Coraggiosi, sognatori e professionisti. Ecco perché il teatro è nelle mani dei giovani
Avete presente i Sei personaggi di Pirandello? Si sono stufati dei drammi che lo scrittore siciliano aveva costruito per loro e vivono altri intrecci, stavolta scritti da Caroline Baglioni e Michelangelo Bellano in Confessioni di sei personaggi. In Carbonio di Pier Lorenzo Pisano, che si è visto al Piccolo di Milano, un uomo incontra un alieno, e qualcosa di irreale c’è anche nella storia di Beatrice che gira un film e si accorge che è la sua vita in Lucia camminava sola di Tolja Djokovic, autrice 35enne, che ha vinto l’ultimo Premio Riccione, dedicato a testi inediti della scena italiana.
Quello che si vuole dire è che dopo anni incerti, i nuovi autori e la nuova drammaturgia sono il più evidente fenomeno del teatro di queste ultime stagioni. Non un calderone, ma una corrente di scrittori trenta-quarantenni, presente nei cartelloni, decisa a tracciare un percorso di autonomia creativa, di stile, di sviluppo del linguaggio più vicino al tempo presente, ma idealmente connessi alla tradizione, specie agli Annibale Ruccello, Franco Scaldati, Enzo Moscato, Massimo Sgorbani, Vitaliano Trevisan, Antonio Tarantino che non ci sono più. I nomi sono tanti: Tatjana Motta, Jacopo Giacomoni, menzione speciale “Franco Quadri” all’ultimo Premio Riccione, il 34enne Fabio Pisano di Napoli da dove vengono anche Alessandro Paschitto e il 33nne Pier Lorenzo Pisano che sta guidando al Teatro Basilica di Roma una call per dare sostegno e tutoraggio ad autori under 30, Riccardo Favaro, 29 anni, che opera nell’orbita di Fabulamundi, una realtà che promuove nuovi testi, e tanti altri compresi autori-attori e autori-registi come Fabiana Iacozzilli, Leonardo Manzan, Matilde Vigna, Giovanni Ortoleva, Roberta Lidia De Stefani, Federica Rosellini, Francesco Alberici che è in tournée con il suo Bidibibodibiboo, Giuliano Scarpinato con Il tempo attorno (dal 14 maggio è al Menotti di Milano), Daniele Villa del collettivo Sotterraneo, i bolognesi di Kepler 452… Più i già affermati, Fabrizio Sinisi, Francesca Garolla, Carlotta Corradi, Magdalena Barile, Angela Demattè autrice di De Gasperi: L’Europa brucia che sta girando con la regia di Carmelo Rifici e Paolo Pierobon protagonista, Rosario Palazzolo che al Biondo di Palermo ha presentato Ti dico una cosa segreta, Federico Bellini, Linda Dalisi e, rappresentati anche all’estero, Davide Carnevali che ha nei teatri L’Eterno marito con la regia di Claudio Autelli, e Ritratto di un artista da morto che a breve esordirà in Francia e in Spagna dopo il successo al Piccolo di Milano, dove da artista associato è curatore dei progetti per le scuole, e Emanuele Aldrovandi, pluripremiato, un romanzo d’esordio uscito da poco, Il nostro grande niente, che ha in tournée Come diventare ricchi e famosi da un momento all’altro con Emilia Romagna Teatro e Stabile di Torino, e Kamikaze con il Teatro Croato e il Biondo di Palermo.
A provare che non è un fenomeno di nicchia, c’è il successo popolare di un autore come Stefano Massini, vincitore del Tony Award a Broadway con Lehman trilogy, ma anche l’alta quantità di persone che scrivono per il teatro: alle selezioni del Premio Riccione 2023 sono arrivati 656 testi inediti (nel ‘21 erano già 402), un record. “E testi di alta qualità, segno di una professionalizzazione del settore dovuta anche alla proliferazione di corsi e stage, dalla Biennale di Venezia in giù”, dice Graziano Graziani, scrittore, giurato del Riccione, presieduto da Lucia Calamaro, capofila della generazione precedente di autori, e all’Argentina di Roma dal 22 marzo torna il suo cult L’origine del mondo. “Chi scrive oggi ha soprattutto la possibilità di confrontarsi con le più ricche drammaturgie straniere che una volta non erano né pubblicate nè tradotte”, spiega Davide Carnevali.
I nuovi autori parlano di ecologia, distopie sociali, sessualità, disgregazione delle coscienze… Frequenti le riscritture dei classici come nel caso del 39enne Liv Ferracchiati che al Piccolo di Milano ha presentato Come tremano le cose nell’acqua, dal Gabbiano di Cechov. “Si riscrive per rivedere, attraverso il mito, il presente”, dice Leonardo Lidi, 35enne regista, attore (è nel nuovo film di Giampaolo Morelli) e autore, che dal 2 aprile rivisita una Medea di Euripide con il dramaturgo Riccardo Baudino allo Stabile di Torino dove un anno fa ha fatto amare un nuovo autore, Diego Pleuteri, con Come nei giorni migliori. “L’importante è non aver più paura di raccontare storie”, sottolinea. “Vero – dice Carnevali – ma devono esserci anche più teatri disponibili a rappresentare le nuove storie. Solo vent’anni fa sono dovuto andare in Germania e Spagna per lavorare e devo dire grazie a Claudio Longhi, direttore prima a Bologna poi al Piccolo di Milano, se le cose sono cambiate in Italia”.
I teatri che nelle ultime stagioni hanno adottato politiche di valorizzazione della nuova drammaturgia ci sono. Anche una vetrina internazionale come il Romeuropa Festival da due anni ha un format, “Situazione Drammatica”, a cura di Tindaro Granata che presenta testi selezionati nei premi più noti, Hystrio, Tondelli ecc..… E lo storico Teatro Valle di Roma, una volta riaperto, sembra destinato a diventare il Teatro nazionale della drammaturgia. “Sì, però da lavoratore sento che le strutture italiane fanno ancora fatica a percepire questa spinta – dice Emanuele Aldrovandi che pure è uno dei più rappresentati – In Francia, in Gran Bretagna i nuovi autori sono nelle grandi ribalte, da noi hai sempre la sensazione che siano relegati nelle sale più piccole. Soluzioni? Dotiamo i teatri nazionali di una struttura dedicata alla drammaturgia, e magari di comitati di lettura che valutino i testi. Al Royal Court, il regno britannico della drammaturgia, lo considerano un investimento, un modo necessario per scoprire nuova bellezza”.
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