“Pestiferus Lupus”, il doc premiato da Gedi racconta l’esorcismo del lupo in Val D’Ossola

Pestiferus lupus, il documentario che racconta un piccolo paese alpino dove la minaccia del lupo è arginata da un rito antico che affonda le radici nel mito, è il vincitore di quest’anno del Gedi Visual Award. Lo firmano i registi Ludovico Serra e Luca Jankovic che hanno filmato per tre anni la comunità montana di Forno in Val D’Ossola. “Il progetto nasce dal produttore creativo Francesco Cutello con l’idea di raccontare la messa di esorcismo riesumata da Don Gaudenzio, un rituale che è tornato di attualità con il ritorno dei lupi sulle Alpi”.

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Con una troupe minima i registi si sono trasferiti in montagna (900 mt s.l.m.) e hanno vinto la naturale ritrosia del montanari. “Eravamo interessati a raccontare quel luogo, in val d’Ossola avevamo già intervistato dei pastori quando siamo entrati in contatto con questo parroco che per quella piccola comunità di circa duecento abitanti è praticamente l’unico punto di riferimento – racconta Jankovic – Forno è un paesino un po’ isolato, con una strada stretta da percorrere per quaranta minuti di macchina prima di aprirsi in una vallata. Forno resiste allo spopolamento, c’è ancora la scuola, c’è la parrocchia, c’è una falegnameria e poi ci sono diversi pastori che però sono sempre meno. Noi ne abbiamo intervistati due, Pamela e Daniele e raccontato la loro storia”.

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Dopo tanti anni il lupo è tornato ad attaccare gli animali di questa comunità. “Una comunità spaventata che Don Gaudenzio ha riunito. La messa di esorcismo, in latino con un’antica formula, è in realtà un pretesto per creare dialogo e confortare questa gente – dice il regista – È stato bello vedere la chiesa riempirsi di pastori che vengono anche dalle valli vicine a discutere e a dibattere su questo tema”. “L’ultima messa di esorcismo è stata fatta a Forno più di cento anni fa – spiega Cutello – prima che il lupo scomparisse dalle Alpi. Don Gaudenzio lo ha riproposto. È un parroco di montagna molto legato alla sua comunità, lui è di quella zona e si è reso disponibile per questa esigenza dei pastori che si sentono abbandonati perché inascoltati dalle istituzioni”.

Il film vuole – nelle intenzioni dei registi – non schierarsi nè dalla parte dei pastori, nè dalla parte del lupo “che noi cittadini vediamo come una cosa positiva che ha a che fare con l’ecologia, il lupo è sempre stato una figura positiva nell’ecosistema italiano, tutt’oggi difesa dai movimenti ambientalisti. Il documentario non prende una posizione ideologica, noi siamo milanesi, molto sensibili alle tematiche ambientali. Eravamo incuriositi e attratti dal ritorno del lupo, una volta in montagna però abbiamo dovuto confrontarci con una paura. Che diventa anche metafora di tante altre paure: dell’ignoto, del diverso, della modernità…”

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Le riprese sono partite dall’esorcismo, poi tramite il parroco i registi sono riusciti a entrare in contatto con i pastori. “Ci siamo arrampicati in alpeggio con una troupe leggerissima di tre o quattro persone – dice Jankovic – siamo stati insieme a questo pastore che sta in alta montagna tutto l’anno”. Il film è quasi pronto, manca la finalizzazione, poi l’obiettivo è mandarlo in giro per i festival e cercare una messa in onda televisiva. E naturalmente farlo vedere alla gente di Forno. E il lupo alla fine è stata visto? “Il lupo no – dice Jankovic – infatti compare solo nei video di una pastora che è riuscita a filmarlo. Ci piace però che il lupo non si veda, perché per noi è un archetipo di tante altre paure”.

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