora oggi uccide seicentomila persone al mondo all’anno, soprattutto bambini – dell’utilizzo della tecnica Crispr e del gene drive per puntare a rendere sterili le zanzare portatrici di malattia in modo che non si possano riprodurre.
La zanzara comune
West Nile, così come Usutu, è invece veicolato dalla Culex, la zanzara comune, quella presente in tutta Italia e che punge in genere dal tramonto all’alba. “La maggior parte delle infezioni da West Nile è asintomatica – premette Crisanti – e la mortalità è per fortuna bassissima, 1-2 morti su diecimila, prevalentemente anziani e debilitati, ricordiamoci che la Dengue uccide 2-3 persone su 100 e che in Italia i casi sono ormai autoctoni. Per la prima volta abbiamo avuto 80-100 casi autoctoni di Dengue, e ci sarà certamente una ragione, che però nessuno studia. I cambiamenti climatici possono favorire la diffusione dei vettori della malattia ma non credo sia solo una questione climatica e una epidemia di Dengue può invece mettere in ginocchio il sistema sanitario”.

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Ma perché le disinfestazioni adesso non hanno impatto sulle malattie da vettore? “I portatori di arbovirus sono gli uccelli migratori – continua Crisanti – che passano ad aprile nella parte a Nord della nostra penisola. Le zanzare li pungono e si infettano e da infette possono poi pungere altri uccelli, infettando anche quelli sani. Dagli uccessli passano poi a cavalli o uomini. Con le trappole per le zanzare che gli Istituti zooprofilattici piazzano ad aprile siamo in grado di capire se c’è il virus e in che quantità in modo da poter agire molto precocemente, riducendo con la disinfestazione il numero delle zanzare infette, ma anche quello degli uccelli infetti perché evitiamo che vengono infettati. Adesso è troppo tardi. Il Veneto, che è una delle zone più a rischio per il delta del Po, ha lavorato bene: se l’istituto zooprofilattico delle Venezie ha censito solo l’1% di zanzare infette vuol dire che hanno fatto i trattamenti prima”.
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Adesso con i trattamenti si può al massimo ridurre il numero delle zanzare, ma l’infezione corre già perché gli uccelli sono infetti. Come difendersi? “Bisogna educare la popolazione all’uso dei repellenti perché adesso l’impatto sulle zanzare è bassissimo. In Italia abbiamo le maggiori competenze scientifiche nel settore delle malattie da vettore ma non ci sono soldi. E non ha senso che il Lazio spenda un milione di euro adesso per la disinfestazione dalle zanzare, bisogna bloccare il virus negli uccelli: se uccidi le zanzare il mese dopo le hai di nuovo perché gli uccelli sono infetti. La prevenzione delle malattie da vettore non può essere demandata ai singoli, servono azioni coordinate e soprattutto supportate da razionale scientifico”.
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