Carceri, governo diviso: FI chiede riforme, no di Delmastro. Garanti contro Nordio
Il dramma carceri spacca il governo. Esplodono a destra, nelle ore più calde (in tutti i sensi), le divergenze sulla strategia da adottare per sovraffollamento e suicidi. “Meno chiacchiere, più autocritica”, è la ruvida sveglia di ferragosto che fa suonare Forza Italia, a firma del deputato Calderone, contro i meloniani. Ma il sottosegretario Delmastro tiene il punto. Mentre anche FdI è divisa al suo interno.
Il partito di Tajani: servono riforme
Non si è ancora spento lo scontro tra via Arenula e le opposizioni sul report dei troppi morti in prigione, arrivati a quota 148, stilato tre giorni fa dal Garante nazionale e subito ridotto a una retromarcia dal governo – “Ma non esiste un allarme suicidi, siamo nella media”, era stata la piccata e contestatissima reprimenda del Ministero – che ora la polemica si riacutizza tutta nel campo della maggioranza.
“Nessuna riforma sulla custodia cautelare. Nessuna riforma sulle misure alternative e sulla liberazione anticipata”, ma ora “occorre mettere mano alle riforme”, preme in una nota polemica l’azzurro Tommaso Calderone: che chiede appunto “autocritica, e meno chiacchiere” per il popolo dei disperati. Anche perché , argomenta, “è passato un altro anno, continuiamo ad assistere a decine di detenuti che si suicidano. Non abbiamo risolto il problema e sono i freddi numeri a dirlo”.
Ma FdI respinge gli attacchi: nessun provvedimento svuotacarceri, nessun cedimento. E anche se Forza Italia è spinta a ritoccare i toni più aspri con una seconda versione più soft, e lo sbianchettamento delle parole “chiacchiere” e “autocritica”, segue comunque la replica del sottosegretario alla Giustizia Delmastro.
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Ma FdI insiste: nessun allarme
“Non è all’ordine del giorno”, per il meloniano Delmastro, “qualsivoglia misura che eroda la certezza della pena e, in una maniera o nell’altra, che non risponda alle esigenze di giustizia per le vittime dei reati e di sicurezza per i cittadini”. Anzi, il sottosegretario – il cui peso avrebbe influito sulla nota accusata di “vergognoso cinismo” tre giorni fa – rilancia: “Stiamo realizzando un piano carceri con 750 milioni di euro di investimenti, cifra mai vista in Italia, già finanziata per recuperare 10.000 posti mancanti. Sono nato circa 50 anni fa, quando c’era già il sovraffollamento e mancavano circa 10.000 posti detentivi. Oggi ne mancano sempre 10mila. E tutti i provvedimenti svuota-carceri si sono rilevati fallimentari”.
Ma la destra, e la stessa FdI , non può certo vantare compattezza sul tema. Basti dire che il presidente La Russa da mesi preme pubblicamente per accogliere invece la proposta di legge Giachetti, sull’ampliamento della liberazione speciale anticipata, riscuotendo già a maggio l’adesione plateale di FI, che con il viceministro Francesco Paolo Sisto disse: “Se accade, non saremo noi a storcere il naso”. Sostegno anche da un’altra figura apicale, come il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, di area Lega.
L’affondo dei garanti regionali
Ma intanto la frattura è sotto gli occhi di tutti. E gioca sulla sofferenza di quasi 70mila detenuti. Non a caso sono scesi in campo, solo poche ore fa, tutti i garanti regionali con il portavoce Samuele Ciambriello: esprimendo “il più profondo sconcerto per le esternazioni” del Ministero che “negava l’esistenza di un allarme sociale”. Una posizione, aggiunge Ciambriello con Repubblica, dal coordinamento della Conferenza nazionale dei Garanti territoriali, “che è stata ripresa successivamente da una integrazione di un solo esponente del collegio del Garante nazionale. Portando avanti la tesi che la riduzione di poche unità dei suicidi, rispetto a picchi precedenti, può rappresentare ‘un possibile miglioramento delle condizioni detentive o dell’efficacia delle misure di prevenzione adottate’. Ecco, sono parole di una gravità inaudita. Mai si era riusciti a spaccare il fronte del collegio del garante nazionale: che, in ossequio alla Costituzione, entra quotidianamente in carcere e constata le gravi carenze del sistema. Dalla fatiscenza delle strutture alla carenza del personale; dall’inadeguatezza delle prestazioni sanitarie all’impossibilità di realizzare con continuità progetti educativi, e il preoccupante e crescente livello di sovraffollamento”.
L’ultimo suicida, un 17enne
E la tragedia non si arresta. Tutto avviene mentre c’è un altro detenuto che si toglie la vita a Treviso: è il più giovane di un insostenibile elenco, un 17enne di origini tunisine che ha usato i jeans per impiccarsi, nell’istituto penale minorile della città .
Ed è morto dopo tre giorni di agonia in ospedale. Sarebbe, per la formale contabilità del Dap, il 49esimo suicidio, forse il 50esimo dall’inizio dell’anno ad oggi. Ma, poiché quel ragazzo è spirato in un reparto sanitario, quel decesso, come gli altri 30 della stessa ‘casistica’ , resterà burocraticamente in conto alla casella “morti per cause da accertare”, senza il rischio così di appesantire e sfondare il tetto di chi continua a togliersi la vita nei penitenziari italiani. Denuncia
Susanna Marietti, coordinatrice nazionale e responsabile dell’osservatorio sulla giustizia minorile di Antigone: “A partire dal Dl Caivano, c’è un sovraffollamento mai esistito prima anche nelle carceri minorili con un approccio sempre più punitivo, al posto di quello educativo. Abbiamo raccontato di crescenti tensioni, e visto l’abuso di psicofarmaci. Non possiamo perdere i ragazzi così giovani. Non possiamo vederli morire in carcere”
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