Fantascienza o reale possibilità? Quale futuro per il trapianto di organi da specie diverse

Si chiamano xenotrapianti e potrebbero essere la risposta futura alla drastica carenza di organi che tiene nelle liste d’attesa centinaia di pazienti, alcuni dei quali in quelle liste muoiono. Gli xenotrapianti sono tecnicamente i trapianti d’organo da una specie ad un’altra. Oggi gli organi – cuore, fegato, reni e da poco anche un polmone, organo considerato particolarmente difficile da trapiantare anche tra esseri umani per una maggiore complessità biologica e immunologica – arrivano da maiali geneticamente modificati e trattati in modo da riuscire ad avere la maggior compatibilità immunologica possibile con l’organismo umano.

Sfonderemo il muro?

Non è stato facile, c’è stata anche qualche vittima, ma una strada sembrerebbe tracciata. E, come dice Emanuele Cozzi, professore di Immunologia dei trapianti all’università di Padova, immunologo del Centro Nazionale trapianti e past president della Società Mondiale dello Xenotrapianto, se riusciamo ad avere almeno 10 malati in vita per almeno un anno in almeno due centri allora non c’è casualità e potrebbe diventare un’opzione terapeutica. E avremo sfondato il muro degli xenotrapianti.

A piccoli passi

I nove giorni in cui il pomone impiantato su un uomo in morte cerebrale da scienziati cinesi ha funzionato per 9 giorni. “Non sono pochissimi, proprio per la complessità dell’organo – premette Cozzi – e poi il primo cuore trapiantato da uomo a uomo dal celebre Christian Barnard negli anni ’60 è rimasto in funzione diciotto giorni. Nove giorni non è malissimo come punto di partenza. E i primi xenotrapianti di cuore e rene non sono andati oltre i due mesi”. Il primo paziente sottoposto a xenotrapianto di cuore morì 60 giorni dopo il trapianto per complicanze cardiache legate ad un rigetto e alla presenza di un virus citomegalico porcino che non era stato identificato nel donatore.

Il bisogno di regole certe

Oggi i controlli sono più stringenti, ma il mondo degli xenotrapianti ha bisogno di regole certe. Negli Stati Uniti, paese che con la Cina è quello che ha eseguito i primi, i pazienti devono essere malati senza alcuna altra alternativa terapeutica e devono essere in grado di decidere di sottoporsi all’intervento in assoluta libertà, e per questo non si accettano candidature di minorenni o di persone con deficit cognitivi.

Un intervento ancora sperimentale

Benché affascinante, il mondo degli xenotrapianti è ancora sperimentale. “A mio modo di vedere, tranne qualche intervento sporadico, non sarà possibile iniziare programmi di xenotrapianti in Italia prima di almeno 5 anni – continua Cozzi – e quindi gli unici organi sui quali possiamo fare affidamento oggi e per i prossimi anni sono quelli umani. Purtroppo però il 30% delle famiglie si oppone alla donazione”.

La vita media di un organo

E comunque un organo trapiantato non dura per sempre: “Una metà degli organi che trapiantiamo ha tra 15 e 18 anni di vita nel caso del rene, tra 12 e 13 per il cuore, oltre 15 per il fegato e 7-8 anni per il polmone. Nel caso del rene abbiamo la dialisi, ma per gli altri organi non c’è una seconda chance e se non arriva una donazione i pazienti muoiono. In un soggetto giovane si cerca di fare un secondo trapianto ma non è facile perché di organi ne abbiamo davvero pochi”.

Il professor Emanuele Cozzi sarà sul palco del Festival di Salute a Padova mercoledì 8 ottobre alle 18.

Condividi questo contenuto: