Clima, Bnef: danni record da 1.400 miliardi nel 2024

I danni economici causati dal cambiamento climatico hanno superato 1.400 miliardi di dollari nel 2024, quasi dieci volte il livello del 2000. È il dato più impressionante del nuovo rapporto di BloombergNEF (Bnef), dedicato all’adattamento climatico, che misura quanto le grandi economie siano pronte a reagire all’aumento di eventi estremi.

L’analisi mostra come i costi legati a disastri naturali, siccità, inondazioni e ondate di calore siano esplosi negli ultimi vent’anni. Gli Stati Uniti guidano la classifica delle perdite, seguiti da Cina e India, ma anche l’Europa è sempre più colpita, con Italia, Francia e Germania che negli ultimi cinque anni hanno visto crescere in modo costante i danni economici legati al clima.

Secondo Bnef, gli Stati Uniti restano il Paese che subisce il maggior costo assoluto, nonostante dispongano delle difese ingegneristiche più avanzate. Tuttavia, le iniziative federali di adattamento restano indietro e rischiano di subire rallentamenti, rendendo più imprevedibili gli impatti futuri.

Nel complesso, le perdite globali legate al clima stanno colpendo salute, sicurezza e sviluppo economico. Basti pensare che il valore dei danni nel 2024 è stato quasi pari al Pil complessivo della Spagna. “Con il mondo ancora fuori rotta rispetto all’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento a 1,5 °C, i danni futuri rischiano di peggiorare se le economie non accelerano sull’adattamento”, avverte Bnef.

L’analisi assegna un punteggio di “preparedness” ai Paesi del G20 e del Sud-Est asiatico. Canada, Singapore e Corea del Sud risultano infatti i più pronti ad affrontare le conseguenze del cambiamento climatico grazie a strategie nazionali consolidate, investimenti in infrastrutture resilienti e programmi di ricerca su agricoltura, acqua e salute pubblica. In fondo alla classifica figurano invece Arabia Saudita, Russia e Thailandia, dove la questione dell’adattamento è poco presente nelle politiche nazionali. Alcuni di questi Paesi hanno un’esposizione minore ai rischi climatici diretti, ma ciò comporta anche minori incentivi ad agire.

E l’Italia? Il nostro Paese si colloca a metà del gruppo dei Paesi avanzati, con un livello di preparazione giudicato “moderato”. Le vulnerabilità principali riguardano la gestione delle risorse idriche, le infrastrutture costiere e la protezione del territorio contro frane e alluvioni. Secondo Bnef, il livello crescente dei danni riflette la fragilità del sistema economico italiano di fronte a fenomeni meteo estremi sempre più frequenti, dai nubifragi alle siccità estive.

Gli analisti sottolineano che adattarsi conviene. I Paesi che hanno già avviato piani di resilienza stanno sperimentando benefici tangibili: attenuazione delle perdite, maggiore competitività nei settori sensibili al clima (come agricoltura e risorse naturali), e minore percezione del rischio tra gli investitori internazionali.

“La preparazione di un Paese agli impatti climatici determinerà il rischio percepito per i suoi asset, le aziende e la società nel suo complesso”, osserva Kobad Bhavnagri, head of strategy di Bnef. “Molte grandi economie non stanno facendo abbastanza per proteggere la propria resilienza economica, e questo dovrebbe preoccupare governi e investitori”.

Condividi questo contenuto: