È morto Robert Redford, leggenda del cinema da “La stangata” a “La mia Africa”
È morto l’attore e regista statunitense Robert Redford. Due volte premio Oscar, ha attraversato sessant’anni di storia del cinema e creato il Sundance film festival.
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È morto nel sonno a 89 anni nella sua casa nello Utah. Tra i suoi film più popolari La mia Africa con Meryl Streep, La stangata e Butch Cassidy con l’amico Paul Newman, Come eravamo con Barbra Streisand, Tutti gli uomini del presidente con Dustin Hoffman, I tre giorni del Condor di Sydney Pollack, Il Grande Gatsby da Fitzgerald con Mia Farrow.
Molto più che affascinante, l’attore che divenne regista, produttore e direttore di festival
Redford nella sua vita ha fatto di tutto per allontanarsi dall’immagine di bello e seducente e impegnarsi come regista e interprete. Alla fine degli anni Settanta, all’apice del suo successo d’attore, ha scelto di passare dietro la macchina da presa e si è lanciato nella creazione di un festival dedicato al cinema indipendente, il Sundance, che oggi è una delle vetrine più importanti del mondo, ma che agli esordi lo costringeva a impegnarsi in prima persona per portare spettatori e giornalisti sulle montagne dello Utah.
Da Santa Monica a Firenze dove studia all’Accademia dell’arte
Nato a Santa Monica, il 18 agosto 1936, da una famiglia modesta per Redford la recitazione e il cinema non sono stati il primo amore. Figlio del contabile che avrebbe invece voluto “scrivere di sport” e di una casalinga che muore quando lui non ha ancora vent’anni, Robert era un adolescente inquieto, uno studente mediocre e un buon giocatore di baseball, che quando venne cacciato dalla squadra universitaria per il troppo bere tenta la strada della pittura. Con i guadagni di una stagione di lavoro a Los Angeles riesce a pagarsi un passaggio per la Francia su una nave da carico. Nella capitale francese dipinge, poi si sposta in Italia, a Firenze, dove alcune delusioni e un generale stato di depressione lo costringono a tornare negli Stati Uniti.
Rientrato a casa conosce Lola, che sarà sua moglie per quasi trent’anni e che gli darà quattro figli. È lei ad avvicinarlo al teatro. Nel frattempo si sono trasferiti a New York e Redford frequenta i corsi dell’American Academy of Dramatic Arts: un suo insegnante gli trova un ruolo a Broadway. È l’inizio di una carriera che lo porterà a realizzare più di cinquanta film e vincere due Oscar, uno come regista nel 1981 per Gente comune e il secondo alla carriera nel 2002.
Venezia, Leone d’oro per Robert Redford e Jane Fonda: la commozione dell’attrice
“La carriera d’attore? Come salire una montagna. E in cima che si fa?”
Nel 2017 aveva ricevuto a Venezia, insieme a Jane Fonda il Leone alla carriera. “La carriera da attore mi è sempre sembrata come salire una montagna, ma quando si arriva in cima che si fa? – aveva detto alla Mostra dove avevano presentato Le nostre anime di notte dal romanzo di Kent Haruf – Con Jane abbiamo sviluppato una totale armonia, un grande ritmo e sono felice di condividere con lei questo premio e di riceverlo qui in Italia. A 18 anni vi ho trascorso un periodo particolarmente importante per me, prima di diventare attore volevo essere artista e ho studiato all’Accademia di arte di Firenze. Un’esperienza che ha avuto un grande impatto su di me”.
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Romantico con Fonda e Streep, politico per Pollack
L’anno di svolta per Redford fu il ’62 lavora molto fra teatro, tv e cinema, ma il successo arriva cinque anni dopo quando Mike Nichols lo vuole per la pièce A piedi nudi nel parco che poi viene portata sul grande schermo da Gene Saks proprio accanto a Jane Fonda. Intanto è iniziato il sodalizio con Sydney Pollack che lo dirige in pellicole molto diverse fra loro e lo guida nella sua maturità d’attore: con lui gira Questa ragazza è di tutti (drammatico e sentimentale con Natalie Wood), il western Corvo rosso non avrai il mio scalpo, Come eravamo con Barbra Streisand, film che unisce i due filoni nei quali Redford poi continuerà ad eccellere (il film romantico e quello di impegno politico), il thriller I tre giorni del Condor e poi il kolossal dei sentimenti La mia Africa accanto a Meryl Streep. Lo scorso anno a Cannes l’attrice aveva raccontato come era nata la sequenza romantica “e anche molto sexy” di Redford che le lava i capelli. “Iniziamo questa scena ma non funzionava, Bob mi lavava i capelli con la punta delle dita, non era intenso non era sexy. Chiamiamo sul set J. Roy Helland (make up artist e truccatore che storicamente è dietro a tutti i suoi look, ndr) e lui fa vedere a Bob come doveva fare, praticamente gli dà lezioni di lavaggio di capelli. Dopo cinque take mi ero completamente innamorata di lui. Quante volte vediamo sequenze di personaggi che fanno all’amore ma quante volte invece un uomo che lava i capelli a una donna? Giravamo in un fiume con gli ippopotami, gli animali più pericolosi dell’Africa, che ci puntavano ma io non volevo che quella sequenza finisse mai”.
L’amico fraterno Paul Newman
Altro incontro fondamentale è quello con il collega Paul Newman. Si conoscono sul set di Butch Cassidy, Newman è già una star, Redford ancora no, ma i due simpatizzano subito. ”Mano mano che la lavorazione del film andava avanti, Paul e io scoprivamo idee simili e gusti comuni e il sodalizio lavorativo si trasformò presto in un’amicizia fraterna” ha detto Redford alla Abc ricordando l’amico alla morte, nel 2008. Faranno solo un altro film insieme, La stangata (7 Oscar), ma il rapporto supererà la prova del tempo.
Robert Redford: “Sto diventando vecchio ma senza troppe nostalgie”
Nel frattempo interpreta Tutti gli uomini del Presidente, collaborando alla sceneggiatura senza però esservi accreditato, ed è interessante osservare come 36 anni dopo fosse convinto che la stampa fosse inderogabilmente in declino. ”Quello che per decenni è stato il compito del giornalismo ora lo svolgono i documentari – aveva dichiarato Redford anni fa – . I tempi di produzione cinematografica permettono di approfondire quello che l’urgenza dello scoop ormai non consente più ai giornali”. Ed è per questo, forse, che da produttore Redford ha realizzato un documentario sul caso Watergate e su come pose fine alla presidenza Nixon.
Gli anni Ottanta e la svolta da regista
Il 1980 è l’anno della svolta perché con Gente comune. Redford passa dietro la macchina da presa con un film drammatico su un tema che conosce da vicino: la perdita di un figlio (Scott, il primo bambino di Lola e Robert, morì a soli due mesi e mezzo) e il dolore e il senso di colpa che essa comporta. Il film vince quattro premi Oscar – film, regia, sceneggiatura e miglior attore non protagonista, Timothy Hutton – e sarà il primo titolo di una filmografia che negli anni andrà sempre più verso l’impegno politico. Il tempo passa e quello che Pollack definiva ”un principe biondo con un’interiorità molto più cupa” continua a dividersi fra regia e interpretazioni che vanno dal ruolo provocatorio del miliardario di Proposta indecente all’agente Cia sentimentale di Spy Game fino all’anziano cowboy del Vento del perdono.
Gli ultimi ruoli e la sua idea di successo
Negli anni però il suo ruolo di regista, produttore e organizzatore di festival prende il sopravvento su quello di attore, gli ultimo ruoli sono delle partecipazioni a film Marvel come Capitan America – The winter soldier e Avengers: Endgame. L’ultimo ruolo da protagonista è stato quello di rapinatore di banche in Old man & the gun. “Quando hai successo hai due possibilità – sosteneva Redford – continuare a lavorare per mantenere quel successo oppure dare opportunità ad altri, e io ho scelto questa seconda strada facendo il produttore e creando il Sundance Film Festival come occasione di indipendenza”.
Le mogli e i figli di Robert Redford
Redford lascia la moglie Sibylle Szaggars, artista tedesca di 20 anni più giovane sposata nel 2009. Con la prima moglie Lola Van Wagenen ha avuto tre figli: Scott (1959), morto due mesi dopo per una sindrome letale infantile, Shauna (1960) e James (1962), morto per tumore nel 2020, infine Amy (1970).
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