Mattarella contro il lavoro povero: “Disparità tra manager e precari”
ROMA – Salari bassi e manager strapagati. Sergio Mattarella, nel giorno del varo della manovra, lancia l’allarme sulla qualità del lavoro in Italia. «Troppi contratti pirata». «Troppi squilibri nelle retribuzioni. L’invito a porvi riparo è rivolto «alle parti sociali e alle istituzioni». Ci sono «tante famiglie sospinte sotto la soglia della povertà nonostante il lavoro di almeno uno dei componenti, mentre invece super manager godono di remunerazioni di centinaia o persino migliaia di volte superiori a quelle di dipendenti delle imprese».
Dopo il Covid «risultati positivi sono stati conseguiti dagli azionisti e robusti premi hanno riguardato taluni fra i dirigenti», ma senza che vi sia stato «l’incremento dei salari reali», tra i lavoratori. Quelli sono rimasti al palo. E il costo della vita cresce.
Un controcanto, quindi. Rivolto anche a chi, nel governo, suona soltanto la fanfara dell’occupazione che cresce.
Società in movimento
L’ha pronunciato, al Quirinale, durante la cerimonia di consegna delle Stelle al merito del lavoro. Ha riconosciuto «il trend positivo dell’occupazione», perché mostra «una società italiana in movimento».
Il lavoro c’è, però spesso è precario, malpagato, di incerta durata. La qualità va aumentata, perché si stanno manifestando «aspetti problematici ed elementi critici che vanno regolati, per corrispondere alle finalità dettate dai valori della nostra convivenza civile». Insomma, il lavoro cattivo può avvelenare la società.
Tra gli elementi di preoccupazione cita i «contratti pirata, messi in luce da una recente indagine di Confcommercio: «Oltre mille contratti collettivi nazionali di lavoro depositati al Cnel: duecentocinquanta nei soli settori del turismo e del terziario. Tra questi vi sono contratti firmati da rappresentanze sindacali e datoriali scarsamente rappresentative, con vere e proprie forme di dumping contrattuale che hanno l’effetto di ridurre i diritti e le tutele dei lavoratori, di abbassare i livelli salariali, di provocare concorrenza sleale fra imprese».
“Un’etica civile”
Il lavoro impone «un’etica civile». Ed è, allo stesso tempo, «un diritto e un dovere». Sta cambiando. «Occorre inserirsi nei cambiamenti». Ma di nuovo c’è che si è frantumata «l’unità del lavoro». Ci sono velocità diverse. Diaframmi, tra categorie, tra generazioni, tra italiani e stranieri. Denuncia: «Nei cosiddetti piani alti, lavoro prestigioso, appagante, ben remunerato. Nei cosiddetti piani bassi, forme di precarietà non desiderate, subite, talvolta oltre il limite dello sfruttamento».
Non ci sono ricette facili, riconosce. Perché «il mondo del lavoro è ovviamente condizionato da mercati sempre più interdipendenti».
Però bisogna ambire alla piena occupazione, a quell’articolo 36 della Costituzione che assicura ad ogni lavoratore «una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
Fratture e disuguaglanze
Ma non va così. Il presidente ricorda che l’Organizzazione internazionale del lavoro certifica che la quota di reddito da lavoro – ovvero la quota del Pil dedicata ai lavoratori, destinata alle loro retribuzioni – è scesa a livello mondiale in maniera significativa dal 2014 al 2024. E, non manca, in un quadro severo, un passaggio sull’evasione fiscale: «Sono le entrate fiscali dei dipendenti pubblici e privati, dei pensionati, a fornire allo Stato, attraverso le imposte, il maggior volume di risorse».
In definitiva, dal Colle arriva una doppia raccomandazione: al governo e agli imprenditori. Il lavoro va ricomposto, assorbendo fratture, disuguaglianze. «Ciò richiede una crescita di consapevolezza, e anche un’opera paziente di carattere culturale». In caso contrario è a rischio «la coesione sociale».
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