Freddie Mercury e i Queen, con “Rock Montreal” la magia del 1981 torna al cinema in 4K
Mentre in questi giorni si festeggiano i 50 anni delle registrazioni di Bohemian Rhapsody, pubblicata il 31 ottobre 1975 ma realizzata nella prima metà di settembre dello stesso anno, i Queen tornano a vivere sul grande schermo grazie a Queen. Rock Montreal che arriva al cinema come evento speciale per Nexo Studios, solo dal 25 settembre all’1 ottobre. Restaurato in 4K e con audio Dolby Atmos, il film-concerto rappresenta riporta al novembre del 1981, anno in cui i Queen portarono in giro per il mondo il The game tour.
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Registrato al Forum di Montreal, lo show andò in scena mentre il singolo Under pressure, realizzato insieme a David Bowie, saliva in alto in tutte le classifiche mondiali. Fu l’unico show della band mai registrato interamente su pellicola, e rivisto oggi fa una certa impressione.
La scaletta era ovviamente micidiale per i fan, che poterono ascoltare le versioni live delle canzoni più amate della band di Freddie Mercury: c’erano We will rock you (in due versioni: una veloce, in apertura, e poi una classica verso la fine), Bohemian rhapsody, We are the champions, Killer queen, Another one bites the dust, Keep yourself alive, ovviamente Under Pressure e tutte le altre.

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La regia è sobria, e non poteva essere altrimenti: lo show dei Queen era essenziale, qualche gioco di luce e fumi di scena, ma niente schermi, ospiti speciali o altre trovate spettacolari. Rispetto alle abitudini di oggi, il palco sembra addirittura piccolo: Mercury, spesso ripreso in primo piano mentre canta al pianoforte, non aveva bisogno di altro che della sua fisicità e della sua voce. E’ sempre in scena a torso nudo e quando arriva Another one bites the dust resta scalzo e in pantaloncini, potente e magnetico, fedele al suo concetto di showman che dava tutto in scena, di artista che non ha bisogno di parole ma che intrattiene il pubblico al massimo delle sue possibilità.
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E fa effetto rivedere in scena una band coesa fino al limite estremo, perfetta, senza click o sequencer: una macchina rock (o quello che sia) che si muoveva in perfetta sintonia, tecnicamente superba (l’apporto vocale del batterista Roger Taylor è quasi sorprendente: scherzi della memoria) e più che sufficiente per creare un’atmosfera febbrile e piena di euforia. In sintesi: come creare uno show memorabile con pochi strumenti, una voce immortale e canzoni da mandare a memoria. Un’ora e mezza che diventa una testimonianza di un’estetica fatta di sostanza, concetto che oggi, a volte, finisce per sembrare un po’ più sfocato.
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