È la festa di una coppia di grandi campioni

Ho l’età per ricordarmi di quando Tino Carraro e Gianrico Tedeschi entravano in scena al Piccolo Teatro, che allora era solo quello di via Rovello, per l’“Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht: i comprimari scomparivano, schiacciati dalle personalità dei due interpreti preferiti da Giorgio Strehler. È lo stesso effetto che Jannik Sinner e Carlos Alcaraz hanno sul pubblico dell’Inalpi Arena. Le loro battute sono i diritti e i rovesci, i cambiamenti di tono le palle corte, le improvvisazioni i cross: sono mattatori, incantatori, prestidigitatori della racchetta grazie ai quali l’ultima partita ATP dell’anno diventa una delle più appassionanti e belle di sempre alle Finals. Non ve la racconterò, ché di sicuro l’avete vista. Dico solo che l’epilogo del torneo è così equilibrato (7-6 7-5 per Sinner) da essere deciso da pochi episodi, sia nel tie break del primo set, sia con il break ottenuto nel dodicesimo game del secondo parziale dal numero 2 al mondo, bravo a trasformare il primo championship point a sua disposizione. “Il momento chiave – spiegherà poi in conferenza stampa – è stato forse all’inizio del secondo set, quando Carlos avrebbe potuto prendere un vantaggio irrecuperabile dopo aver ottenuto il break poco prima”.

Dopo il 15 del trionfo la festa è grande nell’angolo di Vagnozzi e Cahill, c’è persino chi piange, come Umberto Ferrara. Concludere così, nonostante le situazioni spesso difficili, la stagione che ha visto i trionfi di Melbourne, Londra e Torino è straordinario viatico per il 2026. Jannik, che era il campione uscente delle Finals, e Carlos si sono di recente scambiati il ruolo di leader della classifica mondiale. Stabili teste di serie 1 e 2 di ogni torneo, s’affrontano solo nelle finali: come capita, di fatto, ogni volta o quasi. Al sesto testa-a-testa in sei mesi, escludendo l’esibizione di Riyad, Jannik prevale per la seconda volta. Ma le sue vittorie, a Wimbledon e oggi a Torino, combinate valgono quanto le quattro dell’allievo di Juan Carlos Ferrero. In maggio a Roma il ragazzo rosso era a corto di ritmo e fiato dopo il lungo stop forzato. In giugno a Parigi il confronto s’era rocambolescamente concluso a favore di Alcaraz al quinto set. In agosto a Cincinnati Jannik era in condizioni di salute precarie e s’era ritirato nel primo set. Dalla sequenza di questi risultati emerge come determinante il fattore ambientale: l’italiano ha più carte da giocare sull’erba e sul veloce indoor, lo spagnolo sulla terra rossa (Internazionali e Roland Garros) e sul sintetico all’aperto (Cincinnati e US Open). Ma i dati a disposizione non sono sufficienti a definire un trend che resterà invariato. Per la massima gioia dei cronisti e dei tifosi.

La rivalità tra il sudtirolese e il murciano è la più significativa, in questo momento, dello sport mondiale. Nell’immaginario sportivo collettivo nazionale non c’è Coppi senza Bartali, né Agostini senza Pasolini oppure Rivera senza Mazzola. In quello tennistico globale ci sono connubi indissolubili di avversari come Borg vs. McEnroe, Sampras vs. Agassi, Federer vs. Nadal. In futuro si citeranno i tanti “Sinner vs. Alcaraz” già giocati e quelli futuri come esempi da mostrare alle nuove generazioni.

Per il 2026 l’appuntamento con le ATP Finals è confermato qui a Torino, e sarà il sesto consecutivo organizzato nell’impianto progettato da Arata Isozaki per le Olimpiadi del 2006. Solo New York (13 edizioni), Londra (12) e Francoforte (6) hanno ospitato più volte il torneo dei Grandi Maestri. Chi, come me, ha seguito la formidabile crescita logistica, sportiva e popolare dell’evento torinese (“…il pubblico qui è una carta in più per me”, sostiene Sinner) non ritiene sensato traslocarlo a Milano a partire dal 2027, come si era ipotizzato, utilizzando la struttura in costruzione nel quartiere di Rogoredo-Santa Giulia, periferia sud-est.

I numeri che giustificano la richiesta di Regione e Comune di mantenere nel capoluogo piemontese le Finals li fornisce il presidente della FITP, Angelo Binaghi: 230 mila spettatori quest’anno, il doppio rispetto al 2021; 600 milioni di euro di impatto economico e 386 di impatto sociale sul territorio; un extragettito fiscale di oltre 100 milioni di euro contro i 13 milioni garantiti dai finanziamenti statali; la prima certificazione ISO per impatto ambientale, tendente a zero. Poi c’è da considerare l’apporto della manifestazione al boom del tennis italiano, che nel frattempo si è consolidato come secondo sport nazionale sia in termini di spettatori sia di praticanti: il calcio è ormai a un’incollatura, questi ritmi il sorpasso potrebbe arrivare entro il 2030, in teoria l’ultimo anno delle Finals in Italia. Siamo impazienti di vedere come finirà anche questo testa-a-testa sull’asse Mi-To.

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