La rivoluzione di Gravina su promozioni e retrocessioni fra speranze e timori
La proposta di Gabriele Gravina: in serie A due retrocessioni ogni anno (adesso sono tre); in serie B due promozioni in A (rispetto alle tre attuali) e due retrocessioni C (ora sono quattro); in serie C invece ci sarebbero solo due promozioni in B (adesso sono quattro) e dieci retrocessioni in D (ora sono nove). Una autentica rivoluzione per evitare, ha spiegato il n.1 della Figc, un “turnover eccessivo e dannoso”. Chiaro da tempo che 100 club professionistici sono troppi, anomalia tipicamente italiana. Meno chiaro come trovare una soluzione: se ne parla da anni, ma troppi veti e troppi interessi di parte hanno sempre bloccato qualsiasi tentativo di riforma. La proposta di Gravina ha suscitato interesse e anche qualche preoccupazione nel mondo del calcio. Soprattutto in chi investe.
In B un club ha speso 40 milioni di stipendi per tentare di andare in A e non c’è nemmeno riuscito: ci riproverà. Che succederebbe se le promozioni fossero di meno? Basta pensare alla C: da quattro a due, il 3 per cento dei sessanta club attuali avrebbe possibilità di approdare nel torneo cadetti. Il timore che qualche imprenditore faccia un passo indietro (nel girone C tre club spendono 10 milioni all’anno) e che il campionato perda di interesse già a dicembre. E poi come fare con due sole promozioni? Playoff? Complicato, tutto da discutere.
Ma non se ne parlerà lunedì prossimo in consiglio federale, tutto ”congelato” sino a marzo, sino ai play-off mondiali. Ma resta il nodo dell’Aia, problema davvero serio, e va nominato un nuovo presidente del settore tecnico, posto da troppo tempo vacante dopo le dimissioni di Demetrio Albertini. Poi, se andremo davvero ai Mondiali, verrà il tempo delle riforme. Riforme attese da troppi anni ormai.

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