“Guardi la cascata nel visore”. E il dolore passa come con i farmaci

Un viaggio virtuale tra le cascate dell’Oregon – o tra le nostre Dolomiti – potrebbe presto diventare una prescrizione medica per aiutare a mitigare il dolore cronico. È quanto emerge da una ricerca condotta da un gruppo di scienziati dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, e pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Pain, che ha dimostrato come l’esposizione prolungata a paesaggi naturali attraverso la realtà virtuale possa ridurre la sensibilità al dolore di quasi il doppio rispetto alle terapie tradizionali basate su video bidimensionali.

Lo studio, finanziato dall’Academy of Medical Sciences e guidato da Sam Hughes, professore in Neuroscienza del dolore a Exeter, ha coinvolto 29 volontari sani sottoposti a un particolare protocollo sperimentale per simulare gli effetti del dolore cronico. I risultati hanno mostrato che l’esperienza immersiva in realtà virtuale ha avuto un effetto simile a quello dei farmaci analgesici, che è durato per almeno cinque minuti dopo la fine dell’esperienza in realtà virtuale.

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La natura diventa una medicina (digitale)

Il dolore cronico, definito come un dolore che persiste per più di tre mesi, rappresenta una delle sfide più complesse della medicina moderna. La realtà virtuale si sta già affermando come strumento terapeutico in diversi contesti clinici e con risultati molto incoraggianti: diversi pazienti, sottoposti a trattamenti di questo tipo, hanno infatti riportato riduzioni significative del dolore e miglioramenti nella qualità del sonno.

La scelta delle immagini: posti impraticabili

La ricerca condotta a Exeter si distingue per aver scelto accuratamente gli ambienti virtuali da utilizzare. I partecipanti sono stati immersi per 45 minuti in un filmato a 360 gradi delle cascate del Trail of Ten Falls in Oregon, un ambiente naturale selezionato appositamente per massimizzare gli effetti terapeutici. “Abbiamo visto crescere l’evidenza scientifica che l’esposizione alla natura può aiutare a ridurre il dolore quotidiano a breve termine”, ha spiegato Hughes, “ma finora non si sapeva bene se meccanismi di questo tipo potessero funzionare per le persone che vivono con dolore cronico o a lungo termine. Inoltre, non tutti sono in grado di fare passeggiate nella natura, in particolare coloro che vivono con condizioni di salute a lungo termine come il dolore cronico”. E qui entra in gioco la realtà virtuale, che consente di “visitare” posti altrimenti impraticabili per chi soffre di questa condizione.

Il segreto è “sentirsi presenti”

La scoperta più interessante riguarda il ruolo cruciale della “presenza” nell’esperienza virtuale. I ricercatori hanno infatti osservato che maggiore era la sensazione di essere “presenti” nel luogo dell’esperienza, sotto le cascate, più forte era l’effetto antidolorifico. Questo elemento distintivo separa nettamente la realtà virtuale dalle tradizionali tecniche di distrazione: non si tratta semplicemente di “pensare ad altro”, ma di creare una vera e propria immersione psicofisica in un ambiente terapeutico. Le scansioni cerebrali effettuate sui partecipanti hanno rivelato i meccanismi neurologici alla base di questo fenomeno. I ricercatori hanno infatti scoperto che le persone con una connettività più forte nelle regioni cerebrali coinvolte nella modulazione delle risposte al dolore hanno sperimentato meno dolore. In particolare, lo studio ha identificato il ruolo chiave della connessione tra l’insula anteriore e il talamo, aree cerebrali fondamentali per la regolazione autonoma e il controllo del dolore.

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Una nuova frontiera terapeutica?

I risultati appena pubblicati, dicono gli autori del lavoro, aprono prospettive concrete per l’applicazione clinica di questa tecnologia. La dottoressa Sonia Medina, coautrice dello studio presso l’University of Exeter Medical School, sottolinea: “Pensiamo che la realtà virtuale abbia un effetto particolarmente forte nel ridurre l’esperienza del dolore perché è molto immersiva”, ha spiegato Sonia Medina, co-autrice dello studio. “Ha creato nei pazienti la sensazione di essere presenti nella natura, e non a caso abbiamo scoperto che l’effetto di riduzione del dolore era maggiore nelle persone per le quali quella percezione era più forte. Speriamo che il nostro studio apra la strada a ricerche più approfondite per indagare ulteriormente come l’esposizione alla natura influisce sulle nostre risposte al dolore, così che un giorno questo approccio possa essere usato in tutti i contesti in cui è necessario un trattamento del dolore”.

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