Salis scrive a Mattarella: “Mia figlia in carcere e il suo amico è libero”

BUDAPEST – Ci sono due cittadini italiani accusati dello stesso reato, commesso negli stessi giorni, negli stessi luoghi, ai danni delle stesse persone: uno è libero, in Italia, perché i nostri giudici hanno ritenuto non rispettosa del diritto e dei diritti un’estradizione in Ungheria. L’altra, invece, è in carcere da 13 mesi proprio a Budapest, in quelle carceri che i nostri tribunali considerano “inumane”. E dovrà restarci ancora molto a lungo. «La nostra Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge» dice Roberto Salis. «Ma nel caso di mia figlia, Ilaria, e di Gabriele Marchesi, ci troviamo di fronte a due cittadini italiani che stanno avendo due trattamenti diversi. Per questo ho chiesto aiuto e un intervento, con una Pec, al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il solo che ha dimostrato di avere un senso di urgenza rispetto alle problematiche dei cittadini italiani.Soltanto lui può smuovere il governo».

Budapest, marzo 2024. Davanti al tribunale dove giovedì Ilaria Salis è stata umiliata (per le catene ai polsi e alle caviglie, per il guinzaglio a cui era stata legata, per la velocità con la quale il suo caso è stato trattato) sventola la bandiera dell’Europa, accanto a quella dell’Ungheria. Ed è proprio in quelle bandiere che è racchiusa la contraddizione di una storia che ogni giorno si fa più atroce e grottesca perché pone domande alle quali non è possibile offrire risposte accettabili: com’è possibile che un Paese europeo, come l’Ungheria, calpesti così deliberatamente le leggi europee che vietano mezzi di costrizione di quel tipo ai detenuti? E com’è possibile che l’Italia da un lato, con i giudici milanesi, consideri l’Ungheria e le sue carceri un Paese non sicuro tanto non solo da non estradare Marchesi ma anche da cancellare il mandato d’arresto europeo. E dall’altro, con il governo, tratti quello stesso Paese come un interlocutore privilegiato, scaricando il peso della mancata scarcerazione sulle opposizioni, e in parte sulla famiglia Salis, per aver “politicizzato” il caso?

«I fatti parlano chiaro: la linea che c’era stata consigliata dal governo, con la richiesta dei domiciliari in Ungheria, si è rivelata un buco nell’acqua» dice oggi Roberto Salis. «Tutti gli scenari che mi erano stati prospettati non si sono realizzati». Ilaria resterà in carcere: tra due settimane si esprimeranno anche i giudici di appello «ma non siamo per niente ottimisti» spiega il suo avvocato, Eugenio Losco. «Mi aspettavo che dopo quello che è successo ieri, con Ilaria di nuovo in catene e con i domiciliari negati, il nostro governo alzasse la voce. E invece niente. Non mi ha chiamato nessun ministro. Quando qualcuno che ricopre cariche importanti ti dice “fai A, B e C in questo modo” e poi tutto questo si rivela un buco nell’acqua, una telefonata per mostrare vicinanza mi sarebbe sembrato il minimo» dice ancora, riferendosi evidentemente al ministro della Giustizia Carlo Nordio.

La lettera politica di Ilaria Salis dal carcere: “Sono caduta in un pozzo profondissimo, mi chiedo se ci sia uscita. Ma non ho dubbi su quale sia la parte giusta della storia”

Da qui la scelta di scrivere a Mattarella. Puntando su una circostanza che, a detta anche degli stessi tecnici italiani, pone un problema serio. La decisione su Marchesi da un lato apre un tema con l’Ungheria: ieri i giornali ungheresi, silenti sulla vicenda Salis, hanno dato non a caso ampio spazio alla decisione del tribunale di Milano, segnalando come si sia trattato di un atto ostile nei confronti di Budapest. Dall’altro, però, mette in difficoltà il governo che, fino a questo momento, non ha mai posto politicamente il tema, rifiutando di depositare al tribunale una nota (chiesta dalla famiglia e ritenuta corretta dagli uffici tecnici del ministero della Giustizia) con la quale si chiedevano i domiciliari in Italia per la Salis. Che resta invece in un carcere ungherese dove, secondo i giudici italiani, non dovrebbe e potrebbe essere.

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