Abu Mazen a palazzo Chigi: “Riconoscete la Palestina”. La premier prende tempo
Si appella a Giorgia Meloni, in privato. E fa sapere di averlo fatto, perché la notizia viene rilanciata dall’agenzia di stampa palestinese Wafa. «L’Italia riconosca lo Stato di Palestina», dice il presidente palestinese Abu Mazen rivolgendosi alla presidente del Consiglio durante l’incontro a Palazzo Chigi. Compia questo passo diplomatico, aggiunge, perché è cruciale per «proteggere la soluzione dei due Stati, sistematicamente minata dalle politiche israeliane». Una richiesta scontata, ma che sollecita un nervo scoperto del governo. E infatti, riferiscono fonti dell’esecutivo, la premier si mantiene assai cauta, ribadendo la posizione assunta ormai diversi mesi fa. Ufficialmente, parla soltanto di una «soluzione politica duratura sulla base della prospettiva dei due Stati». Ufficiosamente, trapela questa linea: si parta dal disarmo e dall’estromissione di Hamas da ogni incarico di governo, si sancisca una pace vera e duratura con Israele. Solo a quel punto, al termine del percorso di formazione dello Stato palestinese, arriverà l’atto ufficiale da parte di Roma.
Non è una sensibilità che sembra del tutto coincidente con quella del Colle. Sergio Mattarella riceve al mattino Abu Mazen. Anche a lui, il capo dell’Anp ricorda che Roma non ha riconosciuto la Palestina, «a differenza di altri Paesi europei». Il Capo dello Stato replica che di questo si occupa il governo. E però, la linea del Presidente è comunque molto chiara: «Occorre procedere con grande concretezza per gli aiuti umanitari e la ricostruzione di Gaza e verso la creazione di due Stati nella regione», partendo naturalmente dal disarmo di Hamas. Di più: «Dobbiamo eliminare tutti gli ostacoli che si frappongono a questa soluzione». Ma soprattutto, non c’è tempo da perdere, sostiene Mattarella: «Bisogna fare presto per evitare che chi non vuole la pace, in entrambi gli schieramenti, possa riorganizzarsi». Critica anche i coloni israeliani e si spende per rafforzare il piano di pace firmato a Sharm el-Sheikh, mantenendo il rispetto del cessate il fuoco da ambo le parti. «Le violenze allontanano la pace e la sicurezza per tutti, anche per Israele».
A Mattarella il leader palestinese offre l’impegno «a consegnare le armi di tutte le fazioni armate, incluso Hamas». E promette che proprio Hamas «non avrà alcun ruolo nel governo della Striscia di Gaza, affinché prevalga il principio di uno Stato unico, una sola legge e un’arma legittima». Serve però anche una mossa da parte degli israeliani: «Vogliamo vivere in un nostro Stato accanto a Israele, che abbiamo riconosciuto con gli accordi di Oslo. Ora anche Israele deve riconoscere a sua volta il nostro Stato e il nostro territorio».
Nel pomeriggio, come detto, Abu Mazen viene ricevuto dalla premier italiana. Meloni ribadisce l’impegno a mettere a disposizione i carabinieri per addestrare la polizia palestinese. E, in prospettiva, anche a valutare la partecipazione a una forza di stabilizzazione (ma bisognerà attendere una risoluzione Onu). Roma contribuirà nell’immediato attraverso «un pacchetto di aiuti umanitari e per la ricostruzione» da presentare alla conferenza in Egitto di novembre. Si ragiona anche del board di gestione di Gaza, in cui l’Italia vorrebbe avere un ruolo. Abu Mazen, riferiscono fonti di governo, avrebbe aperto a questa opzione, anche alla luce della tradizionale capacità dell’Italia di relazionarsi con tutti gli attori dello scacchiere mediorientale. Poi toccherà ai palestinesi prendere in mano il proprio destino con «elezioni entro un anno dalla fine della guerra» e il varo di una costituzione provvisoria».
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