Dwayne Johnson, da “Fast & furious” alle tenerezze di “The smashing machine”

Venezia – The smashing machine, la macchina distruttrice. Mark Kerr è stato, alla fine degli anni Novanta, uno dei primissimi lottatori nella storia della UFC (Ultimate Fighting Championship), la tecnica di combattimento che mescola arti marziali diverse e il wrestling. La sua storia, di vittorie e di sconfitte, ma soprattutto di profonda trasformazione interiore, è al centro del film in concorso di Benny Safdie, in sala il 19 novembre.

The smashing machine, la storia del lottatore Mark Kerr raccontata da Dwayne Johnson

Gli presta volto, ma soprattutto corpo da lottatore e sentimenti, Daywne Johnson, ex The Rock, che mette a servizio del film il suo passato da wrestler, il suo retaggio familiare e la volontà di dimostrare principalmente a se stesso di essere in grado di fare più dei film d’azione (Fast & Furious), cinefumetti (Black Adam) e commedie Disney (Oceania). È il primissimo festival internazionale per Johnson, l’emozione è palpabile, non riesce ad accendere il microfono in conferenza stampa, si scusa ridendo: “È la mia prima volta”.

“Il film non è una questione di vincere e perdere ma racconta la pressione che c’è in questo mondo – spiega l’attore che per il ruolo ha fatto una trasformazione fisica impressionante – quando la vittoria diventa la tua nemica. L’incontro con Mark ha cambiato la mia vita, ricordo quando l’ho conosciuto, era il nostro eroe. Il wrestler per me è stata una grande opportunità di crescere, amavo la sua energia bombastica e mi piacevano le folle ma ho capito che quel tipo di sensazione, quelle farfalle che Mark sentiva prima di salire sul ring, poteva diventare una dipendenza. Mark è riuscito con la sua forza a disintossicarsi, a superare i problemi con la fidanzata Dawn”.

Accompagnano il film alla Mostra di Venezia anche lo stesso Mark Kerr, che appare alla fine del film, ed Emily Blunt che interpreta Dawn. “The smashing machine non è un film su combattimenti – dice Johnson – ma è una storia d’amore, quella tra Mark e Dawn e quella tra Mark e il wrestling e la battaglia che ha fatto per superare le sfide che la vita gli ha messo davanti”.

Johnson viene da una famiglia di lottatori e in qualche modo anche la sua esperienza familiare lo ha aiutato a entrare in quel mondo: “Mio padre era un wrestler ben prima dell’esplosione del fenomeno, a 13 anni viveva per strada e la sua capacità di amare era limitata. Mi ha tirato su con durezza e so bene cosa significa essere una donna che sacrifica tutto, i propri sogni e la propria vita, per stare accanto a uno come Mark o mio padre. Il personaggio di Emily rappresenta l’idea di sacrificio perché quando questi lottatori vincono e perdono, accadono cose belle ma anche brutte, è un film su uomini spezzati dal dover mantenere una certa immagine di macho e che dentro nutrono una grande vergogna per i loro fallimenti”.

Negli ultimi venticinque anni da quando ha iniziato la carriera cinematografica con La mummia, Johnson è diventato una star da blockbuster. A chi gli ha chiesto se questo film voleva essere un modo per dimostrare di essere qualcosa di più di un attore da blockbuster risponde: “Più che altro volevo provare qualcosa a me stesso. Ormai Hollywood è il boxoffice a determinare chi sei, a volte quando ti incasellano in un determinato ruolo è difficile capire di cosa sei capace. Ho fatto tanti film, mi sono divertito, alcuni sono andati molto bene, altri meno ma io avevo un desiderio che bruciava in me, una voce che mi interrogava: e se potessi fare altro? Emily e Benny hanno creduto in me e così ci ho creduto anche io. La verità è che ho cominciato a chiedermi: sto vivendo il mio sogno o il sogno di qualcun altro? Le cose vanno bene ma forse è il momento di fare quello che voglio veramente e provare a trovare un posto dove mettere tutte le esperienze intense e crude che ho avuto nella vita. E questo è stato possibile grazie alla storia di Mark Kerr”.

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