Guerra: “Versace sarà il terzo motore di Prada. Vogliamo sperimentare”
A ndrea Guerra, ad di Prada, dal prossimo 2 dicembre Versace entrerà nel gruppo di cui lei è alla guida da quasi tre anni. Perché avete fatto questa acquisizione?
“Versace è un marchio unico, straordinario ma anche complementare, dal punto di vista estetico e del sentimento dei consumatori, a Prada e Miu Miu. Allo stesso tempo Versace ha delle similitudini importanti con i nostri marchi, nasce nel mondo della cultura, con un pensiero profondo, nella storia classica del Mediterraneo, con un’idea”.
È l’inizio di un percorso di crescita per linee esterne del gruppo Prada?
“No, è stata un’opportunità. Chi lo possedeva ha sentito la necessità di dover vendere, in un momento in cui tanti concorrenti stavano ragionando su loro stessi più che sul fare espansioni. Noi ci sentivamo pronti e abbiamo colto questa opportunità, anche in termini di prezzo”.
L’acquisizione di Versace è costata 1,25 miliardi, dove pensate di arrivare con i ricavi del gruppo?
“Ben consapevoli che è un impegno forte, non pensiamo di portare a casa risultati tangibili nel breve periodo, ma nel lungo periodo. Se continueremo a crescere, in futuro possiamo traguardare i 7 miliardi di ricavi. Ma occorre fare un lavoro profondo, sul marchio, sulla creatività, sul posizionamento, sull’identità, sulla desiderabilità del prodotto”.
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Volete riportare Versace ai fasti dei tempi di Gianni, che tra l’altro era nato il 2 dicembre?
“Non credo vi sia la necessità di portare qualcosa dove è già stato, ma l’importante è non tradire la storia. Nella moda che vediamo oggi c’è molto di Versace: lui aveva inventato per primo le supermodelle, il glamour, e avvicinato la moda alla cultura popolare, alla musica. Il Dna del marchio è molto forte e sta a noi capire come deve vivere nel 2027, nel 2030, nel 2040. Ci deve essere una tensione positiva tra la creatività del marchio e la sua storia”.
Lorenzo Bertelli diventerà anche presidente esecutivo di Versace. La signora Miuccia Prada si occuperà della parte stilistica?
“No, la signora Miuccia è un grande azionista del gruppo Prada ma non si occuperà della parte stilistica di Versace. Ci saranno delle persone, a partire da Lorenzo, che si imbarcheranno in questo viaggio. Dobbiamo ancora entrare nell’azienda e dialogare con tutti, conoscerci mantenendo gli equilibri. E poi andremo nella nostra direzione. Sarà comunque un momento di discontinuità, potremo applicare qualche canone diverso, e anche sperimentare, possiamo misurarci in Versace come in un laboratorio. E questo sarà interessante anche per Lorenzo”.
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E cosa cambierà per il gruppo Prada nel suo complesso?
“Nel gruppo abbiamo due motori importanti, Prada e Miu Miu, che ci hanno prodotto 20 trimestri consecutivi in continua crescita. Adesso aggiungiamo un altro motore, Versace, che darà i suoi frutti nel lungo periodo. Siamo in un percorso di evoluzione; questa azienda è arrivata fin qui in una sola generazione grazie a una fortissima impronta dei suoi fondatori, che gestiscono ancora l’azienda insieme a noi. C’è una storia forte da rispettare e una successione già delineata e chiara a tutti”.
Con tre motori realizzerete delle economie di scala?
“È chiaro che la scala è importante ma deve essere una scala sostenibile. A parità di negozi dobbiamo fare in modo che i nostri prodotti siano i più desiderabili, che le nostre persone siano più brave a servire e a dare più ospitalità ai nostri clienti, con le migliori soluzioni informatiche e digitali. Solo così si può crescere a doppia cifra quando il mercato scende”.
Miu Miu è il caso di successo negli ultimi due anni, ha superato il miliardo di fatturato. Qual è il suo segreto?
“Miu Miu è un marchio che ha compiuto 30 anni ed è sempre cresciuto, a parte una piccola crisi adolescenziale. Al nostro interno si è molto dibattuto su cosa doveva essere Miu Miu: un marchio vero, spontaneo, inclusivo, senza distanza tra prodotto e consumatore, che crea una comunità. Lo dimostra il primo piano del negozio riaperto a Bond street a Londra, che è un enorme salotto, un ambiente di casa, caldo. E se ragioni così, poi puoi avere un successo travolgente, che stiamo gestendo, seppur andando verso una normalizzazione”.
A livello industriale proseguite nelle acquisizioni di piccole realtà lungo la filiera del lusso?
“Prada nasce come marchio poliedrico, da un lato è creatività, innovazione, curiosità, ma dal giorno in cui è nata ha piantato dei solidi pilastri nel mondo industriale. Oggi il gruppo ha più di 3000 operai in Italia, e una forza lavoro che ci permette di avere flessibilità e di alimentare quell’artigianalità che è fondamentale per il nostro lavoro. Vogliamo mantenere questa capacità anche in futuro, grazie alla Prada Group Academy, la nostra scuola di mestiere, in modo da poter dire di aver garantito il trasferimento del sapere artigianale”.
L’arrivo dell’Intelligenza artificiale vi permetterà di risparmiare sul personale?
«Assolutamente no, il nostro lavoro è fatto di mani, cuore, cervello, cultura, l’IA ci consentirà di fare il nostro lavoro meglio. Si risparmierà tempo, si avrà la capacità di andare attraverso milioni di dati con capacità generativa che non ha paragoni con il passato. E poi si svilupperà una nuova modalità per il consumatore nella ricerca del marchio e del prodotto attraverso piattaforme non più passive».
Dove sta investendo il gruppo Prada in questo momento?
“Nei nostri negozi per incrementare il livello di privacy e ospitalità. Poi in tecnologia per dotare il gruppo delle migliori e più aperte piattaforme digitali. L’azienda deve avere motori capaci di scovare i consumatori più vogliosi e più sognatori. Stiamo inoltre investendo per ridurre di una o due settimane il delivery dei prodotti nei negozi. Sarebbe un vantaggio competitivo forte, più di una riduzione dei prezzi”.
Il made in Italy è in crisi?
Il made in Italy ha lo stesso problema da anni, produce l’80% del mercato del lusso mondiale ma ne vende soltanto il 20%. La nostra generazione ha creato miracoli produttivi e artigianali, ma quando si è trattato di creare marchi, gestire negozi, raccontare sogni ai consumatori non siamo stati i più bravi. Il retail in Italia non è considerato di serie A, mentre in Francia e in Svizzera ci sono università che preparano un giovane a dialogare con un consumatore. In Italia si è tramandato tutto in famiglia, alberghi, negozi, ristoranti, ma oggi occorre un salto di qualità”.
Se Armani venisse venduto a un gruppo francese sarebbe un problema per Prada?
“Per il gruppo Armani oggi c’è un testamento e una famiglia presente che deve uscire da un momento di grande sofferenza e capire quale sarà il percorso, i tempi. Dal nostro punto di vista c’è grande rispetto e non temiamo niente, siamo molto attivi”.
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