Alzheimer, uno studio italiano indagherà sugli effetti protettivi dell’olio di oliva

L’olio d’oliva è una sorta di “pietra angolare” della cucina mediterranea, l’ingrediente comune di molte ricette italiane e non solo. Dato che la dieta mediterranea è considerata da molti esperti come una preziosa alleata della salute, da tempo i suoi componenti sono sotto i riflettori della ricerca scientifica, con l’olio extravergine d’oliva (Evo) in prima fila.

Gabriella Testa, ricercatrice Airalzh (Associazione Italiana Ricerca Alzheimer) che conduce il proprio lavoro presso il Laboratorio di Patologia Generale del Dipartimento di Scienze Chimiche e Biologiche dell’Università di Torino, sta approfondendo in particolare il ruolo di una specifica molecola contenuta nell’olio Evo, l’idrossitirosolo: il suo progetto di ricerca vuole testarne la capacità di favorire l’eliminazione degli aggregati di proteina tau iperfosforilata, che causano la morte delle cellule nervose e il cui accumulo in specifiche aree cerebrali è considerato un marcatore della malattia di Alzheimer. Grazie a un finanziamento da 50mila euro di Airalzh (300mila euro in totale per tutti i 6 ricercatori italiani vincitori del bando), Testa e colleghi puntano a studiare il meccanismo d’azione dell’idrossitirosolo e il suo possibile ruolo nella prevenzione dell’Alzheimer a partire da modelli animali.

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La “doppia faccia” della proteina tau

Piccolo passo indietro: cos’è la proteina tau e che ruolo svolge in condizioni fisiologiche? “Questa proteina garantisce il giusto assemblaggio della struttura neuronale, che permette il trasporto di nutrienti e la trasmissione del segnale nervoso, quindi svolge un ruolo chiave nel nostro cervello”, spiega Testa a Salute. Tuttavia, quando la proteina tau è iperfosforilata, ossia quando ha troppi gruppi fosfato legati al suo ‘scheletro’ di base, diventa insolubile e precipita all’interno dei neuroni, provocandone la morte.

“Conosciamo gli enzimi che regolano l’equilibrio fra la forma fosforilata e quella non fosforilata di questa proteina – aggiunge Testa -, ma al momento non sappiamo perché questo equilibrio si alteri, quali sono le cause scatenanti. Complice anche la multifattorialità della malattia di Alzheimer”. Nonostante i continui progressi della ricerca scientifica, parliamo infatti di una patologia complessa, di cui ancora non comprendiamo fino in fondo l’insorgenza e l’evoluzione.

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Obiettivo prevenzione

E proprio perché al momento non esistono cure risolutive per l’Alzheimer, ma solo terapie mirate a controllare i sintomi e a ritardarne la progressione, molti gruppi di ricerca si stanno focalizzando sul fronte della prevenzione. Come questo sull’idrossitirosolo: “I risultati di studi condotti su cellule stanno mostrando un’azione antinfiammatoria e antiossidante dell’idrossitirosolo – spiega ancora Testa – Inoltre, alcuni studi hanno mostrato che l’idrossitirosolo riesce a prevenire in vitro l’aggregazione della proteina tau, che come dicevamo causa tossicità nei neuroni”.

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Lo studio sui topi

Adesso, Testa e colleghi vogliono capire se l’idrossitirosolo può prevenire l’accumulo di tau iperfosforilata nei topi. “Abbiamo già iniziato il progetto di ricerca – racconta – Stiamo usando dei topi geneticamente modificati che esprimono soltanto la proteina tau umana, non quella del topo. Una volta che raggiungeranno i due mesi di età, questi topi verranno divisi in tre gruppi: a un gruppo somministreremo per via orale olio extravergine d’oliva arricchito di idrossitirosolo, a un altro gruppo somministreremo solo olio extravergine d’oliva, e all’ultimo non somministreremo niente. Questo per 30 giorni. Dopodiché inietteremo acido okadaico nel cervello di tutti i topi, una sostanza che favorisce la fosforilazione della proteina tau”.

L’idea, prosegue la ricercatrice, è poi quella di esaminare il possibile effetto dell’idrossitirosolo nel promuovere la degradazione della proteina tau iperfosforilata, andando a misurare e confrontare i livelli di questa forma della proteina nel cervello dei topi che hanno oppure che non hanno ricevuto l’idrossitirosolo prima dell’iniezione di acido okadaico. “Ci teniamo molto a utilizzare l’olio d’oliva come veicolo – aggiunge – perché sembra favorire l’assorbimento a livello intestinale e la biodisponibilità dell’idrossitirosolo”.

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L’importanza dei finanziamenti

Il finanziamento avrà una durata di 24 mesi, e i ricercatori sperano che il progetto possa essere terminato da qui al 2027. Anche se, sottolinea Testa, le tempistiche quando si lavora sui modelli animali sono lunghe e non si possono escludere eventuali imprevisti. “Anche per questo ci tengo a ringraziare Airalzh per la possibilità che ci sta dando attraverso questo finanziamento, che è basato sulla generosità dei cittadini e delle cittadine che decidono di donare soldi alla ricerca – conclude la ricercatrice – In generale, vorrei sottolineare il ruolo fondamentale che questo tipo di finanziamenti ha per i giovani ricercatori, in un paese dove, purtroppo, si investe sempre meno in questo campo”.

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