Best Global Brands 2025: la corsa dei brand che cambiano pelle
C’è chi accelera, chi resiste, chi scivola, parliamo della nuova edizione del Best Global Brands 2025 di Interbrand che racconta, come ogni anno, non solo una classifica, ma una fotografia dei tempi. E il tempo, oggi, corre veloce: il valore complessivo dei 100 brand globali in classifica è salito a 3,6 trilioni di dollari, in crescita del 4,4% rispetto al 2024. Un numero che, dietro la sua apparente solidità, nasconde un fermento continuo: “La crescita complessiva del valore dei brand in classifica nasconde molto dinamismo: una realtà in cui alcuni protagonisti prosperano mentre altri scendono considerevolmente”, osserva Gonzalo Brujó, Global ceo di Interbrand.
Sul podio dominano ancora Apple, Microsoft e Amazon ma è nel resto della classifica che si gioca la partita del futuro. Dodici nuovi ingressi – da Nasdaq a BYD, da Booking.com a UNIQLO, fino a Shopify – segnano la più alta ondata di debutti dal 2000, “sono brand che hanno fatto della chiarezza e dell’unicità il loro punto di forza, offrendo esperienze eccezionali nelle rispettive categorie e riuscendo così a costruire e consolidare equity e fiducia”, aggiunge Brujó.
Chi sale, e perché
Il simbolo del cambiamento è NVIDIA, che cresce del 116% raggiungendo la quindicesima posizione: la più rapida scalata nella storia del ranking. Il suo dominio nell’ecosistema AI riflette la direzione del mercato, dove tecnologia e immaginario si intrecciano. Sulla stessa onda, Instagram entra nella Top 10 per la prima volta (+27%), YouTube (+61%) e Netflix (+42%) cavalcano il boom dell’entertainment, tra streaming, sport e gaming, trasformando i confini stessi del consumo.
Nel retail fisico, la new entry si chiama UNIQLO: il brand giapponese conquista il 47° posto grazie a coerenza, sobrietà e capacità di esportare il proprio modello senza snaturarlo. Un risultato controcorrente in un anno in cui colossi come IKEA oggi al 35° scende del 9% e H&M al 68° perde il 13%. Sempre rimanendo nel retail, buona la performance di Sephora, al 97° posto, che si aggiudica a sua volta un +7%.
Food & Beverage: identità e relazione
Nel comparto food & beverage, la stabilità è sinonimo di forza. McDonald’s, saldamente nella top ten, continua a evolvere il proprio modello grazie a investimenti in digitalizzazione, personalizzazione e delivery, mentre Starbucks conferma la capacità di trasformare il caffè in esperienza. Il suo successo resta nell’equilibrio tra global brand e local feeling: la community prima del prodotto.
Anche la ristorazione e l’hospitality diventano sempre più parte dell’immaginario esperienziale dei consumi ma con una nuance tech nel caso di Booking.com (#32), che entra per la prima volta in classifica e, con un tocco da Re Mida, Ferrari, che allarga il perimetro del lusso al mondo dell’hotellerie e del lifestyle, mantenendo intatta (anzi amplificando) la desiderabilità del brand. Il cibo, in questo scenario, è sempre più cultura, relazione, linguaggio.
Chi scende, e cosa insegna
Ogni ranking è anche una resa dei conti. Il settore automotive, impegnato nella transizione elettrica, mostra le prime crepe: Tesla crolla (-35%), mentre Mercedes (-15%) e BMW (-10%) difendono le posizioni con fatica. Il lusso, dopo l’euforia post-pandemica, rallenta: Louis Vuitton (-5 %), Chanel (-8 %) e Gucci, che esce dalla top 50, pagano la mancanza di visione creativa e una saturazione del mercato. Solo Hermès (+18%) e Prada (+8%) mantengono il passo, forti di una coerenza quasi artigianale.
L’intelligenza artificiale come nuovo interlocutore
Il vero spartiacque, però, è l’intelligenza artificiale. “Solo le organizzazioni che vantano un brand forte e che sono capaci di abbracciare l’innovazione dirompente hanno dimostrato di saper affrontare meglio le sfide del mercato riuscendo a prosperare non solo contro la concorrenza tradizionale, ma anche in presenza di agenti AI che consigliano agli utenti cosa acquistare”, sottolinea Brujó.
E ancora: “L’ingresso degli agenti AI nella relazione tra brand e consumatore cambierà in modo irreversibile la customer journey, costringendo i brand a confrontarsi sia con la propria audience, fatta di decisori emotivi e senzienti, sia con le macchine, ovvero agenti razionali. Guardando al futuro, solo quei brand che sapranno mettere in atto strategie di branding e mosse iconiche capaci di influenzare percezioni e comportamenti umani, guidando le scelte, riusciranno a continuare a prosperare”. È la nuova frontiera della competizione: non più solo tra aziende, ma tra brand e algoritmi, tra emozioni e dati.
Il valore della chiarezza
Dietro la classifica Interbrand c’è una lezione chiara: non basta essere grandi, bisogna essere rilevanti. Il futuro appartiene a chi costruisce fiducia, a chi sa unire visione e trasparenza, a chi sceglie l’innovazione non come slogan ma come pratica quotidiana.
E, in un’epoca in cui perfino i consigli d’acquisto possono arrivare da un’intelligenza artificiale, il capitale più prezioso per un brand resta lo stesso di sempre: la capacità di parlare al cuore (e, ora, anche al codice) delle persone.
*direttore di Markup e Gdoweek
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