Sclerosi laterale amiotrofica, identificato un meccanismo chiave della malattia
Sono risultati ancora molto preliminari, e valutati su modelli animali, ma giudicati “molto incoraggianti” perché “mostrano una strada per nuove prospettive terapeutiche” per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica (Sla), grave malattia neurodegenerativa per la quale non esistono cure risolutive.
I risultati di cui parliamo sono relativi a uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Laboratorio di biologia della neurodegenerazione della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Aberdeen in Inghilterra e della Columbia University negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista Brain: gli autori del lavoro, coordinati da Valeria Gerbino, hanno infatti ipotizzato l’esistenza di una correlazione tra l’attività di una particolare proteina che regola la risposta immunitaria, l’interferone di tipo I, e la progressione della malattia, e hanno successivamente confermato questa ipotesi esaminando campioni animali. Una notizia positiva per ricordare la Giornata Nazionale dedicata alla Sla, che cade oggi, 18 settembre.
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La sclerosi laterale amiotrofica: cosa sappiamo
Come anticipato, la sclerosi laterale amiotrofica è una malattia progressiva e fatale che colpisce i motoneuroni, le cellule nervose del cervello e del midollo spinale che controllano il movimento dei muscoli volontari. La morte di queste cellule porta a una graduale perdita di forza muscolare, con conseguente atrofia, paralisi e, infine, insufficienza respiratoria.
La maggior parte dei casi di Sla è definita “sporadica”, ovvero insorge in individui senza una storia familiare di malattia; una percentuale minore, circa il 10%, è invece di tipo familiare, causata da mutazioni in geni specifici. Le uniche opzioni terapeutiche a oggi approvate e disponibili non sono risolutive, ma mirano a rallentare la progressione della malattia e a gestirne i sintomi, ed è per questo che la ricerca di nuovi bersagli terapeutici e meccanismi patologici, come quello appena individuato, è una priorità assoluta.
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Cos’è l’interferone, il “guardiano” del sistema immunitario
Il protagonista dello studio è un tipo di interferone: gli interferoni (Ifn) sono una famiglia di proteine appartenenti al gruppo delle citochine che svolgono un ruolo centrale nella regolazione e attivazione del sistema immunitario, in particolare della cosiddetta “risposta innata”. Il loro nome deriva, per l’appunto, dalla loro capacità di interferire con la replicazione di agenti patogeni come i virus. Gli interferoni di tipo I, in particolare, che includono diverse varianti come l’Ifn-? e l’Ifn-?, agiscono come un primo e potente campanello d’allarme. Quando una cellula viene infettata, rilascia queste molecole per “avvisare” le cellule vicine, inducendole ad attivare le proprie difese. Sebbene si tratti di una risposta fondamentale per la protezione dell’organismo, una sua attivazione cronica o eccessiva può diventare dannosa e innescare processi infiammatori persistenti che, in malattie come la Sla, si sospetta possano contribuire al danno neuronale e accelerare la progressione.
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Lo studio e i suoi risultati
I ricercatori della Fondazione Santa Lucia si sono concentrati proprio su questo aspetto. Nel loro studio, hanno eseguito un’analisi trascrittomica e immunoistochimica su campioni di tessuto provenienti da 36 pazienti deceduti per diverse forme di Sla (sporadica e dovuta a diverse mutazioni) e hanno confrontato i risultati con quelli ottenuti da 12 soggetti di controllo privi di malattie neurologiche. “Le evidenze che abbiamo ottenuto – ha spiegato Gerbino – hanno dimostrato una chiara correlazione tra i geni stimolati dall’interferone e la progressione della malattia. Nei campioni in cui l’attività dell’interferone di tipo I è maggiore, il decorso della Sla risulta più rapido”.
Nuove prospettive terapeutiche
Sulla base di queste osservazioni, il gruppo ha condotto ulteriori esperimenti su un modello animale di Sla, sperimentando l’uso di farmaci che diminuiscono l’azione dell’interferone di tipo I: i risultati hanno mostrato un rallentamento modesto ma significativo del declino motorio e prolungato la sopravvivenza del modello animale, aprendo quindi nuove interessanti prospettive terapeutiche. “Questi primissimi risultati sul modello animale sono incoraggianti – ha concluso la scienziata – perché mostrano una strada per una possibile terapia coadiuvante. Per il passaggio all’essere umano sono però necessari ulteriori studi”.
La Giornata Nazionale Sla
Ogni anno ricorrono due giornate dedicate a questa malattia: quella mondiale, che si celebra il 21 giugno, e quella nazionale, che nel 2025 cade il 18 settembre. Promossa dall’associazione Aisla, rappresenta il principale momento istituzionale di mobilitazione e sensibilizzazione dedicato alle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica e alle loro famiglie. Per l’occasione, oggi molti monumenti saranno illuminati di verde, colore simbolo della patologia. Il fine settimana, inoltre, in molte piazze sarà possibile trovare i volontari Aisla.
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