De Meo all’Europa: “Serve un Piano Marshall per la traghettare l’industria dell’auto”
TORINO – “Un Piano Marshall europeo potrebbe essere messo in atto per accelerare il rinnovamento dei parchi e quindi ridurre drasticamente le emissioni di CO2”. Il paragone con il piano messo a punto dagli Usa per aiutare l’Europa dopo la fine della Seconda Guerra mondiale è dell’amministratore di Renault e presidente dell’Acea, l’associazione delle case costruttrici europee, Luca de Meo. Nella sua “Lettera all’Europa”, che si rivolge, in realtà, anche ai singoli cittadini che a giugno voteranno per rinnovare l’europarlamento, mette in connessione questo piano con quello realizzato dalla Ue per il dopo Covid: “Un fondo speciale europeo potrebbe finanziare incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici nuovi o usati”. De Meo pungola la Ue non tanto sulla scelta dell’elettrico, “strada su cui non si può tornare indietro”, come aveva già detto all’ultimo Salone di Ginevra, ma su come l’Europa intende arrivarci. D’altronde le case automobilistiche europee hanno investito già sulla transizione quasi 300 miliardi di euro. Il traguardo fissato da Bruxelles, che potrà essere rivisto nel 2026, è quello di bloccare la vendita di auto con motore a combustione interna entro il 2035. Ma con “l’assalto dei veicoli elettrici da parte della Cina”, de Meo sottolinea che il settore automobilistico europeo ha bisogno che “l’Ue sviluppi una strategia industriale, come ha fatto per incoraggiare lo sviluppo del costruttore di aerei Airbus e come hanno fatto i cinesi per i veicoli elettrici”.
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Il numero uno di Acea chiede la creazione di “zone economiche verdi” come le zone economiche speciali della Cina, con le aziende che riceveranno ulteriori sussidi e agevolazioni fiscali per incoraggiare il rapido sviluppo dei veicoli elettrici. Ha inoltre invitato ad una cooperazione complessiva, non solo pubblico-privato, ma tra costruttori, per costruire veicoli piccoli e convenienti in Europa. “Produrre auto in Europa è più costoso”, scrive de Meo, e spiega che mentre la Cina “sembra stia distribuendo sussidi sempre maggiori ai propri costruttori” tra 110 e 160 miliardi di euro fino al 2022 e “in Usa “sono stati concessi 40 miliardi di dollari in crediti d’imposta per lo sviluppo di tecnologie produttive verdi”, un programma di questo tipo non solo “non esiste in Europa”, ma anzi “da qui al 2030 le varie direzioni della Commissione europea introdurranno da 8 a 10 nuovi regolamenti all’anno”. Insomma, per de Meo “la transizione ecologica non si può fare solo a botte di regolamenti e multe”.
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L’ad di Renault dà anche un quadro della situazione basato sui numeri. Su un’auto media il vantaggio in termini di costi per i cinesi è pari a 6-7.000 euro, il 25% del prezzo totale. D’altra parte, lo spostamento verso l’Asia è tangibile e con l’avvento dell’elettrificazione l’accelerazione non può che aumentare. Il 4% delle vendite di veicoli elettrici in Europa è realizzato da marche cinesi, nel 2023 il 35% dei veicoli elettrici esportati in tutto il mondo era di provenienza cinese e nel Paese asiatico il ciclo di sviluppo di un’auto è 1,5-2 anni, la metà dei 3-5 anni registrati in Europa. Il gap è forte. Un problema non solo industriale, ma anche sociale. De Meo ricorda infatti che sono 13 milioni le persone impiegate nel settore in Europa, il 7% della forza lavoro totale del Vecchio Continente, con 102 milioni di euro di saldo commerciale positivo tra l’Europa e il resto del mondo: una cifra pari al deficit commerciale francese.
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Da de Meo arrivano anche suggerimenti, come gestire al meglio le relazioni con la Cina, perché “chiudere completamente la porta sarebbe la peggiore risposta”. Formula sette raccomandazioni e otto misure per sviluppare una vera e propria politica industriale europea, competitiva e decarbonizzata: “Un modello ibrido”, ad esempio coinvolgendo “le maggiori 200 città europee nell’elaborazione della strategia di decarbonizzazione”. Il numero uno di Acea lancia dieci grandi progetti europei in ambiti strategici, che vanno ben oltre l’industria automobilistica: promuovere le piccole auto europee, come sostiene da sempre, ma anche rivoluzionare le consegne dell’ultimo miglio, sviluppare le infrastrutture di ricarica e la tecnologia Vehicle to grid, aumentare la competitività dell’Europa nel settore dei semiconduttori.
Sul tema interviene anche l’amministratore delegato di Renault Italia, Raffaele Fusilli. L’auspicio di Fusilli è che la lettere di de Meo sia accolta dal governo italiano, destinatario della missiva come gli altri esecutivi dell’Unione. “La filiera italiana, che era specializzata sui motori termici – prosegue l’ad di Renault Italia – se non supportata rischia di perdere sotto ogni punto di vista. Ora è il tempo di sostenere in ogni modo il settore rispetto all’Asia, in tutta Europa. Poi, ad armi pari, ci giochiamo la partita. Una prima fase deve essere protezionistica”. Già al 2030 dovranno essere ridotte di un ulteriore 55% le emissioni di CO2 delle vetture. Per questo, assieme all’elettrico, Renault ritiene necessario ampliare l’utilizzo di efuel e che si apra alla neutralità tecnologica. “Il senso di urgenza deve essere forte – conclude Fusilli, e il rischio è che – senza politiche adeguate – l’automotive europea scenda nella serie B. Dobbiamo essere talebani sugli obiettivi, laici sulle tecnologie, ben sapendo che l’elettrico sarà la tecnologia dominante”.
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