Roia sul consenso libero: “In ogni momento si può dire no, sarà più facile essere credute”

E adesso, presidente Roia, cambierà veramente qualcosa nelle aule di giustizia quando ci si troverà di fronte a reati di violenza di genere?

«Assolutamente sì, la legge approvata ieri alla Camera non è solo un’operazione simbolica o di traino culturale comunque importantissimo, ma sarà uno strumento estremamente utile nell’operatività dei processi».

Stupri, “senza consenso è violenza sessuale”. Sì unanime della Camera

Per Fabio Roia, oggi presidente del tribunale di Milano dopo una vita ad occuparsi di reati di violenza di genere prima come pm e poi come giudice, la nuova legge che modifica il reato di stupro è una conquista storica.

Presidente, da magistrato ci spieghi perché.

«Fino ad ora, nei processi per stupro per provare la violenza occorreva dimostrare l’elemento della minaccia e della costrizione. I dibattimenti più lunghi, e anche più insidiosi e dolorosi per le vittime, erano quelli dove, ad esempio, la donna aveva assunto alcol o droghe, circostanza che spesso portava anche alla cosiddetta vittimizzazione secondaria».

Adesso invece?

«Ora questa legge spazza via questo tipo di argomentazioni affermando senza giri di parole che siamo davanti ad uno stupro ogni qualvolta non ci sia un consenso pieno, consapevole e attuale. Sia prima che durante il rapporto sessuale. È un principio di grande civiltà che finalmente vede l’Italia allineata con le legislazioni degli altri Paesi europei e con le direttive sovranazionali».

E questo che tipo di influenza avrà concretamente nell’iter processuale?

«Intanto risparmierà alle donne vittime di violenza l’enorme sacrificio di dover rispondere a domande, diciamo così, malposte, troncando ogni tentazione di vittimizzazione secondaria e renderà assai più celeri i processi».

Ma ci si chiede: sarà poi concretamente applicabile? Insomma, come si farà a valutare se un consenso è veramente pieno, consapevole e attuale?

«Intanto la persona offesa si assume la responsabilità di quello che afferma. Dunque, io pubblico ministero davanti ad una donna che si presenta a denunciare o che testimonia di avere subìto un atto sessuale senza il suo consenso mi trovo davanti ad una notizia di reato e devo crederle. E questo è un primo fondamentale passo rispetto a tante situazioni in cui le donne raccontano la fatica di essere credute».

Ma poi come si fa a verificare se questo consenso è stato espresso o no?

«Naturalmente sarà necessario verificare le condizioni in cui si è consumato l’atto sessuale . Ovviamente non è che si arriva al punto di chiedere un consenso scritto, ma diciamo che d’ora in poi questo è un problema che riguarda gli uomini».

Insomma, è una sorta di inversione della prova. Adesso dovrà essere l’uomo a dimostrare che la donna era consenziente?

«Se io fossi un pm, davanti ad una donna che mi dice di aver subìto violenza, la prova c’è già. Poi naturalmente andrà valutata nel dibattimento. Diciamo che se l’uomo non è sicuro del consenso della donna, farà meglio ad astenersi. È un principio di enorme civiltà. Pensiamo solo alle donne in condizioni di evidente fragilità o di inferiorità psichica. Cosa vogliamo che prevalga, il testosterone o il rispetto?».

Lei ha sempre detto che l’Italia è uno dei Paesi con la legislazione più avanzata in tema di violenza di genere. Dal punto di vista politico, questa legge che valore ha?

«È un bellissimo segnale, una legge firmata da maggioranza e opposizione è l’affermazione che si tratta di un tema di civiltà patrimonio dell’umanità e non della destra o della sinistra. Mi sembra di respirare il clima del 1996 quando tutte le donne parlamentari insieme spinsero per l’approvazione della legge sulla violenza sessuale. È un bel momento della politica».

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