Tra Ayuso e la UAE di Pogacar è finita. E lo spagnolo attacca: “Nel team c’è una dittatura”
Tra Juan Ayuso e la UAE Emirates-Xrg sta finendo malissimo. Il talento spagnolo cambierà squadra a fine 2025 e il team di Pogacar si è affrettato nel primo giorno di riposo della Vuelta a farlo sapere al mondo intero, prim’ancora di coinvolgere nella tempistica dell’ufficializzazione lo stesso Ayuso (la scadenza naturale del contratto era il 2028). Al raduno di partenza della decima tappa della Vuelta, Ayuso ha parlato a ruota libera dei suoi rapporti con la UAE, definendo la gestione del team “dittatoriale”.
“La UAE è una dittatura”
“Mi sarebbe piaciuto concludere bene la mia avventura con la squadra, ma non è possibile quando hai a che fare con una dittatura e con un esercizio unilaterale di potere” ha esordito Ayuso ai microfoni dei giornalisti al raduno. “Voglio dire a tutti che non sono d’accordo con la dichiarazione rilasciata della squadra: ieri è uscito un comunicato attorno alle sette di sera e io sono stato avvisatosolo alle sei e mezza, quando c’erano giornalisti che già sapevano da ore che il comunicato sarebbe stato emesso. Avevamo concordato che sarebbe stato reso pubblico dopo la Vuelta, per non compromettere nulla a livello sportivo, né l’atmosfera di squadra, né i nostri compagni. Bisogna chiedere loro perché è uscito ieri, perché è stato così improvviso e senza preavviso. Ovviamente ho le idee chiare sul perché l’hanno fatto, per cercare di danneggiare di nuovo la mia immagine, come peraltro conferma il comunicato, con cui non sono d’accordo. E quando l’ho fatto notare, mi hanno risposto che la prima stesura era molto peggiore e che quindi dovevo esserne contento”.
La tremenda rajada de Juan Ayuso recogida por el micrófono de @qiglesias #LaVueltaEnCOPE pic.twitter.com/Nzh8tjeiEk— COPEdaleando (@Copedaleando) September 2, 2025
“Mancanza di rispetto”
“Hanno parlato di valori e unità” ha proseguito Ayuso “e queste sono cose con cui sono completamente d’accordo. Hanno anche approfittato di alcune parole spiacevoli di Almeida: io ho parlato con João e si è scusato. Io voglio aiutarlo, ma domenica non stavo bene e lui ha capito. Ma quando si tratta di una mancanza di rispetto dopo l’altra da parte della dirigenza della squadra, diventa anche difficile legare e volersi integrare. Per rispetto dei miei compagni di squadra e dei bei momenti trascorsi con loro nel corso degli anni, vorrei concludere questa Vuelta a España nel miglior modo possibile, e sono molto felice che lo sappiate anche voi. Il prossimo anno sarà un anno bellissimo, un nuovo inizio, e sono felice. Il rapporto con i miei compagni di squadra, incluso Almeida, nonostante tutte le chiacchiere, è buono: Joao merita tutto il supporto che posso dargli ed è quello che cercherò di fare. Mi sarebbe piaciuto concludere bene anche con la squadra, perché è quello che abbiamo cercato di fare durante le trattative prima della Vuelta, ma a volte sembra che non sia possibile quando si ha a che fare con una dittatura”.
Fine di una storia
Finisce così un rapporto che non è mai stato di vero amore. L’ancor giovane Ayuso, 22 anni, talento da grandi gare a tappe con già 15 vittorie alle spalle (l’ultima la scorsa settimana alla Vuelta, a Huesca), non ha mai legato con la dirigenza del team e ha sempre mostrato insofferenza verso i compiti di gregariato. Proverbiale, nel 2024, una sua “assenza” nel treno della UAE per Pogacar sulla salita del Galibier. Partito capitano all’ultimo Giro d’Italia, si è dovuto piegare alla forza del suo compagno di squadra Isaac Del Toro e si è poi anche ritirato. Alla Vuelta fa corsa a sé, fuori dalle logiche di squadra: in tre giorni di fila sui Pirenei, nell’ordine, si è staccato, ha vinto una tappa e infine non è stato di minimo aiuto per Almeida, in lotta per la generale. Sullo spagnolo ci sarebbe la corte spietata della Lidl-Trek.
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