Idrogeno, l’Europa a metà strada: al 2030 coperto solo il 60% della domanda

L’Europa rischia di non rispettare i propri obiettivi sull’idrogeno pulito. È quanto emerge dal Clean Hydrogen Monitor 2025 pubblicato da Hydrogen Europe, che fotografa un continente ancora lontano dai target fissati dal Green Deal e dalla direttiva Red III. A fronte di una domanda stimata in 2,8 milioni di tonnellate al 2030, la produzione interna di idrogeno rinnovabile arriverebbe a 1,43 milioni di tonnellate, cui si aggiungerebbero appena 0,25 milioni di tonnellate da import già vincolati. Totale: 1,7 milioni di tonnellate, pari a circa il 60% della domanda. Il resto dovrà necessariamente arrivare da nuove importazioni, ma gli accordi concreti sono ancora pochi. Dei 2,2 milioni di tonnellate/anno annunciati, solo il 20% si è tradotto in contratti vincolanti, cioè intese legalmente impegnative fra fornitori esteri e acquirenti europei.

La maggior parte riguarda forniture sotto forma di ammoniaca verde, un composto di idrogeno e azoto più facile da trasportare via nave rispetto all’idrogeno puro. L’ammoniaca è già gestita su scala mondiale come fertilizzante e dispone di infrastrutture portuali dedicate, ma la riconversione in idrogeno richiede energia aggiuntiva e comporta perdite, rendendola un vettore meno versatile. La crescita dell’offerta interna passa dagli elettrolizzatori. A metà 2025 risultano installati in Europa 571 megawatt elettrici (MWel) di capacità, con 2,84 gigawatt elettrici (GWel) in costruzione. Per dare un’idea concreta, un gigawatt di elettrolisi equivale a circa 160 mila tonnellate di idrogeno all’anno. Numeri in crescita rispetto al 2024, ma ancora lontani dal traguardo: il target europeo fissava 6 GWel al 2024 e 53 GWel al 2030. Per raggiungerlo servirebbe una crescita annua del 149%, contro il 42% registrato finora.

La mappa europea mostra due aree avvantaggiate. I Paesi nordici – Danimarca, Svezia, Finlandia e Norvegia – grazie a reti elettriche già decarbonizzate e costi bassi dell’energia pulita, e la Penisola iberica – Spagna e Portogallo – forti di abbondanti risorse rinnovabili e progetti ben finanziati. Entro il 2030 queste due regioni potrebbero produrre rispettivamente 0,51 e 0,39 milioni di tonnellate di idrogeno verde. Germania e Benelux, invece, con domanda industriale molto elevata e limitata capacità di elettrolisi, dovranno fare affidamento su importazioni intra ed extra-Ue.

Il settore industriale resta la grande incognita. L’obiettivo vincolante di sostituire con idrogeno rinnovabile il 42% dei consumi appare oggi fuori portata: pochi Paesi hanno presentato piani credibili, mancano incentivi e molte imprese restano riluttanti a sostenere costi più alti. Più dinamico il comparto dei trasporti, dove gli obblighi fissati da Red III, ReFuelEU Aviation e FuelEU Maritime potrebbero spingere la domanda fino a 1,5 milioni di tonnellate entro il 2030.

Lo scenario globale aggiunge ulteriori pressioni. Cina e India avanzano a ritmo accelerato sia sul fronte produttivo sia come fornitori di tecnologia. Costi più bassi, sostegno statale agli offtaker, cioè le aziende che stipulano contratti di acquisto a lungo termine, e filiere nazionali integrate stanno creando economie di scala difficili da replicare in Europa. “Il rischio”, avverte Hydrogen Europe, “è che l’Unione diventi spettatrice di una rivoluzione che si gioca altrove, perdendo non solo la corsa tecnologica ma anche la possibilità di rafforzare la propria sicurezza energetica”. In questo contesto l’Italia si colloca in una posizione ambivalente. Da un lato è tra i primi cinque Paesi europei per consumo di idrogeno insieme a Germania, Paesi Bassi, Polonia e Spagna: insieme coprono il 55% della domanda complessiva del continente. Nel caso italiano, oltre il 90% dell’uso è concentrato nelle raffinerie, settore che da solo assorbe circa il 10% della domanda europea. Dall’altro lato, però, la capacità di produzione pulita resta molto limitata. Nel Monitor si legge che “l’Italia ha fissato un obiettivo ambizioso di 2,7 GW di elettrolizzatori e una domanda regolatoria prevista di circa 1,9 GW al 2030, tuttavia le stime indicano che al 2030 sarà installato solo 0,3 GW”. In altre parole, poco più del 10% del target.

I grandi gruppi energetici hanno presentato progetti, ma la maggior parte non ha ancora raggiunto la decisione finale di investimento. Gli ostacoli principali sono la lentezza delle autorizzazioni, l’assenza di infrastrutture di trasporto e stoccaggio, l’incertezza sugli incentivi. Eppure, la domanda potenziale non manca: con dieci raffinerie operative, l’Italia è tra i mercati che più potrebbero beneficiare della sostituzione dell’idrogeno grigio con quello verde. La partita si gioca ora sulla capacità di accelerare bandi e procedure, sfruttare i fondi Pnrr e creare un quadro stabile per gli offtaker industriali. “Senza un’accelerazione immediata”, conclude Monitor, “il rischio è che il Paese, pur avendo un’alta domanda interna, resti dipendente dalle importazioni e perda l’occasione di posizionarsi come hub mediterraneo dell’idrogeno pulito”.

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